Un flashmob online con l’hashtag #StopArmiEgitto per chiedere al governo italiano di frenare la vendita di armamenti al regime di Abdel Fattah al-Sisi e il rispetto della legge 185 del 1990. Norma che vieta il commercio di materiale bellico con Paesi in conflitto armato o “responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani” e impone ai governi, salvo particolari obblighi internazionali con i Paesi in questione, di chiedere il “parere delle Camere” prima di autorizzare la consegna. L’ultimo esempio è la decisione presa dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che dopo una telefonata con il presidente egiziano ha dato il via libera alla consegna di due fregate Fremm per il valore di 1,2 miliardi di euro. Vendita che è parte della maxi-commessa da 9-11 miliardi ribattezzata ‘L’affare del secolo’, di cui ha dato notizia Il Fatto Quotidiano, che prevede anche la fornitura di altre quattro fregate, 20 pattugliatori, 24 caccia multiruolo Eurofighter e altrettanti aerei addestratori M346.
L’iniziativa, promossa da Rete Disarmo, Amnesty Italia e Rete della Pace, invita tutti i rappresentanti della politica, della cultura, dello sport, dello spettacolo e comuni cittadini, a registrare un video o scattarsi una foto e spiegare i motivi per cui sono contrari alla vendita di armi a Paesi come l’Egitto, usando l’hashtag e taggando i profili social delle tre organizzazioni. “L’obiettivo, oltre a quello di continuare a sensibilizzare i cittadini sul tema della vendita di armi ai regimi autoritari – spiega a Ilfattoquotidiano.it Francesco Vignarca di Rete Italiana per il Disarmo – è anche quello di informarli sul perché queste commesse devono essere fermate e sulle conseguenze politiche, economiche e legate ai diritti umani di queste scelte”. E aggiunge: “Come facciamo ogni volta, chiediamo che il governo blocchi anche quest’ultima commessa – continua Vignarca – Ma avanziamo un’altra richiesta, ossia che questo tipo di decisioni debbano ottenere, come previsto dalla legge 185/90 l’approvazione di Camera e Senato”.
A questo proposito, sui siti delle organizzazioni vengono messe a disposizione delle Faq per fornire un’informazione completa sul tema della vendita di armi all’Egitto. Nel testo dell’iniziativa si legge che sono due, secondo i promotori, i motivi per cui si deve pretendere il passaggio parlamentare: “Innanzitutto questa commessa rappresenterebbe il maggiore contratto mai rilasciato dall’Italia dal dopoguerra e farebbe dell’Egitto il principale acquirente di sistemi militari italiani impegnando non solo l’attuale governo ma anche i futuri governi del nostro Paese. Questa è una decisione che influisce direttamente sulla politica estera e di difesa dell’Italia e, proprio per questo, non può essere considerata come ordinaria amministrazione (e quindi di mera competenza dell’Autorità nazionale Uama – Unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento). Pertanto va discussa in tutti i suoi dettagli dal Parlamento”. Punto secondo: “Va inoltre considerato il ruolo che l’Egitto sta esercitando nel conflitto in Libia. L’Egitto è il principale sostenitore del generale Haftar a capo dell’autoproclamato Consiglio nazionale di transizione libico che da anni è in conflitto col governo internazionalmente riconosciuto di Tripoli, che l’Italia sostiene. Esportare armamenti all’Egitto significa, di fatto, fornire sistemi militari a un Paese che non solo non condivide, ma anzi avversa apertamente l’azione dell’Italia e della comunità internazionale per un processo di pacificazione in Libia”.
La campagna ricorda però che l’Italia può ancora bloccare le vendite di questi sistemi militari: “Sebbene l’esportazione delle due fregate Fremm originariamente destinate alla Marina miliare italiana pare sia stata recentemente autorizzata, è invece ancora da definire il più ampio ordinativo che comprenderebbe altre quattro fregate, 20 pattugliatori, 24 caccia multiruolo Eurofighter e altrettanti aerei addestratori M-346. Il Governo, e in particolare il ministero degli Esteri, possono tuttora non concedere l’autorizzazione alla fornitura e all’esportazione di questi sistemi militari all’Egitto anche se sono già state autorizzate e hanno preso avvio le trattative commerciali”.
E se il capo politico del Movimento 5 Stelle, Vito Crimi, in contrasto con alcuni parlamentari della maggioranza, anche pentastellati, ha dichiarato che la vendita di armamenti all’Egitto non è altro che “una manovra di tipo ecomomico”, le organizzazioni sostengono che operazioni come questa siano economicamente poco vantaggiose: “Come proprio l’epidemia da Covid-19 ha evidenziato, il nostro Paese possiede un’industria militare in grado di produrre tutti i sistemi militari per fare la guerra, ma è gravemente insufficiente non solo nella produzione di materiali militari di basso costo (mascherine, camici, kit medici), ma soprattutto di apparecchiature medico-sanitarie – concludono – Anche nel caso delle due Fremm destinate all’Egitto, alla fine una gran parte dei costi graveranno sui contribuenti italiani perché la nostra Marina Militare pretenderà la sostituzione delle due unità navali che le verranno sottratte (a costi probabilmente maggiori, oltre che ovviamente con tempi più lunghi), senza contare l’esposizione finanziaria di istituti di credito italiani coperta con garanzie pubbliche (via Sace). Pensare di continuare in questo modo, incentivando la produzione militare che per due terzi è diretta al di fuori dei Paesi alleati e soprattutto nelle zone di maggior tensione e conflitto nel mondo, significa voler continuare a sostenere un settore che non solo mette a repentaglio la sicurezza e la pace internazionale, ma distoglie risorse e fondi ad ambiti, come quello sanitario, in cui l’Italia è carente e dipendente dall’estero. Inoltre molti studi di natura economica dimostrano come un investimento nel settore militare ha ritorni finanziari e di posti di lavoro molto più bassi di quanto si potrebbe ottenere con investimenti in altri settori produttivi, in particolare le energie rinnovabili, l’istruzione, la salvaguardia dell’ambiente, il welfare”.
Twitter: @GianniRosini
Diritti
“Stop armi all’Egitto”, il flash mob online di Amnesty, Rete Disarmo e Rete della Pace: “Basta vendite a chi viola diritti umani”
L'iniziativa chiede a chiunque sia contrario alla fornitura di mezzi militari a Il Cairo di registrare un video o scattare una foto in cui motiva la sua posizione e diffonderla sui social con l'hashtag indicato. "Non solo questa politica ha un costo in termini di diritti umani - spiegano -, ma è anche poco conveniente dal punto di vista economico. E a pagare saranno i contribuenti italiani"
Un flashmob online con l’hashtag #StopArmiEgitto per chiedere al governo italiano di frenare la vendita di armamenti al regime di Abdel Fattah al-Sisi e il rispetto della legge 185 del 1990. Norma che vieta il commercio di materiale bellico con Paesi in conflitto armato o “responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani” e impone ai governi, salvo particolari obblighi internazionali con i Paesi in questione, di chiedere il “parere delle Camere” prima di autorizzare la consegna. L’ultimo esempio è la decisione presa dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che dopo una telefonata con il presidente egiziano ha dato il via libera alla consegna di due fregate Fremm per il valore di 1,2 miliardi di euro. Vendita che è parte della maxi-commessa da 9-11 miliardi ribattezzata ‘L’affare del secolo’, di cui ha dato notizia Il Fatto Quotidiano, che prevede anche la fornitura di altre quattro fregate, 20 pattugliatori, 24 caccia multiruolo Eurofighter e altrettanti aerei addestratori M346.
L’iniziativa, promossa da Rete Disarmo, Amnesty Italia e Rete della Pace, invita tutti i rappresentanti della politica, della cultura, dello sport, dello spettacolo e comuni cittadini, a registrare un video o scattarsi una foto e spiegare i motivi per cui sono contrari alla vendita di armi a Paesi come l’Egitto, usando l’hashtag e taggando i profili social delle tre organizzazioni. “L’obiettivo, oltre a quello di continuare a sensibilizzare i cittadini sul tema della vendita di armi ai regimi autoritari – spiega a Ilfattoquotidiano.it Francesco Vignarca di Rete Italiana per il Disarmo – è anche quello di informarli sul perché queste commesse devono essere fermate e sulle conseguenze politiche, economiche e legate ai diritti umani di queste scelte”. E aggiunge: “Come facciamo ogni volta, chiediamo che il governo blocchi anche quest’ultima commessa – continua Vignarca – Ma avanziamo un’altra richiesta, ossia che questo tipo di decisioni debbano ottenere, come previsto dalla legge 185/90 l’approvazione di Camera e Senato”.
A questo proposito, sui siti delle organizzazioni vengono messe a disposizione delle Faq per fornire un’informazione completa sul tema della vendita di armi all’Egitto. Nel testo dell’iniziativa si legge che sono due, secondo i promotori, i motivi per cui si deve pretendere il passaggio parlamentare: “Innanzitutto questa commessa rappresenterebbe il maggiore contratto mai rilasciato dall’Italia dal dopoguerra e farebbe dell’Egitto il principale acquirente di sistemi militari italiani impegnando non solo l’attuale governo ma anche i futuri governi del nostro Paese. Questa è una decisione che influisce direttamente sulla politica estera e di difesa dell’Italia e, proprio per questo, non può essere considerata come ordinaria amministrazione (e quindi di mera competenza dell’Autorità nazionale Uama – Unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento). Pertanto va discussa in tutti i suoi dettagli dal Parlamento”. Punto secondo: “Va inoltre considerato il ruolo che l’Egitto sta esercitando nel conflitto in Libia. L’Egitto è il principale sostenitore del generale Haftar a capo dell’autoproclamato Consiglio nazionale di transizione libico che da anni è in conflitto col governo internazionalmente riconosciuto di Tripoli, che l’Italia sostiene. Esportare armamenti all’Egitto significa, di fatto, fornire sistemi militari a un Paese che non solo non condivide, ma anzi avversa apertamente l’azione dell’Italia e della comunità internazionale per un processo di pacificazione in Libia”.
La campagna ricorda però che l’Italia può ancora bloccare le vendite di questi sistemi militari: “Sebbene l’esportazione delle due fregate Fremm originariamente destinate alla Marina miliare italiana pare sia stata recentemente autorizzata, è invece ancora da definire il più ampio ordinativo che comprenderebbe altre quattro fregate, 20 pattugliatori, 24 caccia multiruolo Eurofighter e altrettanti aerei addestratori M-346. Il Governo, e in particolare il ministero degli Esteri, possono tuttora non concedere l’autorizzazione alla fornitura e all’esportazione di questi sistemi militari all’Egitto anche se sono già state autorizzate e hanno preso avvio le trattative commerciali”.
E se il capo politico del Movimento 5 Stelle, Vito Crimi, in contrasto con alcuni parlamentari della maggioranza, anche pentastellati, ha dichiarato che la vendita di armamenti all’Egitto non è altro che “una manovra di tipo ecomomico”, le organizzazioni sostengono che operazioni come questa siano economicamente poco vantaggiose: “Come proprio l’epidemia da Covid-19 ha evidenziato, il nostro Paese possiede un’industria militare in grado di produrre tutti i sistemi militari per fare la guerra, ma è gravemente insufficiente non solo nella produzione di materiali militari di basso costo (mascherine, camici, kit medici), ma soprattutto di apparecchiature medico-sanitarie – concludono – Anche nel caso delle due Fremm destinate all’Egitto, alla fine una gran parte dei costi graveranno sui contribuenti italiani perché la nostra Marina Militare pretenderà la sostituzione delle due unità navali che le verranno sottratte (a costi probabilmente maggiori, oltre che ovviamente con tempi più lunghi), senza contare l’esposizione finanziaria di istituti di credito italiani coperta con garanzie pubbliche (via Sace). Pensare di continuare in questo modo, incentivando la produzione militare che per due terzi è diretta al di fuori dei Paesi alleati e soprattutto nelle zone di maggior tensione e conflitto nel mondo, significa voler continuare a sostenere un settore che non solo mette a repentaglio la sicurezza e la pace internazionale, ma distoglie risorse e fondi ad ambiti, come quello sanitario, in cui l’Italia è carente e dipendente dall’estero. Inoltre molti studi di natura economica dimostrano come un investimento nel settore militare ha ritorni finanziari e di posti di lavoro molto più bassi di quanto si potrebbe ottenere con investimenti in altri settori produttivi, in particolare le energie rinnovabili, l’istruzione, la salvaguardia dell’ambiente, il welfare”.
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Roma, 21 feb. - (Adnkronos) - Con il 'ritocco' al rialzo annunciato dal Mef diventa più appetibile il Btp Più, il nuovo titolo di Stato a 8 anni, il cui collocamento si è chiuso alle 13 con quasi 15 miliardi raccolti. Rispetto ai rendimenti originari (2,80% i primi 4 anni e 3,60% i successivi 4) l'aumento annunciato - rispettivamente a 2,85% e 3,70% - rappresenta un incremento complessivo di oltre l'8% sul fronte interessi. Infatti, investendo 10 mila euro, e considerando la trattenuta del 12,5% (inferiore a quella del 26% applicata sui dividendi azionari) in 8 anni il risparmiatore può incassare 2422 euro netti, a fronte dei 2240 euro previsti con i rendimenti 'iniziali'. Un dato che rappresenta un rendimento netto del 3,03% annuo: è questo il dato di riferimento per giudicare la redditività del titolo a fronte dell'inflazione (che inevitabilmente erode il valore delle somme investite). Se la Bce dovesse riuscire nell'intento di mantenere stabilmente la crescita dei prezzi sotto il 2%, allora chi ha investito nel Btp Più potrà dire di aver fatto un buon affare. Ma sull'inflazione, come insegna la storia recente, è difficile fare previsioni.
(Adnkronos) - La letteratura fantastica in Italia si prende sempre più spazio. Questo fine settimana si tiene a Roma la prima edizione di ‘Oblivion, fiera del libro, del fumetto e dell’irrazionale', dedicata alla letteratura di genere horror, fantasy, fantascienza e weird.
"È nato tutto da una pizza a San Lorenzo insieme a Claudio Kulesko, Paolo di Orazio ed Edoardo M. Rizzoli", spiega all’Adnkronos Emmanuele Pilia, alla direzione editoriale dell’evento. "Volevamo ribadire il valore artistico letterario del mondo della letteratura fantastica, che in Italia ha poche piattaforme in cui fare rete e in cui avere dignità, e così ci siamo ispirati a eventi come ‘Stranimondi’ e ‘Marginalia’ che si svolgono a Milano, per creare qualcosa di simile", dice.
Alla Città dell’Altra Economia, nel quartiere Testaccio di Roma, il 22 e il 23 febbraio, 45 case editrici indipendenti italiane propongono i propri libri e un programma ricco di incontri, che si terranno tra le 10 e le 20 di sabato e domenica. "Niente presentazioni classiche, ma piccole conferenze sui temi in cui siamo riusciti a coinvolgere tutti gli editori", spiega Pilia. E così dalla crisi climatica al femminismo, dall’intelligenza artificiale alle relazioni affettive sono tantissimi gli argomenti che verranno affrontati da autori ed editori attraverso la lente della letteratura di genere.
Nell'anno che si è appena concluso si è registrato un calo del numero generale di lettori, eppure il fantasy è in controtendenza: le vendite nel 2024 sono cresciute del 27,1% da gennaio a ottobre, superando il milione di libri venduti. Gli italiani hanno riscoperto un genere considerato a lungo di ‘serie b’? “I lettori e le lettrici italiani – spiega Pilia – hanno sempre letto tanta letteratura fantastica, ma prima era meno monitorata. Pensiamo alla collana di successo ‘Urania’, che esce in edicola e non è tracciata. Però negli ultimi anni c’è stata sicuramente una crescita dell’ecosistema editoriale: ci sono più editor, più traduttori, sono nate molte case editrici di genere che hanno portato un ‘know how’ che prima era appannaggio di accademici. È aumentata la qualità, ma anche il discorso attorno al genere, con un grande lavoro di riscoperta del fantasy italiano".
Non c’è una motivazione unica dietro alla cresciuta di interesse registrata negli ultimi anni: da un lato ci sono il successo di saghe letterarie e cinematografiche/televisive come ‘Harry Potter’, ‘Hunger Games’ o ‘Il trono di spade’, dall’altro c’è chi ritiene che il fantasy, con le sue metafore, sia uno strumento utile a interpretare il tempo presente. Emmanuele Pilia ci tiene a sottolineare l’aspetto più importante quando si devono avvicinare nuovi lettori: "Credo che l’idea moralistica che leggere sia utile e necessario abbia danneggiato la letteratura. Leggere è divertente, è bello, è fico. Si può paragonare a una partita di calcio o una cena fuori. Bisogna desacralizzare la lettura per darle valore e noi, con il nostro evento, abbiamo puntato tutto su questo concetto anche per avvicinare chi non ha ancora scoperto il fantastico".
La manifestazione, che beneficia del patrocinio del Comune di Roma, dell’Assessorato alla Cultura e del I Municipio, è completamente gratuito e non sarà solo un'occasione per i lettori, ma anche per chi sogna di lavorare nel campo. Nel corso della fiera infatti verrà assegnato il Premio di Racconti Brevi, "dedicato agli autori e alle autrici che vogliono esplorare i temi dell’horror, del fantasy, della fantascienza e del weird", si legge sul sito ufficiale, e che avranno così l'opportunità di sottoporre il proprio scritto a una giuria di editori esperti, presenti alla fiera. Sono previste anche diverse menzioni speciali, con relativi premi e targhe, per le opere che si distingueranno per originalità e stile. (di Corinna Spirito)
Roma, 21 feb. (Adnkronos Salute) - "La prima richiesta che facciamo al ministro della Salute Schillaci è quella di valutare e concludere la questione medico-legale istituendo una commissione super partes, che valuti prima di ogni iter, di ogni pratica, la questione, in modo tale che il numero delle denunce venga ridotto. Questo accade negli Stati Uniti, accade anche in Francia, quindi crediamo che debba essere applicato anche in Italia. Seconda cosa", serve "intervenire sulla questione delle nuove tecnologie, che ha un peso rilevantissimo anche sul fronte economico, quindi legiferare a livello centrale sulla congruità e sul numero, per esempio, dei robot e delle nuove tecnologie importanti e costose che vengono, diciamo, proposte. L'altra cosa è incentivare l'intelligenza artificiale. Tuttavia sappiamo che soltanto il 26% delle Asl in Italia ha investito in intelligenza artificiale". Così all'Adnkronos Salute il presidente del Collegio italiano dei chirurghi, Maurizio Brausi, in occasione del secondo congresso Cic, momento di confronto sul presente e il futuro della chirurgia, promosso oggi a Roma.
"La formazione per i giovani chirurghi è importantissima - continua Brausi - A questo proposito abbiamo ideato un questionario che è stato spedito a tutte le scuole di specialità. Abbiamo già raccolto più di 600 risposte sulla soddisfazione o meno che i nostri specializzandi hanno nelle varie scuole". Per far fronte alla carenza di professionisti, poi, "dobbiamo fare una programmazione diversa. Sappiamo che 3mila medici all'anno vanno in pensione e non vengono sostituiti - ricorda - e abbiamo anche un problema contingente degli specializzanti stessi: per diventare un chirurgo occorrono 11 anni, cosa che non aiuta". A questo si aggiunge "il problema dello stipendio che in Italia non è equiparato a quello europeo", e quello "delle denunce: ne arrivano circa 35mila-40mila all'anno per i chirurghi. Questo ovviamente è un fattore un po' negativo", che rende "più difficile la scelta della specialità". La prova lampante è sui "concorsi, soprattutto per l'ortopedia e anche per chirurgia generale: vanno deserti".
Altra cosa che interessa molto il Collegio, che rappresenta circa 47 società chirurgiche e 45 mila chirurghi italiani, è "l'uso delle nuove tecnologie e la loro sostenibilità per il sistema sanitario nazionale - conclude Brausi - Possiamo fare qualcosa per ridurre i costi, però occorre essere molto determinati e prendere decisioni sia a livello centrale che a livello regionale per razionalizzare, ad esempio, il numero di robot in Italia o il numero delle nuove tecnologie. L'intelligenza artificiale può ridurre nettamente il lavoro e dovrebbe essere applicata nelle varie Asl, vista l'applicazione incredibile che c'è nell'imaging, della radiologia, con la velocizzazione degli esami radiologici e diagnosi molto più sicure in accordo con le linee guida".
Roma, 21 feb. (Adnkronos/Labitalia) - Mary Modaffari, presidente nazionale della Confederazione nazionale esercenti (Cne), associazione sindacale datoriale italiana, iscritta al registro dei lobbisti del Parlamento Europeo, è stata l' unica italiana entrata a far parte del direttivo del Seri ( sindacato europeo dei rappresentanti di interessi ) e contestualmente nominata a responsabile della gestione dei rapporti istituzionali esteri del Seri.
"Il Seri, acronimo di Sindacato europeo rappresentanti interessi presso il Parlamento Europeo è un’organizzazione sindacale europea composta da presidenti di varie sigle sindacali datoriali di tutta Europa. Il Seri è stato istituito per rappresentare e tutelare i diritti e gli interessi dei professionisti che operano al Parlamento Europeo come rappresentanti di interessi e dunque portavoce delle esigenze delle imprese associate presso le rispettive associazioni datoriali dei vari Paesi Europei. L' obiettivo è quello di fornire un supporto qualificato a livello istituzionale, promuovendo la valorizzazione delle competenze e delle specificità del lavoro che ogni rappresentante svolge al Parlamento Europeo. Le finalità principali includono la difesa dei diritti delle imprese, pmi e start-up in ambito parlamentare, la promozione di politiche di equità e sostenibilità nel mondo del lavoro e il rafforzamento delle relazioni tra il settore istituzionale europeo e partner internazionali presso Paesi extra Ue", afferma Modaffari.
"La mia priorità -continua- è consolidare e ampliare le relazioni internazionali del Seri coinvolgendo in primo luogo soprattutto l' Italia , dando dunque voce alle varie associazioni sindacali datoriali italiane aderenti al Seri creando nuove opportunità di collaborazione istituzionale e professionale. L’obiettivo è rendere il Seri un associazione sindacale europea dei rappresentanti di interessi autorevole e riconosciuta non solo a livello europeo ma globale. La prima tappa del mio programma è organizzare con lo staff del dipartimento del Seri che mi è stato assegnato, incontri con rappresentanti di istituzioni straniere, anche tramite tavoli tematici, su argomenti che hanno come obiettivo la crescita delle imprese e pmi tenendo conto dei punti di vista dei colleghi rappresentanti di interessi degli altri stati europei", spiega ancora.
"I punti centrali da trattare sono: commercio internazionale (limiti e prospettive future), sostenibilità, crescita economica, innovazione e tutela dei diritti umani, transizione digitale e particolare attenzione sull' utilizzo dell'Ia. In sostanza, il nostro obiettivo è quella di fungere da ponte tra le istituzioni europee e le imprese degli stati membri , promuovendo uno scambio continuo e costruttivo su temi di particolare rilevanza sociale, economica e culturale. Altresì attraverso l’internazionalizzazione sarà possibile consolidare nuove partnership, rendendo il Sindacato europeo dei rappresentanti di interessi un organo "influente" nei processi decisionali che riguardano il mondo del lavoro e delle imprese", spiega ancora.
"Sono davvero onorata ed orgogliosa di questo importante incarico che mi è stato conferito e ringrazio la presidenza nazionale per la fiducia accordatami. Da anni lavoro nel mondo sindacale, ho svolto l' attività di politica sindacale con grande responsabilità ed impegno, e pertanto metterò a disposizione il mio bagaglio di esperienze. Sono certa che riusciremo a portare benefici concreti ai nostri iscritti nonché il nostro obiettivo finale è poter dare supporto con le nostre proposte alle istituzioni europee ed alle rispettive commissioni", conclude Mary Modaffari.
Roma, 21 feb. - (Adnkronos) - Si è chiuso alle 13, come annunciato, il collocamento del nuovo Btp Più che ha registrato nel quarto e ultimo giorno di raccolta 39.759 contratti per un controvalore di 1.096.376.000 euro. Il dato porta il totale del collocamento a oltre 14,9 milioni di euro. L'attenzione adesso è per il dato definitivo sul rendimento che, nelle speranze dei sottoscrittori, potrebbe portare a qualche ritocco al rialzo.
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - Le elezioni federali del 23 febbraio 2025 sono un momento cruciale non solo per la Germania ma per l’intero panorama politico europeo e internazionale. Per approfondire l'impatto di questo appuntamento elettorale, Adnkronos organizza una diretta speciale targata Eurofocus, direttamente dalla residenza di Hans-Dieter Lucas, l’ambasciatore tedesco a Roma.
Condotto dal direttore Davide Desario e dai vicedirettori Fabio Insenga e Giorgio Rutelli, con la partecipazione dei giornalisti Adnkronos Mara Montanari e Otto Lanzavecchia, lo speciale di domenica comincerà alle 17 e vedrà la partecipazione di molti ospiti italiani e tedeschi, con continui collegamenti anche da Berlino, Francoforte e Bruxelles.
Alle 18, con la chiusura dei seggi e la diffusione degli exit poll, è prevista l’analisi dei primi risultati. Alle 19 un panel di esperti si confronterà sugli scenari del post-voto: quali le coalizioni possibili, e quali i rapporti di forza tra i partiti. Tra le 20 e le 21, infine, il commento della Elefantenrunde, la “tavola rotonda degli elefanti”, confronto tra i leader politici in onda sulle tv tedesche. Un'occasione unica per leggere i risultati, le prospettive e le possibili conseguenze di queste elezioni sul futuro dell'Unione Europea, delle relazioni transatlantiche e degli equilibri globali.
Lo speciale sarà trasmesso sulla homepage e sul canale Youtube di Adnkronos, con 400 siti collegati tra testate nazionali e network locali online. Le notizie sulle elezioni saranno lanciate in tempo reale dall’agenzia, analisi e interviste pubblicate sul portale Eurofocus.
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - Le elezioni federali del 23 febbraio 2025 sono un momento cruciale non solo per la Germania ma per l’intero panorama politico europeo e internazionale. Per approfondire l'impatto di questo appuntamento elettorale, Adnkronos organizza una diretta speciale targata Eurofocus, direttamente dalla residenza di Hans-Dieter Lucas, l’ambasciatore tedesco a Roma.
Condotto dal direttore Davide Desario e dai vicedirettori Fabio Insenga e Giorgio Rutelli, con la partecipazione dei giornalisti Adnkronos Mara Montanari e Otto Lanzavecchia, lo speciale di domenica comincerà alle 17 e vedrà la partecipazione di molti ospiti italiani e tedeschi, con continui collegamenti anche da Berlino, Francoforte e Bruxelles.
Alle 18, con la chiusura dei seggi e la diffusione degli exit poll, è prevista l’analisi dei primi risultati. Alle 19 un panel di esperti si confronterà sugli scenari del post-voto: quali le coalizioni possibili, e quali i rapporti di forza tra i partiti. Tra le 20 e le 21, infine, il commento della Elefantenrunde, la “tavola rotonda degli elefanti”, confronto tra i leader politici in onda sulle tv tedesche. Un'occasione unica per leggere i risultati, le prospettive e le possibili conseguenze di queste elezioni sul futuro dell'Unione Europea, delle relazioni transatlantiche e degli equilibri globali.
Lo speciale sarà trasmesso sulla homepage e sul canale Youtube di Adnkronos, con 400 siti collegati tra testate nazionali e network locali online. Le notizie sulle elezioni saranno lanciate in tempo reale dall’agenzia, analisi e interviste pubblicate sul portale Eurofocus.