“Mi creda, mia figlia ha veramente bisogno della scuola, mi aiuti a farle ripetere l’anno!”. Questa apparentemente inusuale richiesta non proviene da un genitore masochista e desideroso di punire in modo esemplare la propria figlia, ma da una madre di una ragazza disabile.

E’ strano che accada solo per un osservatore superficiale: in realtà succede quando dopo la scuola – ma sarebbe meglio scrivere: perduta la scuola – i disabili vengono inghiottiti dall’abisso della solitudine all’interno delle loro famiglie.

Eppure molte famiglie avevano sperato che, dopo l’anno scolastico trascorso per lo più a casa per l’emergenza Covid, il governo recepisse la necessità per i loro figli di vivere ancora questo anno di scuola strappato via. Riconosco di avere confidato anche io nella sensibilità del ministro e del suo staff. Ho sbagliato.

Come spesso accade in Italia la politica annuncia scelte e ipotizza possibilità che alla luce dei fatti si dimostrano irrealizzabili. Quando questo accade con chi, i disabili e le loro famiglie, sono impegnati tutti i giorni in una vita faticosa, la scoperta è più dolorosa.

La nota ministeriale 793 del 8 giugno 2020 interviene a precisare che la possibilità di ripetere l’anno non è riservata agli alunni che frequentano l’ultimo anno dei cicli di scuola, ma soltanto per quelli di altre classi. Straordinario! Praticamente si prevede solo la possibilità, peraltro affidata a casi eccezionali e incardinata alla decisione del dirigente scolastico, di ripetere l’anno al prezzo di perdere contemporaneamente la continuità didattica ed affettiva con i propri compagni di classe.

Quale mente eccelsa possa aver pensato questo resta un mistero; la certezza è che nessuno di quelli che hanno affrontato la questione lo abbia fatto pensando “di chi” stessero occupandosi. Caro alunni disabile, ripetere l’anno è praticamente impossibile ma se proprio ci riesci devi perdere anche tutte le tue relazioni! Se non fosse tutto vero sarebbe incredibile da credere.

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