Un timore serpeggia fra i risparmiatori. Il timore di un nuovo prelievo forzoso sulla liquidità, come avvenne dalla sera alla mattina successiva il 9 luglio 1992. Un evento ben presente nella memoria collettiva degli italiani, che preoccupa anche tanti che personalmente non lo subirono. L’impennata del debito pubblico, soprattutto per il coronavirus, fa temere a molti risparmiatori un intervento d’imperio sulla liquidità che hanno su conti e libretti, bancari o postali. Ne ho la conferma anche dalle numerose e-mail che ricevo al riguardo.
In realtà ora come ora il rischio di una riedizione dell’intervento di Giuliano Amato, l’allora capo del governo, è praticamente nullo in particolare per i seguenti motivi.
1. Finché in Italia non c’è una dittatura, che per fortuna non è all’orizzonte, un prelievo forzoso sui conti richiede una maggioranza parlamentare che lo approvi. Tale maggioranza nel 1992 c’era, adesso non si vede affatto;
2. Un prelievo nell’ordine dello 0,6% porterebbe nelle casse dello Stato meno di 10 miliardi. Comunque troppo pochi per le ricadute politiche di una tale misura. Il saldo finale ovviamente cambierebbe con una patrimoniale generalizzata, cioè non limitata ai conti correnti e altri depositi, ben più difendibile in termini di equità e costituzionalità. Ma sarebbe un altro discorso.
Perché allora si parla così tanto di un prelievo sui conti correnti? Perché molti, spesso in mala fede, lo presentano invece come probabile o addirittura certo. Il loro vero obiettivo è rifilare più facilmente prodotti finanziari e previdenziali costosi e rischiosi.
È in atto da qualche anno un attacco, anche mediatico, contro i soldi prudentemente tenuti sui conti correnti. Ai clienti i sedicenti consulenti delle banche raccontano ogni genere di frottole. Oltre allo spauracchio della patrimoniale, agitano quello dei bail-in, cioè del fallimento, anche per banche solidissime. Diffondono poi dati taroccati, per convincerli di sensibili perdite in potere d’acquisto, quando attualmente l’inflazione è del tutto trascurabile.
Discorsi analoghi vengono portati avanti da gran parte del giornalismo economico, asservito agli interessi dell’establishment finanziario. Tutti costoro profondono il massimo impegno per convincere i risparmiatori a prendersi sul groppone le diverse trappole studiate per raschiargli via soldi: fondi comuni, polizze vita, piani previdenziali, certificati ecc.
In tal modo essi vengono “alleggeriti” di qualcosa come il 2% l’anno, come risulta da varie ricerche sui costi del risparmio gestito. È grosso modo il triplo dello 0,6% del prelievo del Governo Amato e soprattutto lo subiscono ogni anno e non una tantum.
Un ultimo elemento dimostra la mala fede o, nel caso migliore, l’incompetenza di tanti che si spacciano per cosiddetti consulenti finanziari o si vantano di fare educazione finanziaria. La sola soluzione perfetta e per giunta senza costi per evitare un’imposta patrimoniale sulla liquidità, è prelevare dal conto e tenere i risparmi in contanti. Tale soluzione non viene mai neppure accennata.