In caso di una seconda ondata di contagi, il pil italiano crollerebbe del 14%. Ma anche se l’epidemia restasse sotto controllo, la contrazione sarebbe comunque più accentuata delle previsioni ‘interne’, attestandosi all’11,3 per cento nel 2020 con un rimbalzo deciso (7,7) il prossimo anno. L’Ocse stima dati peggiori per l’economia italiana di quanto previsto dall’Istat, ma ipotizza anche una ripresa più rapida e tratteggia anche le direttrici che aiuterebbero l’Italia a superare la crisi innescata da 3 mesi di lockdown per contenere la pandemia di coronavirus: razionalizzare e migliorare misure come il reddito di cittadinanza, accelerare i processi di digitalizzazione, raddoppiare gli sforzi per le riforme strutturali.
“Oggi ci troviamo in piena crisi mondiale, una crisi sanitaria, economica e sociale. È la crisi più grave che nessuno di noi abbia mai conosciuto”, ha detto il segretario generale Miguel Angel Gurria, presentando il rapporto sulle Prospettive economiche a Parigi. Prospettive economiche quasi drammatiche se è vero, come stima l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che si parla della riduzione del 6 per cento di riduzione del pil mondiale per il 2021 che, sottolinea Gurria, “supera ampiamente tutte le riduzioni verificatesi negli ultimi 60 anni dalla creazione dell’Ocse”. Per Gurria, dunque, non ci può essere “ripresa economica solida” se la pandemia non viene messa “sotto controllo”.
Concetto che vale due volte tanto per l’Italia che, in caso di una seconda ondata di contagi e eventuali chiusure forzate, avrebbe a che fare con un rischio altissimo per l’economia. Il pil italiano potrebbe crollare del 14% nel 2020 prima di risalire del 5,3% nel 2021. Se si riuscirà invece a scongiurare il ritorno del nemico invisibile, il pil dovrebbe calare dell’11,3% nel 2020 e risalire del 7,7% nel 2021. Gli effetti si vedrebbero ovviamente anche sul debito pubblico: in caso di seconda ondata passerebbe dal 134,8 per cento del Pil del 2019, al 169,9 del 2020, per poi calare al 165,5% nel 2021. Se invece la seconda ondata fosse scongiurata, il debito pubblico passerà al 158,2 per cento del 2020, per poi riscendere al 152,2 del 2021.
Per quanto riguarda il rapporto deficit/pil dell’Italia dovrebbe schizzare dall’1,6% del 2019 al 12,8% del 2020, per poi riscendere al 9,7% nel 2021 nel caso di una seconda ondata di virus entro la fine dell’anno. Secondo l’Economic Outlook dell’Ocse nel caso in cui la ripresa non verrà interrotta da nuovi focolai estesi, il rapporto dovrebbe aumentare fino all’11,2% del 2020, per poi tornare al 6,8% nel 2021.
Secondo l’Ocse – che lancia un’allerta sul settore del turismo considerato il più “vulnerabile” – per contenere gli effetti della pandemia sarà necessario “accelerare l’adozione delle tecnologie digitali, come dimostrato dal rapido passaggio durante la crisi allo smart working e ai servizi on-line” perché “migliorerebbe la competitività”. L’organismo internazionale invita inoltre il governo a proseguire gli sforzi verso “un programma pluriannuale di riduzione della complessità amministrativa, migliorare l’efficacia del sistema giuridico e ridurre i costi di investimento e lavoro”. Altrettanti miglioramenti che gioverebbero alle “nuove imprese, alla produttività e all’occupazione”. Un invito viene inoltre rivolto a “sostenere il rinnovamento delle infrastrutture vetuste e la transizione verso attività a bassa intensità di carbonio”. Per l’Ocse, questo “sosterrebbe la ripresa e migliorerebbe il benessere”.
Sarebbe costruttiva, ad avviso dell’organizzazione internazionale, anche la “razionalizzazione e il miglioramento dell’accesso ai programmi di sostegno al reddito, come il reddito di cittadinanza” perché “impedirebbe un forte aumento della povertà” e “sosterrebbe la domanda durante la ripresa”. La crisi legata al coronavirus ha rappresentato inoltre “un passo indietro degli sforzi per giungere ad una crescita più forte ed inclusiva”. Per questo, sono “giustificate” le “misure d’urgenza per far fronte alle ricadute economiche” e si dovrebbero “completare e raddoppiare gli sforzi per proseguire un ambizioso programma di riforme strutturali”. Per l’organismo internazionale con sede a Parigi, inoltre, “continuare ad estendere il sostegno nei settori in cui la domanda potrebbe tornare rapidamente può evitare la disoccupazione e accelerare la ripresa”.
Analizzando le risposte comunitarie, la proposta di recovery fund per garantire il rilancio dell’Unione europea dopo il coronavirus è considerata “una delle migliori iniziative scaturite da questa crisi”, ha detto la capoeconomista dell’Ocse, Laurence Boone, salutando i “grandi passi in avanti” realizzati in questo senso dai Paesi dell’Ue. “È un’espressione molto forte del modo in cui la solidarietà europea permette di rispondere alla crisi e di dotare i governi degli strumenti per reagire”.