Donne tra i 25 e i 55 anni, soprattutto mamme. Uomini tra i 30 e i 45 anni, soprattutto single. Vabbè, piace praticamente a tutti la piccola Suzuki, almeno stando a quanto dicono gli uomini del marketing della casa nipponica dopo aver analizzato la clientela della prima Ignis. E’ probabile che lo spettro possa ampliarsi ancora con la New Ignis, presentata il 10 giugno nel corso della prima conferenza stampa automobilistica ad alto tasso di… mascherine e saponi igienizzanti.
Sottoposta a una massiccia operazione di restyling tecnico ed estetico, la reginetta dei suv cittadini ora consuma meno, è più brillante in ripresa, più bellina esternamente (merito delle piastre in stile fuoristradistico e del nuovo muso con la mascherina a elementi verticali) e può contare su altre tre nuove scelte cromatiche piuttosto chic (verde Dublino, giallo Nepal con tetto nero e avorio Nairobi, sempre col tetto nero). Anche se il colore più bello è sempre il rosso Marrakech, che è l’unico pastello e costa pure 800 euro in meno di tutti gli altri, metallizzati.
Due soli gli allestimenti: il Cool e il Top. Visto che nel periodo di lancio, che scatta il 20 giugno, la Suzuki ha deciso di tagliare di 2 mila euro il prezzo di listino ufficiale, l’allestimento Cool con la trazione anteriore costa 14.500 euro. Per il Top con il cambio automatico CVT a 7 rapporti si sale a 16.950 euro mentre lo sfizio del 4×4 porta il prezzo a 17.250 euro. Per ora non è prevista la succulenta accoppiata automatico/trazione integrale ma magari gli attentissimi e certosini “ragionieri” di Hamamutsu ci ripenseranno e daranno il via libera a un’opzione che ai responsabili italiani della Suzuki piacerebbe assai proporre.
Per ora le quattro ruote motrici si possono sposare soltanto con il manuale a 5 marce. Un matrimonio che si è rivelato azzeccato, nel breve test che abbiamo potuto fare sugli sterrati bagnati nei pressi del Golf La Mandria, l’esclusivo circolo golfistica della Torino-bene a due passi da Robassomero, la cittadina dell’hinterland torinese dove ha sede la Suzuki Italia.
Grazie alla posizione rialzata alla guida, ai 18 centimetri di altezza da terra della carrozzeria e ad angoli di uscita degni di un fuoristrada, la giapponesina si rivela davvero a suo agio tra le pozze, la ghiaia e le buche. E ci mette un attimo, tornati in città, o almeno in paese, a rivestirsi da comoda city-car. Comoda anche per chi si siede in seconda fila, dove i sedili sdoppiati possono andare avanti e dietro per 16 centimetri, modulando con una certa versatilità l’abitacolo, che dà una bella sensazione di spazio grazie alla statura della vetturetta. Nonostante sia lunga appena 3,70 metri, la New Ignis non sacrifica eccessivamente la stiva. Che parte da una capacità di 260 litri ma può arrivare sino a 514 litri abbattendo entrambi i sedili posteriori, sdoppiabili.
Per combattere l’inifinita battaglia contro le emissioni di CO2, la nuova Ignis monta un quattro cilindri di 1,2 litri a benzina completamente rivisto. Ha 83 cavalli di potenza ma un picco di coppia ad appena 2.800 giri al minuto (1.600 in meno rispetto al precedente), che gli consente di essere molto più elastico e sollecito. La brillantezza è dovuta anche alle caratteristiche dell’ISG, l’Integrated Starter Generator, che – uno e trino – opera da alternatore, motorino di avviamento e motore elettrico e fornisce potenza aggiuntiva quando chi è al volante ha bisogno di più spunto ai bassi regimi. Grazie alla nuova batteria che alimenta l’ISG, che ha amperaggio triplicato rispetto al precedente (da 3 a 10 ampere) gli interventi a sostegno del motore termico sono decisamente più efficaci e possono, alla bisogna, consumare meno carburante o fornire più carattere alla guida, sia su asfalto che in off-road. A proposito di consumi, con i 3,9 litri di benzina per 100 chilometri (trazione anteriore e cambio manuale) dichiarati da Suzuki nell’uso urbano, il taglio rispetto alla precedente versione benzina è del 26,3% e del 10,6% quello rispetto alla precedente ibrida. Ovviamente, in presenza di trazione integrale o cambio automatico la sete del mini suv aumenta un po’.
Il sistema di infotainement & telcom a bordo della New Ignis è compatibile con tutti gli smartphone Android e Apple, c’è la radio Dab e abbondano gli accrocchi di ausilio alla guida semiautonoma, che Suzuki allegramente ribattezza “Attentofrena” (che aiuta a evitare le collisioni e a minimizzare eventuali danni), “Guidadritto” (per mantenere la corsia di marcia) e “Restasveglio” (quando l’auto comincia a ondeggiare, s’attivano suoni e luci come a Fuorigrotta per dare una mossa al guidatore abbioccato…).
In piena pandemia, il 15 marzo, la Suzuki ha festeggiato il suo primo secolo di vita da società per azioni. Nel 1909, Michio Suzuki aveva realizzato il primo a telaio a pedale per alleviare le fatiche della mamma tessitrice. Nel 1920, un anno drammatico per l’economia giapponese travolta dalla crisi post-bellica, con la Borsa di Tokyo a picco e i fallimenti catena, Michio Suzuki decise coraggiosamente di trasformare la sua azienda in società per azioni, fondando la Suzuki Loom Manufacturing Co. Gli andò bene e qualche anno dopo cominciò a produrre biciclette elettriche, per poi allargarsi alle auto, le moto, i motori morini. In un cent’anni, a livello consolidato, la Suzuki non ha mai chiuso neppure un bilancio in rosso.
Nell’esercizio chiuso il 31 marzo 2020, il fatturato è calato del 9,9% (a causa soprattutto del rallentamento delle vendita in India, sul quale insieme all’alleato Maruti la Suzuki controlla circa la metà del mercato) e dell’apprezzamento della yen. Poi, pesantissima ciliegina sulla torta, è arrivato il Covid. Di fieno in cascina, in questi anni, con una filosofia permeata dalla massima attenzione ai costi, ad Hamamatsu ne hanno messo parecchio. Michio Suzuki, magari, approfitterebbe della crisi per fare nuovi investimenti, come durante lil tracollo del 1920. Ai suoi eredi, invece, basterebbe probabilmente proseguire la lunghissima striscia di risultati positivi, rosicchiando pian pianino quote di mercato. Come stanno facendo i “giapponesi-piemontesi” di Robassomero, che nel 2019 hanno raggiunto la soglia psicologica del 2 per cento nel campionato tricolore delle quattro ruote e quest’anno potrebbero incrementare percentualmente la propria fettina della torta, vendendo meno macchine dell’anno scorso ma riuscendo a rallentare meno di alcuni concorrenti. Quando la torta rimpicciolisce il gioco si fa ancora più duro.