L’immagine che più colpisce e ferisce, per chi abbia a cuore la scuola della Repubblica e individui in essa la spina dorsale del Paese, è la seguente: hanno riaperto stabilimenti balneari, centri estetici, persino palestre. Ha riaperto tutto; tranne scuola ed università.
Il Coronavirus, oltre che quella sanitaria, politica ed istituzionale, ha portato con sé la crisi culturale in cui l’Italia si dibatte, e non da ora. Destini di milioni di studenti (con il carico di diseguaglianze, diversificazione e riduzione delle opportunità, incuria per le condizioni psicologiche di destini bloccati 3 mesi fa) stanno faticosamente e volenterosamente cercando di adeguarsi ad una condizione, quella del monologo di fronte ad un computer, che deve fungere da docente ed esaminatore: roba per gente fornita di tanta motivazione e nervi saldi; il resto – soprattutto se non verrà elaborato un piano dettagliato e certo del rientro, specie negli atenei – sarà dispersione. Amen.
La scuola ancora nell’occhio del ciclone, la scuola in primo piano. E non, come sarebbe lecito pensare, per cercare di sanare le carenze che, anno dopo anno, riforma dopo riforma, si sono accumulate e che rischiano di portare alla conflagrazione del sistema, data la situazione. Non per fare di ciascun edificio un cantiere pullulante di attività; non per porre un argine alle pretese di chi vorrebbe fare della emergenza della cosiddetta “didattica a distanza” una condizione permanente (si è parlato di scuola “ibrida”), completando in tal modo un perverso processo ideologico iniziato molti anni fa, che taglierebbe lavoratori; ma – soprattutto – imprimerebbe alla libertà di insegnamento e al senso della scuola della Repubblica uno stop definitivo, sostituendo per sempre a un organo costituzionale un servizio a domanda individuale, depauperato nella sua funzione di strumento di uguaglianza ed emancipazione per i cittadini di domani. Non per – infine – rivedere a ribasso quel rapporto alunni/docente che – anno dopo anno e per molti anni – è stato ritoccato in eccesso, portando a quelle che qualcuno chiama “classi/aule pollaio” (nelle quali sarà interessante vedere come si configureranno le mitiche barriere in plexiglass, ultima trovata ministeriale); un risultato rincorso non (ovviamente) per conclamate motivazioni didattiche, ma per far fuori progressivamente un numero impressionante di posti di lavoro (e, di conseguenza) di apprendimenti per gli studenti.
Una politica sguaiata e inconcludente, fatta di strategie da condominio di periferia e di promesse vuote e continui cambiamenti di prospettiva, ha reso l’approvazione del decreto scuola una maratona interminabile, intrisa di polemiche, accuse, inutili provocazioni; il provvedimento, varato l’8 aprile, è stato convertito in extremis. Mentre noi, docenti e studenti, attendevamo una parola definitiva. Noi impegnati a varare nei nostri istituti protocolli di sicurezza per l’esame di Stato in presenza: nelle nostre scuole di luglio, affogate nel sole, con guanti e mascherine, immobili, assisteremo – sanificazione dopo sanificazione – ai colloqui dei nostri studenti, senza poter neppure accendere un ventilatore.
Finalmente il via libera è arrivato. Individuata in extremis la cornice giuridica entro la quale si svolgeranno gli esami di Stato nella secondaria di I e II grado, semplificata la procedura concorsuale per il reclutamento, conferiti poteri speciali ai sindaci in materia di edilizia (con quali e quanti fondi sarà da vedere), rimangono alcuni elementi da sottolineare. Cominciamo da un plauso: il provvedimento prevede dal prossimo anno il ritorno, nella scuola primaria, al giudizio descrittivo, in grado di assolvere meglio ad una funzione formativa. Si provvede, in tal modo, a far fuori uno dei tanti atti controversi che il furor numerico della ministra Gelmini (che tagliò, a proposito di numeri, 7 mld alla scuola, insieme a 120mila posti di lavoro, tra personale docente ed Ata) produsse.
Ancora a proposito di numeri, invece, imperversa la polemica tra l’ex ministro Fioramonti, che si dimise in dicembre per aver ricevuto la metà dei 3 miliardi richiesti, definiti allora “fondo di galleggiamento per l’istruzione”, e l’attuale ministro. Tra decreto Rilancio e Cura Italia i fondi per la scuola ammonterebbero a 1,5 miliardi in due anni. Gli investimenti si concentrano prevalentemente su un soluzionismo tecnologico (e tecnocratico) che rifiuta nei fatti di prendere in carico i problemi di una scuola smontata da anni di tagli; una scuola reale, fatta di spazi, strutture, esigenze, fisicità concreta. Continua ad essere insufficiente l’attenzione ad alcuni nuclei critici, che si sarebbero potuti affrontare con un po’ di coraggio e con una visione della scuola quanto meno coerente con quella che il M5S ha sempre rivendicato in periodo elettorale.
Perché non approfittare, come si diceva, per tentare di abbattere il problema delle classi eccessivamente numerose che, oltre a rappresentare un elemento estremamente negativo dal punto di vista didattico, ne configurano – come è di tutta evidenza – uno altrettanto negativo per quanto riguarda la sicurezza? Perché (in tema di esame di Stato) non mettere mano al PCTO (erede della renziana alternanza scuola lavoro), da sempre criticato dal Movimento? Perché, ancora, accogliere, sotto mentite spoglie, la logica della “busta” che tanto biasimo suscitò lo scorso anno e che vede la propria continuazione nel materiale da esaminare, preventivamente predisposto dalla commissione? Il valore legale del titolo di studio – imprescindibile per ribadire la funzione della scuola della Repubblica – dovrebbe poggiare anche su un esame in grado di esprimere il senso emancipante e critico-analitico della cultura.
Quello che spaventa è il rientro: l’impressione è che in troppi (dalla Fondazione Agnelli, all’ANP, da parti del governo e della minoranza, persino dal sindacato che, a più riprese, ha ventilato una contrattualizzazione delle condizioni di didattica a distanza) abbiano in mente di approfittare della pandemia e della Dad (sic!) non come risposta legata all’emergenza, ma per creare condizioni permanenti e definitive. Infatti, il documento partorito dalla commissione di esperti appositamente convocata non fuga questo dubbio, al contrario. Ma di questo parleremo in una prossima occasione.
Marina Boscaino
Insegnante
Scuola - 11 Giugno 2020
Riapre tutto, tranne la scuola. Se mancherà un piano di rientro certo sarà dispersione
L’immagine che più colpisce e ferisce, per chi abbia a cuore la scuola della Repubblica e individui in essa la spina dorsale del Paese, è la seguente: hanno riaperto stabilimenti balneari, centri estetici, persino palestre. Ha riaperto tutto; tranne scuola ed università.
Il Coronavirus, oltre che quella sanitaria, politica ed istituzionale, ha portato con sé la crisi culturale in cui l’Italia si dibatte, e non da ora. Destini di milioni di studenti (con il carico di diseguaglianze, diversificazione e riduzione delle opportunità, incuria per le condizioni psicologiche di destini bloccati 3 mesi fa) stanno faticosamente e volenterosamente cercando di adeguarsi ad una condizione, quella del monologo di fronte ad un computer, che deve fungere da docente ed esaminatore: roba per gente fornita di tanta motivazione e nervi saldi; il resto – soprattutto se non verrà elaborato un piano dettagliato e certo del rientro, specie negli atenei – sarà dispersione. Amen.
La scuola ancora nell’occhio del ciclone, la scuola in primo piano. E non, come sarebbe lecito pensare, per cercare di sanare le carenze che, anno dopo anno, riforma dopo riforma, si sono accumulate e che rischiano di portare alla conflagrazione del sistema, data la situazione. Non per fare di ciascun edificio un cantiere pullulante di attività; non per porre un argine alle pretese di chi vorrebbe fare della emergenza della cosiddetta “didattica a distanza” una condizione permanente (si è parlato di scuola “ibrida”), completando in tal modo un perverso processo ideologico iniziato molti anni fa, che taglierebbe lavoratori; ma – soprattutto – imprimerebbe alla libertà di insegnamento e al senso della scuola della Repubblica uno stop definitivo, sostituendo per sempre a un organo costituzionale un servizio a domanda individuale, depauperato nella sua funzione di strumento di uguaglianza ed emancipazione per i cittadini di domani. Non per – infine – rivedere a ribasso quel rapporto alunni/docente che – anno dopo anno e per molti anni – è stato ritoccato in eccesso, portando a quelle che qualcuno chiama “classi/aule pollaio” (nelle quali sarà interessante vedere come si configureranno le mitiche barriere in plexiglass, ultima trovata ministeriale); un risultato rincorso non (ovviamente) per conclamate motivazioni didattiche, ma per far fuori progressivamente un numero impressionante di posti di lavoro (e, di conseguenza) di apprendimenti per gli studenti.
Una politica sguaiata e inconcludente, fatta di strategie da condominio di periferia e di promesse vuote e continui cambiamenti di prospettiva, ha reso l’approvazione del decreto scuola una maratona interminabile, intrisa di polemiche, accuse, inutili provocazioni; il provvedimento, varato l’8 aprile, è stato convertito in extremis. Mentre noi, docenti e studenti, attendevamo una parola definitiva. Noi impegnati a varare nei nostri istituti protocolli di sicurezza per l’esame di Stato in presenza: nelle nostre scuole di luglio, affogate nel sole, con guanti e mascherine, immobili, assisteremo – sanificazione dopo sanificazione – ai colloqui dei nostri studenti, senza poter neppure accendere un ventilatore.
Finalmente il via libera è arrivato. Individuata in extremis la cornice giuridica entro la quale si svolgeranno gli esami di Stato nella secondaria di I e II grado, semplificata la procedura concorsuale per il reclutamento, conferiti poteri speciali ai sindaci in materia di edilizia (con quali e quanti fondi sarà da vedere), rimangono alcuni elementi da sottolineare. Cominciamo da un plauso: il provvedimento prevede dal prossimo anno il ritorno, nella scuola primaria, al giudizio descrittivo, in grado di assolvere meglio ad una funzione formativa. Si provvede, in tal modo, a far fuori uno dei tanti atti controversi che il furor numerico della ministra Gelmini (che tagliò, a proposito di numeri, 7 mld alla scuola, insieme a 120mila posti di lavoro, tra personale docente ed Ata) produsse.
Ancora a proposito di numeri, invece, imperversa la polemica tra l’ex ministro Fioramonti, che si dimise in dicembre per aver ricevuto la metà dei 3 miliardi richiesti, definiti allora “fondo di galleggiamento per l’istruzione”, e l’attuale ministro. Tra decreto Rilancio e Cura Italia i fondi per la scuola ammonterebbero a 1,5 miliardi in due anni. Gli investimenti si concentrano prevalentemente su un soluzionismo tecnologico (e tecnocratico) che rifiuta nei fatti di prendere in carico i problemi di una scuola smontata da anni di tagli; una scuola reale, fatta di spazi, strutture, esigenze, fisicità concreta. Continua ad essere insufficiente l’attenzione ad alcuni nuclei critici, che si sarebbero potuti affrontare con un po’ di coraggio e con una visione della scuola quanto meno coerente con quella che il M5S ha sempre rivendicato in periodo elettorale.
Perché non approfittare, come si diceva, per tentare di abbattere il problema delle classi eccessivamente numerose che, oltre a rappresentare un elemento estremamente negativo dal punto di vista didattico, ne configurano – come è di tutta evidenza – uno altrettanto negativo per quanto riguarda la sicurezza? Perché (in tema di esame di Stato) non mettere mano al PCTO (erede della renziana alternanza scuola lavoro), da sempre criticato dal Movimento? Perché, ancora, accogliere, sotto mentite spoglie, la logica della “busta” che tanto biasimo suscitò lo scorso anno e che vede la propria continuazione nel materiale da esaminare, preventivamente predisposto dalla commissione? Il valore legale del titolo di studio – imprescindibile per ribadire la funzione della scuola della Repubblica – dovrebbe poggiare anche su un esame in grado di esprimere il senso emancipante e critico-analitico della cultura.
Quello che spaventa è il rientro: l’impressione è che in troppi (dalla Fondazione Agnelli, all’ANP, da parti del governo e della minoranza, persino dal sindacato che, a più riprese, ha ventilato una contrattualizzazione delle condizioni di didattica a distanza) abbiano in mente di approfittare della pandemia e della Dad (sic!) non come risposta legata all’emergenza, ma per creare condizioni permanenti e definitive. Infatti, il documento partorito dalla commissione di esperti appositamente convocata non fuga questo dubbio, al contrario. Ma di questo parleremo in una prossima occasione.
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Brescia, 22 gen. (Adnkronos) - "Penso che l'Europa non possa rimanere indietro" sulla guida autonoma. L'esortazione è dell'ad di A2a Renato Mazzoncini, nel giorno in cui la multiutility, insieme a Politecnico di Milano e Most ha lanciato a Brescia la prima sperimentazione europea di car sharing a guida autonoma.
"Il tema geopolitico è chiaro: poche ore fa negli Stati Uniti hanno annunciato che mai un'auto cinese a guida autonoma circolerà sul territorio americano, perché temono che una tecnologia di questo genere possa essere pericolosa e penso che lo stesso tema lo abbia l'Europa, che quindi - ha evidenziato Mazzoncini - "deve decidere cosa fare: o ci sviluppiamo la nostra piattaforma oppure prima o poi dovremo aderire a quelle degli altri". Il suggerimento dell'ad, "vista l'importanza anche per la nostra industria e per la nostra ricerca" è di "lavorare su una nostra piattaforma. Negli Stati Uniti hanno deciso di partire da due play ground, Phoenix e San Francisco. Oggi noi lanciamo questo progetto da Brescia, domani in Europa potrebbero essercene altre. Da qualche parte bisogna partire".
E Brescia è un buon posto per farlo. "E' una città dove sapevamo che c'era terreno fertile per la sperimentazione, è sempre successo così. E' successo così con il teleriscaldamento nel 1973, nel 1999 con il grande termovalorizzatore e poi con la metropolitana automatica, la prima in Italia. Una città che recepisce bene e poi ha una dimensione che da laboratorio funziona bene", ha detto Mazzoncini, assicurando che "la sperimentazione rimane a Brescia, anche perché le strade vanno mappate e abbiamo bisogno di un livello di dettaglio molto maggiore". Al termine della sperimentazione, a fine novembre, bisognerà capire cosa fare. La scelta dipende anche dalla risposta che darà la politica. Su questo "siamo confidenti", ha detto l'ad.
Brescia, 22 gen. (Adnkronos) - Parte da Brescia il primo servizio di car sharing a guida autonoma d'Europa: un'automobile che raggiunge da sola il potenziale cliente, gli permette poi di guidare fino a destinazione e riparte in autonomia verso un parcheggio, una stazione di ricarica o un nuovo utente. E' questo il futuro della mobilità urbana immaginato da A2a e Politecnico di Milano, che oggi a Brescia hanno fatto percorrere il primo chilometro a una Fiat 500 elettrica a guida autonoma.
Il progetto, che è parte del programma di ricerca del Most (centro nazionale per la mobilità sostenibile), punta ad affrontare al tempo stesso il problema della congestione del traffico e la sfida della decarbonizzazione. La sperimentazione su strada pubblica è stata autorizzata dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e dal Comune di Brescia in base alle direttive del decreto ministeriale 'Smart Road'. Si tratta del primo test, da qui a fine novembre 2025 ne verranno effettuati altri uno/due al mese, su una vasta porzione del Comune di Brescia, che include il centro storico e i quartieri limitrofi. Ogni test sarà monitorato da un supervisore a bordo del veicolo - come previsto dal Dm70/2018 (Smart Road) - in grado di intervenire tempestivamente in caso di necessità, e da una control room dedicata, situata presso la sede A2a di via Lamarmora, che garantirà il monitoraggio delle operazioni in tempo reale. Una safety car inoltre accompagnerà i veicoli durante la circolazione per segnalare agli utenti della strada la sperimentazione di guida autonoma su strada pubblica in corso.
“Crediamo che il progetto presentato oggi a Brescia rappresenti un passo importante nella definizione della mobilità urbana del futuro", ha detto l’ad di A2a Renato Mazzoncini, sottolineando che "le potenzialità della guida autonoma combinate a quelle del car sharing, possono favorire l’efficientamento degli spostamenti, la fluidità del traffico, un trasporto più sicuro e sostenibile e un progresso nella decarbonizzazione delle città". Dal momento che "nei centri urbani italiani vive oltre il 70% della popolazione, percentuale destinata a superare l’80% nei prossimi anni. Per una Life Company come A2a è dunque importante studiare soluzioni innovative e sostenibili, per contribuire a raggiungere la neutralità climatica, una partita che si gioca e si vince proprio nelle città. La nostra adesione al partenariato Most, uno dei cinque centri nazionali per la ricerca nato con fondi Pnrr e dedicato alla mobilità sostenibile, è stata fondamentale per la nascita di questa iniziativa".
“Brescia si conferma terreno fertile per progetti pilota di rilevanza non solo nazionale. Lo siamo stati oltre cinquant'anni fa con il teleriscaldamento, poi con il termoutilizzatore e con la metropolitana leggera automatica. Oggi proseguiamo su questa strada con un’innovazione che pone Brescia come modello europeo per il futuro della mobilità urbana", ha dichiarato la sindaca Laura Castelletti. "Un’innovazione - ha aggiunto - che ha l’obiettivo di dar vita ad un servizio per i cittadini ampliando la gamma delle proposte per la mobilità sostenibile. Questo progetto è anche una leva straordinaria per la nostra candidatura a Green Capital europea: Brescia è una città che non smette di innovare e di investire in sostenibilità, è la nostra città europea.”
“Questa sperimentazione rappresenta un fondamentale passo in avanti verso nuovi modelli di mobilità sostenibile, raccogliendo e mettendo a frutto anni di esperienze fatte dal Politecnico di Milano nell’ambito delle competizioni su pista di auto autonome, della 1000 Miglia edizione 2023 e 2024 e anche nell'ambito della ricarica wireless dei veicoli elettrici”, ha evidenziato il professor Sergio Matteo Savaresi del Politecnico di Milano.
Per il presidente del Most Ferruccio Resta “questo progetto non è solo un esempio di eccellenza tecnologica, ma un’espressione delle potenzialità generate dall’integrazione di competenze multidisciplinari. Most rappresenta un modello di valore grazie a un approccio collaborativo che supera i confini tradizionali tra pubblico e privato nell’affrontare le sfide della mobilità. Questa capacità di mettere a sistema conoscenze eterogenee permette di accelerare il cambiamento, sviluppando soluzioni concrete che migliorino le città e la vita dei cittadini. È attraverso piattaforme come Most che l’Italia afferma il suo ruolo di laboratorio d’innovazione nella mobilità sostenibile a livello europeo”.
L’iniziativa è stata promossa all’interno del partenariato Most, grazie alla collaborazione tra il team di ricerca e sviluppo di A2a e il gruppo di lavoro Aida (Artificial Intelligence Driving Autonomous) del Dipartimento di elettronica, informazione e bioingegneria del Politecnico di Milano. Parallelamente, insieme a Dipartimento di energia – sezione elettrica del Politecnico di Milano, è in corso lo sviluppo di una soluzione che completi l’esperienza di autonomous driving attraverso un sistema di ricarica wireless (Wpt) per veicoli elettrici. Il prototipo, con una potenza pari a 7 kW, è progettato per aumentare l’efficienza del servizio, eliminando la necessità dell’intervento umano anche durante la fase di ricarica della batteria.
La soluzione integra un setup di hardware avanzato, composto da sensori di ultima generazione, attuatori, servizi di networking e unità di calcolo, con algoritmi di intelligenza artificiale progettati per imitare il comportamento di un conducente umano, garantendo elevati standard di precisione e sicurezza durante la guida. I veicoli possono operare a bassa velocità (fino a 30 km/h), consegnarsi agli utenti, parcheggiarsi autonomamente o dirigersi verso un altro cliente o una stazione di ricarica, riducendo significativamente i rischi e semplificando la gestione del servizio.
Brescia, 22 gen. (Adnkronos) - "Penso che l'Europa non possa rimanere indietro" sulla guida autonoma. L'esortazione è dell'ad di A2a Renato Mazzoncini, nel giorno in cui la multiutility, insieme a Politecnico di Milano e Most ha lanciato a Brescia la prima sperimentazione europea di car sharing a guida autonoma.
"Il tema geopolitico è chiaro: poche ore fa negli Stati Uniti hanno annunciato che mai un'auto cinese a guida autonoma circolerà sul territorio americano, perché temono che una tecnologia di questo genere possa essere pericolosa e penso che lo stesso tema lo abbia l'Europa, che quindi - ha evidenziato Mazzoncini - "deve decidere cosa fare: o ci sviluppiamo la nostra piattaforma oppure prima o poi dovremo aderire a quelle degli altri". Il suggerimento dell'ad, "vista l'importanza anche per la nostra industria e per la nostra ricerca" è di "lavorare su una nostra piattaforma. Negli Stati Uniti hanno deciso di partire da due play ground, Phoenix e San Francisco. Oggi noi lanciamo questo progetto da Brescia, domani in Europa potrebbero essercene altre. Da qualche parte bisogna partire".
E Brescia è un buon posto per farlo. "E' una città dove sapevamo che c'era terreno fertile per la sperimentazione, è sempre successo così. E' successo così con il teleriscaldamento nel 1973, nel 1999 con il grande termovalorizzatore e poi con la metropolitana automatica, la prima in Italia. Una città che recepisce bene e poi ha una dimensione che da laboratorio funziona bene", ha detto Mazzoncini, assicurando che "la sperimentazione rimane a Brescia, anche perché le strade vanno mappate e abbiamo bisogno di un livello di dettaglio molto maggiore". Al termine della sperimentazione, a fine novembre, bisognerà capire cosa fare. La scelta dipende anche dalla risposta che darà la politica. Su questo "siamo confidenti", ha detto l'ad.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - Le opposizioni unite chiamano la premier Giorgia Meloni in aula a chiarire come sia possibile che un libico, ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra, dopo essere stato arrestato a Torino, sia stato rilasciato e accompagnato in Libia con un volo di Stato. Leader e capigruppo di tutte le forze di opposizione hanno convocato una conferenza stampa alla Camera. Presenti i leader di Avs, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, i capigruppo di M5S, Riccardo Ricciardi, e quello di Azione, Matteo Richetti, il leader di Più Europa, Riccardo Magi, Maria Elena Boschi di Iv e la segretaria del Pd, Elly Schlein.
Ed è proprio Schlein a chiudere la carrellata di interventi, rivolgendosi direttamente alla premier: "Meloni la smetta di nascondersi dietro ai suoi ministri. Chiediamo massima trasparenza su una vicenda estremamente opaca. Meloni dichiarava guerra ai trafficanti in tutto il globo terracqueo, ne arrestano uno e lo riaccompagna a casa... Chiediamo che la presidente del Consiglio venga a riferire in aula. Non ci fermeremo finché non avremo chiarezza. Meloni smetta di nascondersi nel Palazzo, chiarisca in Parlamento davanti al Paese". Una chiarezza che, dicono all'unisono le opposizioni, va fatta in Parlamento e non nelle sedute secretate del Copasir e sulla quale, dicono, non sono consentite le "solite scuse".
"Che non ci si nasconda dietro un chiodo, un giudice comunista, qualcosa che possa far gridare a un complotto contro la Meloni, qui la responsabilità è la sua", incalza il pentastellato Ricciardi. "L'unico rimpatrio che è riuscito a fare il Governo di destra è quello di un criminale di guerra con in volo di Stato mentre i pendolari non si riescono a muovere in questo Paese".
Ed ancora Nicola Fratoianni: la vicenda del rilascio di Almasri è "qualcosa di inaudito e che non può passare sotto silenzio. C'è una complicità del nostro governo, del ministro Nordio e della premier Meloni con una persona su cui pende l'accusa di reati gravissimi. Ne va della dignità del nostro Paese che ancora una volta oggi viene calpestata". Il 'collega' Angelo Bonelli invoca le dimissioni di Nordio: "C'era una volta una presidente del Consiglio che aveva dichiarato guerra ai trafficanti di esseri umani per tutto il globo terracqueo. Ora li libera".
"Il Falcon può volare solo con l'autorizzazione di Palazzo Chigi, che ha autorizzato il decollo e riportato questo criminale in Libia. E' un fatto di una gravità inaudita. Il ministro Nordio non ci venga a raccontare sciocchezze su cavilli giudiziari, per quanto riguarda Nordio, con la copertura di palazzo Chigi, è responsabile di questa vicenda e si deve dimettere". E poi Maria Elena Boschi di Iv: "Questo è un governo che fa la voce forte con i deboli, che manda in carcere le donne incinta o con bimbi di pochi mesi e poi accompagna un torturatore, trafficanti di essere umani e autore di violenze sessuali, addirittura con un volo di Stato in Libia".
Per Matteo Richetti di Azione "il punto è politico e Meloni deve spiegare cosa è successo". La questione ora potrebbe avere uno strascico in aula alla Camera dove sta parlando proprio il ministro Nordio. "Su questa vicenda esigiamo una risposta. La chiederemo al ministro Nordio tra poco in aula", dice Riccardo Magi. "Siamo davanti a un qualcosa di scandaloso e inaccettabile sul quale le opposizioni esigono una risposta".
Brescia, 22 gen. (Adnkronos) - Parte da Brescia il primo servizio di car sharing a guida autonoma d'Europa: un'automobile che raggiunge da sola il potenziale cliente, gli permette poi di guidare fino a destinazione e riparte in autonomia verso un parcheggio, una stazione di ricarica o un nuovo utente. E' questo il futuro della mobilità urbana immaginato da A2a e Politecnico di Milano, che oggi a Brescia hanno fatto percorrere il primo chilometro a una Fiat 500 elettrica a guida autonoma.
Il progetto, che è parte del programma di ricerca del Most (centro nazionale per la mobilità sostenibile), punta ad affrontare al tempo stesso il problema della congestione del traffico e la sfida della decarbonizzazione. La sperimentazione su strada pubblica è stata autorizzata dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e dal Comune di Brescia in base alle direttive del decreto ministeriale 'Smart Road'. Si tratta del primo test, da qui a fine novembre 2025 ne verranno effettuati altri uno/due al mese, su una vasta porzione del Comune di Brescia, che include il centro storico e i quartieri limitrofi. Ogni test sarà monitorato da un supervisore a bordo del veicolo - come previsto dal Dm70/2018 (Smart Road) - in grado di intervenire tempestivamente in caso di necessità, e da una control room dedicata, situata presso la sede A2a di via Lamarmora, che garantirà il monitoraggio delle operazioni in tempo reale. Una safety car inoltre accompagnerà i veicoli durante la circolazione per segnalare agli utenti della strada la sperimentazione di guida autonoma su strada pubblica in corso.
“Crediamo che il progetto presentato oggi a Brescia rappresenti un passo importante nella definizione della mobilità urbana del futuro", ha detto l’ad di A2a Renato Mazzoncini, sottolineando che "le potenzialità della guida autonoma combinate a quelle del car sharing, possono favorire l’efficientamento degli spostamenti, la fluidità del traffico, un trasporto più sicuro e sostenibile e un progresso nella decarbonizzazione delle città". Dal momento che "nei centri urbani italiani vive oltre il 70% della popolazione, percentuale destinata a superare l’80% nei prossimi anni. Per una Life Company come A2a è dunque importante studiare soluzioni innovative e sostenibili, per contribuire a raggiungere la neutralità climatica, una partita che si gioca e si vince proprio nelle città. La nostra adesione al partenariato Most, uno dei cinque centri nazionali per la ricerca nato con fondi Pnrr e dedicato alla mobilità sostenibile, è stata fondamentale per la nascita di questa iniziativa".
“Brescia si conferma terreno fertile per progetti pilota di rilevanza non solo nazionale. Lo siamo stati oltre cinquant'anni fa con il teleriscaldamento, poi con il termoutilizzatore e con la metropolitana leggera automatica. Oggi proseguiamo su questa strada con un’innovazione che pone Brescia come modello europeo per il futuro della mobilità urbana", ha dichiarato la sindaca Laura Castelletti. "Un’innovazione - ha aggiunto - che ha l’obiettivo di dar vita ad un servizio per i cittadini ampliando la gamma delle proposte per la mobilità sostenibile. Questo progetto è anche una leva straordinaria per la nostra candidatura a Green Capital europea: Brescia è una città che non smette di innovare e di investire in sostenibilità, è la nostra città europea.”
“Questa sperimentazione rappresenta un fondamentale passo in avanti verso nuovi modelli di mobilità sostenibile, raccogliendo e mettendo a frutto anni di esperienze fatte dal Politecnico di Milano nell’ambito delle competizioni su pista di auto autonome, della 1000 Miglia edizione 2023 e 2024 e anche nell'ambito della ricarica wireless dei veicoli elettrici”, ha evidenziato il professor Sergio Matteo Savaresi del Politecnico di Milano.
Per il presidente del Most Ferruccio Resta “questo progetto non è solo un esempio di eccellenza tecnologica, ma un’espressione delle potenzialità generate dall’integrazione di competenze multidisciplinari. Most rappresenta un modello di valore grazie a un approccio collaborativo che supera i confini tradizionali tra pubblico e privato nell’affrontare le sfide della mobilità. Questa capacità di mettere a sistema conoscenze eterogenee permette di accelerare il cambiamento, sviluppando soluzioni concrete che migliorino le città e la vita dei cittadini. È attraverso piattaforme come Most che l’Italia afferma il suo ruolo di laboratorio d’innovazione nella mobilità sostenibile a livello europeo”.
L’iniziativa è stata promossa all’interno del partenariato Most, grazie alla collaborazione tra il team di ricerca e sviluppo di A2a e il gruppo di lavoro Aida (Artificial Intelligence Driving Autonomous) del Dipartimento di elettronica, informazione e bioingegneria del Politecnico di Milano. Parallelamente, insieme a Dipartimento di energia – sezione elettrica del Politecnico di Milano, è in corso lo sviluppo di una soluzione che completi l’esperienza di autonomous driving attraverso un sistema di ricarica wireless (Wpt) per veicoli elettrici. Il prototipo, con una potenza pari a 7 kW, è progettato per aumentare l’efficienza del servizio, eliminando la necessità dell’intervento umano anche durante la fase di ricarica della batteria.
La soluzione integra un setup di hardware avanzato, composto da sensori di ultima generazione, attuatori, servizi di networking e unità di calcolo, con algoritmi di intelligenza artificiale progettati per imitare il comportamento di un conducente umano, garantendo elevati standard di precisione e sicurezza durante la guida. I veicoli possono operare a bassa velocità (fino a 30 km/h), consegnarsi agli utenti, parcheggiarsi autonomamente o dirigersi verso un altro cliente o una stazione di ricarica, riducendo significativamente i rischi e semplificando la gestione del servizio.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "Vedere il video con cui Almarsi viene accolto in Libia è uno schiaffo in faccia alle persone perbene. Il ministro Nordio non ci venga a raccontare sciocchezze su cavilli giudiziari, per quanto riguarda Nordio, con la copertura di palazzo Chigi, è responsabile di questa vicenda e si deve dimettere". Così Angelo Bonelli alla conferenza stampa delle opposizioni alla Camera.
Roma, 22 gen. (Adnkronos) - "Oggi registriamo è che l'unico rimpatrio fatto dal governo è quello di un criminale di guerra con un areo di Stato. Mentre i cittadini devono fronteggiare i ritardi dei treni, il governo usa i voli di Stato per riportare un criminale in Libia". Così Riccardo Ricciardi, capogruppo M5S, alla conferenza stampa delle opposizioni alla Camera. "Su questa vicenda la responsabilità totale è di Giorgia Meloni".