I superotto familiari della fine degli anni Cinquanta raccontano di una famiglia agiata. Il padre controfigura del principe Filippo, come molti inglesi dell’epoca. La moglie è al pari il prototipo di tante raffinate signore affusolate e un po’ spigolose. Due maschietti e una bambina più alta giocano attorno a un cottage senza tempo della campagna inglese.

Dentro casa una chitarra è l’oggetto della curiosità di Mike, il piccolo della famiglia Oldfield. Nessuno in famiglia è musicista, ma i tre ragazzi si danno da fare con un po’ di spirito competitivo e mostrano talento. Potrebbe continuare così, normalmente, come in tante famiglie. L’interesse si trasformerebbe in hobby e il ceto porterebbe i bambini a crescere buoni borghesi. Ma un evento sconvolge l’idillio familiare. La madre, perso il bambino che attendeva, si è rinchiusa nella sua stanza passando le giornate dondolandosi sulla sedia, fissando l’orizzonte oltre la finestra.

Siamo ormai negli anni 60 e Sally, la sorella maggiore, sa che Londra è vicina e in quegli anni è il luogo dove tutto può accadere. È meglio andare via di casa. Si porta dietro i fratelli, fra i quali un quindicenne Mike. Con lui tenta il successo e incide un disco: piccole opportunità nella swinging London ma senza nessun riscontro.

L’unico a rimanere coinvolto nel circuito musicale è il piccolo di famiglia, il cui sorprendente talento alla chitarra lo porta a entrare a soli 17 anni nel gruppo di Kevin Ayers, chansonnier dandy e bizzarro. Un gigante della canzone mai abbastanza considerato. Mike è al basso nella formazione che incide nel 1970 un capolavoro, Shooting at the Moon. Ma la primadonna Ayers decide di sciogliere immediatamente il gruppo.

Mike a 17 anni, disoccupato, ha la sua seconda esperienza esistenziale sconvolgente, dopo l’incurabile depressione della madre. Durante una festa prova l’Lsd. E il viaggio è devastante. Qualcosa di quell’esperienza, dice chi lo conosce, rimane attaccato alla personalità di Mike. Lo incupisce. Lo rende solitario e silenzioso come non era mai stato.

Approfittando di un registratore a due piste ottenuto in prestito da Ayers (e della scoperta dell’album A Rainbow in a Curved Air, il disco del compositore minimalista statunitense Terry Riley riferimento per un’intera generazione), Mike Oldfield comincia a lavorare su un giro all’organo Farfisa che rimarrà nella storia: quello che verrà consacrato dal film l’Esorcista di William Friedkin. Da questo spunto Oldfield abbozza una lunga composizione registrata su un nastro che porta a due produttori al soldo di un giovane ambizioso e spregiudicato, interessato a fare business attraverso la cultura giovanile.

Il problema è che gli orizzonti musicali di questo giovane imprenditore, di nome Richard Branson, sono il pop di Cliff Richard e poco altro. Ma i suoi fidi produttori lo convincono a investire una somma cospicua sulla lista della spesa di Oldfield: un vasto elenco di strumenti musicali che Mike sovrainciderà chiuso in solitudine nella sala di registrazione del magnificente cottage di Branson.

Ne uscirà con i nervi seriamente a pezzi e un capolavoro della storia del rock: Tubular Bells. Branson intuisce che ha fra le mani qualcosa di unico. La musica minimalista che si intreccia al folk britannico e al rock in una fusione estremamente equilibrata e nuova in modo sconcertante. Un solo brano di quasi un’ora senza possibilità di successo commerciale.

Richard Branson, come ogni grande imprenditore che si rispetti, accetta immediatamente la sfida e fonda l’etichetta discografica Virgin per l’opera di questo ragazzo di 20 anni. La Virgin. Quella per cui firmeranno nel tempo molti celebri artisti e che diventerà il marchio di Branson per una compagnia aerea, una bevanda, una catena di palestre e molto altro.

Branson, che è un grande imprenditore, lancia il disco organizzando una soirée alla Queen Elizabeth Hall. E lascia carta bianca a Mike Oldfield che riunisce per il concerto alcuni amici. Non delle rockstar, a parte forse Mick Taylor, allora chitarrista degli Stones. Chiama i musicisti più colti e creativi del rock: fra gli altri David Bedford (già nel gruppo di Kevin Ayers), John Greaves, Fred Frith, Tim Hodgkinson, cioè gli “avant-rock” Henry Cow quasi al completo, Steve Hillage e Pierre Moerlen dei Gong, l’artista Viv Stanshall e Kevin Ayers, suo ex datore di lavoro, stavolta al basso.

Si dovevano unire al più grande supergruppo della storia del rock anche Steve Winwood dei Traffic e Robert Wyatt, il geniale batterista dei Soft Machine e di mille altri progetti musicali, a cui è appena accaduto un tragico incidente che lo lascerà sulla sedia a rotelle per tutta la vita. Mike un anno dopo lo omaggerà suonando nel disco di Wyatt Rock Bottom. Il disco più bello e disperato di tutta la storia del rock.

Tubular Bells, primo disco del catalogo Virgin, finisce nelle mani del regista William Friedkin, allora all’opera su “The Exorcist”. Appena messa la puntina sui solchi del vinile parte il giro minimalista di Farfisa e Friedkin capisce che è il tema del film. Quello che farà uscire dalle sale cinematografiche di tutto il mondo persone sconvolte o in preda ad attacchi di panico. Una serie di concatenazioni per Tubular Bells in cui forse c’è lo zampino (diabolico) dell’astuto Branson. Nel giro di pochi mesi una composizione di un’ora divisa su due tracce supera artisti come David Bowie e i Rolling Stone e si posiziona al primo posto nelle classifiche internazionali.

Se Mike avesse avuto l’ambizione e la spregiudicatezza di tanti artisti che ha surclassato in quella classifica sarebbe diventato una grande star della musica. Ma il carattere fragile di Mike lo porta a tenersi distante dai media, dalla popolarità. È timido, imbarazzato, terrorizzato dal palco. Si chiudono le porte, perde l’occasione della vita. Entra in crisi creativa. Ripropone copie del suo capolavoro. Cade e risorge dalla dipendenza dall’alcool.

Tornerà a fare parlare di sé con un paio di canzoni pop negli anni 80. Ma è un altro artista rispetto al giovane genio che appena uscito il disco suona con i suoi amici (fra cui Mike Ratledge e Karl Jenkins dei Soft Machine) per una esecuzione in diretta presso gli studi della Bbc. Signore e signori, ecco il più grande gruppo mai visto nella storia del rock. Ecco in tutto il suo splendore Tubular Bells di Mike Oldfield.

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