Sembrerebbe essersi conclusa con l’ennesimo, sbalorditivo, nulla di fatto, l’intensa due giorni di riunioni tra esponenti M5s e Campo progressista, la piattaforma che riunisce il centrosinistra ligure. Obiettivo dell’incontro di ieri sera a Roma, con i vertici nazionali dei partiti che sostengono l’alleanza giallorossa, non era solamente quello di blindare l’alleanza, già ampiamente consolidata, in vista delle Regionali di settembre in Liguria, ma soprattutto stimolare il parto, frutto di una gestazione infinita, del candidato chiamato a contendere al centrodestra di Giovanni Toti il governo della Regione.
Se al termine dell’incontro di ieri sera sembrava definitiva la scelta di puntare sulla figura indipendente del giornalista de il Fatto Quotidiano Ferruccio Sansa, il passaggio odierno con la segreteria regionale del Pd, che agli occhi di tutti sembrava rappresentare un atto formale, è riuscito a stupire con un esito inatteso: lo stop alla candidatura di Sansa. “Vorremmo cercare”, è il ragionamento emerso alla fine del vertice, “un nome nuovo rispetto a quelli circolati in questi mesi”. Ma, “se la nuova figura non dovesse andare a genio a tutti convergiamo su Sansa”. Ovvero l’ennesimo rinvio per vedere le reazioni degli alleati. Sulla strategia però rimangono molti dubbi, visto che al momento un “nome nuovo” da proporre non c’è e le estenuanti trattative delle ultime settimane hanno già messo a dura prova la pazienza delle altre forze in causa.
Allo stato attuale, tutti si sono detti d’accordo nel volersi presentare insieme alla sfida elettorale, e sarebbe pronto anche il programma, faticosamente stilato da una delegazione delle variegate realtà del centrosinistra e del M5s. Fino a ieri sera inoltre, sembrava ormai fatta la convergenza su Sansa, ritenuta la figura maggiormente competitiva nella sfida contro Toti, anche a seguito del risultato di un sondaggio commissionato dallo stesso governatore nei giorni scorsi. Da dove derivano allora le resistenze su Sansa? Secondo quanto riferito da fonti presenti al tavolo a ilfattoquotidiano.it, il problema non nasce da divergenze programmatiche, ma dalle scarse garanzie che può offrire la sua figura “al rispetto degli equilibri da manuale Cencelli” che tradizionalmente determinano la spartizione delle poltrone dei partiti.
In attesa quindi di capire quando e “se” le diverse anime della coalizione saranno in grado di esprimere un candidato in tempi brevi, trapelano i primi punti programmatici. Lavoro e contrasto alle disuguaglianze, ambiente e mobilità, istruzione e cultura, ma soprattutto un rilancio della sanità, punto critico per ogni amministrazione regionale, che in particolare in Liguria potrebbe rappresentare il tallone d’Achille della corazzata di Giovanni Toti. Ma ogni giorno perso sul fronte della campagna elettorale in cerca di un candidato, è la consapevolezza della coalizione, è un giorno guadagnato dalla collaudata macchina del consenso di Toti.
Intanto, diverse personalità dell’associazionismo, riunite nel comitato “Per Ferruccio Sansa Presidente”, continuano a raccogliere firme (arrivate a quota 1.600), per spingere sulla candidatura del giornalista del Fatto Quotidiano, mentre anche i partiti e le liste a sinistra del Pd hanno esplicitato il loro sostegno, diramando un comunicato nel quale spiegano le ragioni della loro preferenza: “La nostra scelta è prima di tutto in positivo, non contro altri candidati. Riteniamo che per la sua storia professionale, per le battaglie sostenute per la tutela dell’ambiente e della legalità, per la nettezza del suo percorso personale, Sansa rappresenti la candidatura più autorevole che si possa proporre”. E, conclude l’appello, “la sua figura rappresenta la sintesi originale dell’inedita alleanza tra Campo Progressista e Movimento 5 Stelle”.
Il centrosinistra lavora con lo spettro del 2015, quando la divisione sulla candidatura dell’attuale referente regionale di Italia Viva Raffaella Paita finì per tirare la volata alle destre. Proprio per scongiurare uno scenario analogo, la scelta del centrosinistra è stata quella di presentarsi al tavolo delle trattative sulla stesura del programma con il M5s con la sigla unitaria di Campo Progressista, che oltre ai delegati del Pd presenta le diverse anime dell’area ovvero Articolo 1 e Sinistra Italiana, Verdi / Verdi Europei, Italia in Comune, Possibile, Partito socialista italiano e le realtà regionali Linea Condivisa e È Viva. Al Campo Progressista sembra intenzionata a garantire il suo appoggio anche Demos – Democrazia solidale, la ‘creatura politica’ nata dalla comunità di Sant’Egidio, che per la prima volta prenderebbe attivamente parte alla campagna elettorale contro le politiche del centrodestra di Toti e della Lega, con una lista del presidente (nel caso quest’ultimo fosse una figura indiscutibilmente civica come Sansa) o addirittura con una propria lista.
Chi può dirsi soddisfatto dello stallo è Italia Viva, che fin dall’inizio ha deciso di remare contro l’alleanza giallorossa a livello regionale, sperando nel naufragio della coalizione per poter tornare con un ruolo più incisivo nell’alleanza con il Campo progressista, dalla quale ora preferiscono restare esterni. Se nella giornata di ieri alcuni esponenti di Italia Viva hanno palesato insoddisfazione per non essere stati invitati a un tavolo, quello giallorosso, al quale non hanno mai esplicitato di voler partecipare, nella realtà dei fatti temporeggiano a loro volta per non precludersi alcuna possibilità, compresa quella di lanciarsi in una corsa solitaria, sulla falsa riga di quanto già fatto dall’ex-capogruppo del M5s Alice Salvatore, o addirittura, forte di visioni politiche spesso sovrapponibili, optare per la giravolta politica e cercare un accordo con Forza Italia, magari (come vociferato in queste ore) a sostegno di una figura come Elisa Serafini, ex pupilla di Toti e Bucci poi pentita e transfuga prima tra le fila di +Europa e ora approdata in Italia Viva.