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di Monica Valendino

Qualcuno, più che il vaccino o la cura per il Covid-19, sarebbe bene che ne studiasse a fondo gli effetti collaterali. Succede infatti che mentre la Lega del patron Matteo Salvini si mostra in nuova veste (occhiali d’ordinanza e camicia), nei centri periferici dove governa fa emergere il suo vero abito. Che fa il monaco.

A Udine intervento a favore dei ricchi da parte di Carlo Pavan, consigliere comunale del Carroccio, partito che esprime anche il sindaco: “Qua si parla sempre e solo dei poveri – ha affermato – Ma i ricchi che pagano l’Imu? O i ricchi che pagano le tasse e nessuno dice niente? Ci sono anche i ricchi a Udine, non ci sono solo i poveri. È chiaro che sono classi da tutelare di più, quelle povere, però la disparità di trattamento i democratici non la citano”.

Ovviamente nessuno della sua maggioranza ha voluto esprimere un qualsivoglia sconcerto dinanzi a tale affermazione. Rimanendo in Friuli, ma andando più in alto, il governatore Massimiliano Fedriga (quello che a inizio marzo decideva di regalare skipass per agevolare il turismo regionale) ora annuncia pomposo su Facebook che “riaprono i centri estivi, anche per i più piccoli da 0 a 3 anni. Una scelta all’avanguardia per un aiuto concreto ai genitori, e per i bambini che recuperano spazi di socialità indispensabili, senza arretrare sulle misure di #sicurezza e #buonsenso”.

Peccato solo che tale progetto rimarrà solo un bello slogan, perché a sentire gli operatori del settore le linee guida regionali, almeno per l’estate, sono insostenibili economicamente e non bastano le promesse di fondi che (forse) verrebbero elargiti il prossimo anno, per rassicurare chi non sa se potrà aprire nemmeno a settembre.

Ma tutta l’Italia (leghista) è paese. Così si scopre che a L’Aquila per evitare la movida e quindi assembramenti pericolosi, la Lega si schiera contro l’ordinanza del sindaco Pierluigi Biondi che vieta il consumo di alcolici fuori dai locali. “Invitiamo il sindaco ad approfondire ulteriormente la riflessione per evitare che i locali cittadini, in particolare quelli del centro storico che già hanno avuto danni economici e disagi dal sisma e dall’epidemia di coronavirus, possano subire un colpo mortale“. Meglio un colpo di virus in effetti.

Il tutto mentre il capo politico, alla faccia della sicurezza, sfilava nelle strade romane per i soliti scatti ricordo con la calca di persone. Almeno su questo qualcuno nella Lega ha avuto un po’ più di furbizia. Luca Zaia ha evitato di scendere in piazza il 2 giugno: “Non volevo che si strumentalizzasse la mia presenza e poi sono uno che le ordinanze anti-Covid le ha firmate in tutti questi mesi. Faccio parte di quei governatori che hanno lottato per evitare gli assembramenti e vado a correre questo rischio in piazza?”.

Intanto però aggiungeva che “il virus perde forza quindi è artificiale” e annunciava che la app Immuni è un’avventura senza valore, molto meglio la bio-sorveglianza fatta in casa. “Ce l’abbiamo pronta, ma non vogliamo sovrapposizioni”. Il tutto non prima di aver minacciato di spezzare le reni ai greci: “Non vedrete mai più i veneti da voi”, la minaccia dopo che il premier Mītsotakīs ha fatto quello che sembra logico, proteggere i suoi connazionali da rischi di virus importato.

Che dire? Se il governo Conte non sarà di certo il migliore possibile e su certi temi la critica è comprensibile (vedi scuola, ritardi nei pagamenti e bonus fin troppo facili), almeno la coerenza non è mancata. Almeno finché i luogotenenti “salviniani” a livello locale non hanno iniziato la loro battaglia per creare caos. Con i ricchi (mal tutelati secondo qualcuno) di Confindustria, Confartigianato e Confcommercio a dettare le vere linee guida da tenere.

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