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‘Ndrangheta, 20 arresti: in Brianza i buttafuori dei clan. “Non ti permettere di fare venire un altro da Milano, perchè veniamo noi e chiudi”

L'operazione della Dda di Milano: ventidue ordinanze di custodia cautelare (16 in carcere, 4 agli arresti domiciliari, 2 obbligo di dimora), per una serie di personaggi accusati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi ed associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Le intercettazioni: "Il venerdì apri, il sabato sera veniamo noi, ti tiro giù tutta la sicurezza e tutti i buttafuori, e chiudi"

“Io chiamo il direttore del locale e gli dico: non ti permettere di fare venire un altro da Milano a lavorare dove ci siamo noi, perchè tu il venerdì apri, il sabato sera veniamo noi, ti tiro giù tutta la sicurezza e tutti i buttafuori, e chiudi”. La sicurezza nei locali della Brianza era in mano alla ‘ndrangheta. Non è una novità assoluta, ma a confermarlo è l’ultima operazione della procura di Milano. Ventidue ordinanze di custodia cautelare (16 in carcere, 4 agli arresti domiciliari, 2 obbligo di dimora), per una serie di personaggi accusati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi ed associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

Tra gli indagati spiccano i nomi dei cugini Cristello: Umberto, già condannato per mafia e da poco scarcerato, e Carmelo. Un cognome, quello dei Cristello, che in Brianza valeva più di mille biglietti da visita: “Adesso vado là e gli dico che ho bisogno che devo pagare gli avvocati! No, no, me li danno, quando mi vedono il terrore hanno lì dentro”, dice uno degli indagati.

Sono due inchieste diverse che si sono incrociatate in un unico blitz quelle coordiante dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci, capo della Dda milanese, e dai sostituti Cecilia Vassena e Sara Ombra. Da un lato l’indagine ha approfondito le dinamiche criminali della locale di Seregno operante nei comuni di Seregno, Desio, Giussano, Verano Brianza, Carate Brianza, Meda e Mariano Comense. Un clan che, nonostante le pesanti condanne subite dai suoi appartenenti a seguito dell’operazione Infinito, è ancora fortemente radicato nel territorio. Dall’altro gli inquirenti hanno documentato il capillare e totale controllo da parte della ’ndrangheta nelle attività economiche del territorio.

A cominciare dal business dei servizi di sicurezza nei locali pubblici nelle province di Como, Monza Brianza e Milano. Buttafuori in pub e discoteche ma anche i rivenditori ambulanti di panini: e la ‘ndrangheta a decidere le postazione e a dirimere eventuali controversie sorte tra i camion bar della provincia. Nei locali pubblici in clan impone l’utilizzo di buttafuori attraverso ditte di “copertura”, dietro le quali si celano boss. “Gli indagati si muovevano con assoluta spavalderia e determinazione e senza alcun timore o ritegno, utilizzando i metodi tipici della criminalità organizzata”, scrivono gli inquirenti riportando le intercettazioni telefoniche. “Purtroppo nella vita e nei paesi della Brianza, ci sono degli equilibri che vanno oltre il lavoro della sicurezza perché dietro al lavoro della sicurezza nei nostri paesi qua c’è sempre qualcuno dietro, ok?”. Le registrazioni telefoniche documentanto anche come gli uomini dei clan si adoperavano per mantenere i boss detenuti: “Tutti i mesi bisogna mandare il regalo agli amici che purtroppo non ci sono più a lavorare con noi, ed hanno bisogno di mangiare giustamente no?”.

Ma erano non solo le discoteche a interessare la ‘ndrangheta. In Brianza i clan non dimenticano altre storiche attività: le estorsioni e la droga, con fiumi di cocaina che arrivano dal canale franco-iberico e finiscono in provincia ma pure in Germania. E poi il recupero crediti. “A dimostrazione del grado di infiltrazione della ‘ndrangheta nel tessuto socio-economico del territorio è emerso che tale attività di recupero credito veniva sempre richiesta, e non offerta, sia da imprenditori sia anche da gente comune. Affidare il recupero di discrete somme di denaro in cambio di una percentuale sull’intero capitale da recuperare è ormai divenuta una pratica sempre più diffusa tra gli imprenditori locali e rappresenta oggi una importante fonte di introiti per le organizzazioni criminali, le quali, di fatto, trattengono per sé una grossa percentuale del debito riscosso, riuscendo, contestualmente, ad inserirsi nelle stesse imprese committenti o, comunque, nel settore commerciale locale”, annotano gli inquirenti. Spiegando che “anche in questo caso, gli atteggiamenti manifestati dagli indagati si sono rivelati assolutamente idonei ad esercitare una particolare coartazione psicologica sulle persone in quanto dotati dei caratteri propri dell’intimidazione derivante dall’associazione di tipo mafioso presente ed operante nel territorio”. Anche qui le intercettazioni sembrano essere più convincenti di mille decreti ingiuntivi: “Io ve lo giuro… se gli ridate tutti i soldi a vi sparo dai coglioni fino alla gola e ve li faccio saltare al cervello… questo poco ma sicuro… e tu lo sai benissimo come la penso eh… te l’ho detto anche a casa tua”. E ancora: “Io gli sparo quattro colpi in testa gli faccio saltare il cranio… hai capito o no? quindi prendilo e me lo porti a verano a carate, dove cazzo vuoi”.