Era il 1978. Fino a quel momento l’interruzione volontaria di gravidanza era un reato previsto dal codice penale italiano; da due a cinque anni di carcere, sia per la donna che per l’esecutore della procedura. La legge che cambiò la supremazia della morale cattolica è la 194, ma vi assicuro che sono molte di più le volte all’anno in cui mi tocca ripeterlo: l’aborto è un diritto!
L’ultima proprio ieri, quando l’associazione Provita & Famiglia Onlus ha scritto sui social che “eliminare un figlio non cancella la ferita di uno stupro”. E che – in sintesi – bisogna tenerselo perché non ha colpe (come potrebbe avere colpe, tra l’altro, un feto in molti casi non ancora formato? Ma questa è un’altra questione, concentriamoci sulle cose più semplici). In seguito alle numerosissime lamentele sotto al post e segnalazioni per rimuoverlo, grazie all’impegno di singole cittadine e di pagine come Obiezione Respinta, i ProLife hanno deciso di aggiustare il tiro… si fa per dire. Hanno inserito delle righe di premessa per dire che loro sono al fianco delle donne per la battaglia contro lo stupro. Wow, grazie! Come è umano lei, avrebbe detto Fracchia.
Un supporto che crolla proprio quando dovrebbe farsi sentire di più, proprio quando essere a favore della vita dovrebbe essere l’unica opzione possibile. Ma della vita della donna, della sua libertà e delle sue scelte. E invece lì veniamo lasciate sole. Come a dire: siamo contro lo stupro per la sua basica barbarie, però non ci sforziamo nemmeno di comprendere perché una donna vorrebbe interrompere una gravidanza non desiderata, oltretutto frutto di un trauma che perdurerà per il resto dei suoi giorni.
Qui non sto dicendo che tutte dovrebbero abortire in seguito a una violenza: sto dicendo che io lo farei e che mai e poi mai vorrei che qualcuno venisse a mettere bocca in una faccenda così intima. È questa la differenza tra una morale liberale e una conservatrice: l’apertura o la chiusura delle possibilità. Nel primo caso ogni donna può agire come crede, anche se il suo credo è religioso. Nel secondo, tutte quante saremmo obbligate ad agire secondo i precetti morali di altri.
D’altra parte, non è che ci si potesse aspettare di meglio da quelli che lo scorso anno pagarono per affiggere a Roma un manifesto di 250mq dedicato a Greta Thumberg. Sullo sciopero per il clima? Magari! Era l’immagine di un feto gigante (di nome Michelino) e diceva: “Cara Greta, se vuoi salvare il pianeta, salviamo i cuccioli d’uomo”. Mi è sembrato per un attimo di stare dentro Il libro della Giungla di Kipling, perché così veniva chiamato Mowgli, un cucciolo d’uomo. E in effetti ci ho anche sperato di essere stata catapultata in un romanzo del 1894. Invece no, ero nella Capitale di un paese laico, nel 2019. Ho fissato Michelino per un po’ e mi pareva d’averlo già visto. Poi ho avuto un flash: sempre Michele si chiamava il feto in plastica distribuito come gadget al congresso delle famiglie di Verona, sui cui s’era polemizzato qualche mese prima. Lo stesso raduno dove le donne pro choice venivano chiamate assassine, proprio mentre si inneggiava alle politiche del dittatore Orban.
Qui non si tratta nemmeno più del dibattito giuridico sul diritto alla vita del feto. È un sentimento ancora più di pancia: la vita che si forma – come specchio della potenza creatrice di dio – è sacra, dunque nulla è più importante della sua protezione. Anche se si calpestano libertà e dignità di donne che invece sono già persone.
Siamo stanche, davvero. Stanche di sentirci dire cosa possiamo fare o non fare con i nostri corpi, ieri addirittura ci si è spinti a parlare al posto nostro di cosa si prova ad essere violentate. Anche questa è cultura dello stupro, anche questo è maschilismo. Non basta dire “io non lo farei mai”. Mi sembra veramente al di sotto del minimo sindacale. Serve dire, una volta per tutte, che il corpo delle donne è delle donne. Né dello Stato, né tra i beni mobili della Cei, né degli slogan di politicanti il cui esempio di donna perfetta è la vergine Maria, a cui tra l’altro affidano il Paese quando non sanno più come gestirlo. Volete essere a favore della vita? Eccoci, siamo vive!
E poi diciamocelo: magari si potesse riuscire davvero ad abortire ovunque e in sicurezza. Secondo il Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute dell’Istituto Superiore della Sanità, in Italia sette medici su dieci sono obiettori di coscienza. Vorrei prenotare quei 250mq di spazio per dirgli di cambiare mestiere.