Continua l'indagine della comissione Antimafia sulle scarcerazioni durante l'emergenza coronavirus. Palazzo San Macuto vuole capire come è nata quella nota del Dap e se ha avuto come fine proprio la concessione dei domiciliari ai detenuti pericolosi. Caterina Malagoli, direttrice dell'ufficio Alta Sicurezza del Dap: "Non fui informata, ne sono venuta a conoscenza in modo casuale ma dissi subito ai miei superiori che quel documento avrebbe creato grossi problemi, molte polemiche. Romano mi rispose che aveva documentato tutto ed era stata condivisa". Romano è il dg Trattamento detenuti del Dap e sta emergendo come il protagonista di questa storia. La mail al medico: “Sto spiegando al Ministero l'importanza di una norma che faciliti la detenzione domiciliare”
La direttrice dell’ufficio Alta Sicurezza, cioè quello che si occupa dei detenuti più pericolosi, non venne consultata prima che la Direzione generale detenuti del Dap inviasse ai penitenziari l‘ormai nota circolare del 21 marzo scorso. Fu firmata di sabato dalla funzionaria di turno, Assunta Borzacchiello, per il Direttore Trattamento, Giulio Romano, in quel momento in telelavoro da casa. “Ne sono venuta a conoscenza solo dopo che era stata emanata. E anche in modo casuale, nel senso che non mi è stata notificata”, ha raccontato la dottoressa Caterina Malagoli, per anni pm a Palermo e dal 2018 al Dap, durante la sua audizione davanti alla commissione Antimafia. L’organo guidato da Nicola Morra sta continuando la sua indagine sulle 223 scarcerazioni concesse a detenuti appartenenti a organizzazioni criminali come Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra, durante l’emergenza coronavirus. È questo, infatti, il numero esatto dei carcerati in regime di Alta sicurezza e 41bis che hanno ottenuto i domiciliari, come hanno detto alla Commissione prima il ministro Bonafede e ieri la stessa Malagoli, e non dunque quello più che doppio divulgato all’inizio.
“Sfollare le carceri” – Numeri a parte, Palazzo San Macuto vuole capire come è nata quella nota del Dap e se ha avuto come fine proprio la concessione dei domiciliari ai detenuti. “Giulio Romano – ha raccontato Malagoli – mi disse che quella nota era stata redatta proprio per il problema del contagio del Covid e per sfollare gli istituti penitenziari. Che era un’esigenza anche del comitato della salute penitenziaria che consigliava di promuovere e favorire in tempi brevi delle linee guida per sfollare le carceri“. Malagoli in sostanza conferma quanto aveva già fatto intendere il dottor Giulio Starnini, il dirigente dell’Unità Medicina Protetta dell’ospedale Belcolle (Viterbo) sentito mercoledì scorso. La nota del sabato 21 marzo non era stata pensata per effettuare un mero monitoraggio dei detenuti a rischio Covid-19 ma per propiziare quell’effetto ‘sfollacarceri‘ che avrebbe coinvolto anche carcerati più pericolosi, come spiegarono al fattoquotidiano.it alcune fonti interne all’ambiente penitenziario in quei giorni. Cosa che poi è effettivamente successa in seguito alla circolare per effetto dei provvedimenti autonomi dei magistrati.
Chi è il dottor Giulio Romano – Giulio Romano emerge sempre più come il protagonista di questa storia. Magistrato di grande esperienza, già membro del Csm nella consiliatura 2006-2010, ricordato come estensore della sentenza di condanna disciplinare contro l’allora pm Luigi De Magistris e per essere l’unico membro togato ad essersi astenuto quando il Csm ha votato contro la riforma-bavaglio delle intercettazioni di Angelino Alfano nel 2009. A sorpresa Romano, nell’era del Governo Pd-M5s, con Alfonso Bonafede ministro della Giustizia e Francesco Basentini a capo del Dap, è divenuto il direttore generale dell’ufficio Detenuti.
Il Cura Italia escludeva mafiosi – Romano edita materialmente la circolare sul suo computer e la invia poi per la firma materiale ad Assunta Borzacchiello, capa del Cerimoniale: è lei la sola dirigente di turno in ufficio il 21 marzo, sabato appunto. Il dettaglio non è secondario: come vedremo, infatti, quella nota viene concepita, preparata e diffusa nel week end di lockdown. Grazie alle audizioni della Commissione Antimafia si comincia a capire meglio come sono andate le cose. Tutto inizia solo 24 ore dopo che il governo ha già varato alcune norme per alleggerire la pressione nelle carceri. Il 17 marzo con il decreto Cura Italia, infatti, l’esecutivo incentiva la concessione dei domiciliari ai detenuti per reati minori e con meno di 18 mesi ancora da scontare. Quelle norme – secondo i dati del ministero della Giustizia – liberano le carceri sovraffollate di circa 6mila detenuti. Gli altri, quelli con pene più pesanti e considerati pericolosi, sono stati volutamente esclusi da quei benefici dal guardasigilli Alfonso Bonafede. Più di 200 detenuti in carcere per reati della categoria più grave, però, riusciranno comunque a tornare a casa, seppure molti di essi solo per un paio di mesi.
L’indagine dell’Antimafia – Da qui cominciano una serie di interrogativi che la commissione Antimafia sta ponendo durante le sue audizioni. Perché quella circolare viene diffusa durante il fine settimana? Che urgenza c’era visto che per limitare il contagio nei penitenziari l’esecutivo si era già mosso quattro giorni prima? Il Dap ha sempre smentito che quella nota avesse a che vedere con le scarcerazioni dei mafiosi ordinate dai tribunali di Sorveglianza. Già il 21 di aprile l’amministrazione penitenziaria diffonde un comunicato stampa in cui quel documento viene definita come un semplice “monitoraggio“. Il ministro Bonafede alla Camera il 7 maggio disse tra gli applausi dei M5S: “La Costituzione non lascia spazio a ipotesi in cui la circolare di un direttore generale di un dipartimento di un Ministero possa dettare la decisione di un magistrato. Le scarcerazioni richiamate sono decisioni giurisdizionali di natura discrezionale impugnabili (…) La citata circolare del 21 marzo 2020 si limitava a prevedere la trasmissione all’autorità giudiziaria – da parte delle direzioni – dei nominativi dei detenuti che si trovassero in particolari condizioni di salute; nient’altro”. E in effetti è quello che c’è scritto nella circolare. Mercoledì scorso, però, la Commissione Antimafia ha acquisito un carteggio che dimostra come invece l’intento del direttore generale Detenuti Romano era proprio favorire la detenzione domiciliare dei detenuti esclusi dal primo decreto, il Cura Italia, evidentemente considerato riduttivo.
La mail: “Facilitare detenzione domiciliari detenuti” – Il giorno dopo l’emanazione del decreto Cura Italia che prevedeva all’articolo 123 la detenzione domiciliare per chi doveva scontare meno di un anno e mezzo di pena salvo i soggetti pericolosi indicati, Romano si muove al ministero di Giustizia per allargare anche ai detenuti esclusi la possibilità di andare a casa. Lo si scopre leggendo le mail tra Romano e il dottor Starnini che Il Fatto pubblica in fondo a questo articolo. Alle 8 e 39 di mattina del 18 marzo, Romano scrive al dottore del Dap: “Dottore per cortesia giorni fa mi ha inviato per le vie brevi un elenco di malattie in ragione delle quali i detenuti sono particolarmente esposti a rischi in caso di contagio Covid, sto spiegando al Ministero l’importanza di una norma che faciliti la detenzione domiciliare per detta categoria di detenuti. Tuttavia vogliono, per approfondire il tema, qualcosa di più formale ed ufficiale. Potrebbe inviarmi una nota ad hoc in cui si elencano in modo formale/ufficiale le dette patologie? Grazie e scusi”. Starnini il 19 marzo risponde con una mail ufficiale: “Si chiede di valutare l’opportunità dell’applicazione di misure alternative alla detenzione per i soggetti affetti dalle seguenti patologie…”. Segue un elenco di patologie gravi come l’Hiv o il diabete scompensato o l’insufficienza renale ma in coda c’è anche una condizione che non è una patologia: “Soggetti di età superiore ai 70 anni”.
Il dettaglio: liberi gli over 70 – Mercoledì durante l’audizione in Commissione Antimafia l’ex presidente del Senato ed ex procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso ha incalzato Starnini sul punto: “Lei quando inserisce il termine di 70 anni sa che non c’è un detenuto comune sopra i settanta anni. Solo i detenuti pericolosi stanno in carcere sopra i settanta anni e secondo il Cura Italia non dovevano uscire. Il Governo si era posto il problema e li aveva esclusi. Chi le ha chiesto di dare quegli elementi (…) non dico per finalità di altro genere ma per diminuire la presenza in carcere?”. E Starnini ha risposto che era stato il direttore generale Romano. “Io il limite d’eta l’ho contestato subito – ha detto ieri la dottoressa Malagoli – Io conosco chi sono i detenuti, ho i numeri. Al 41bis, soprattutto tra i siciliani di Cosa nostra, la maggior parte è gente ultrasettantante”.
Le “interlocuzioni col ministero” – Leggendo con attenzione le mail del 18 marzo e 19 marzo è chiaro l’intento perseguito da Romano con la cooperazione di Starnini: “Una norma che faciliti la detenzione domiciliare” ovvero “ l’applicazione di misure alternative alla detenzione”. Inoltre dalla mail del 18 marzo è chiaro che il magistrato chiede al medico la lista delle patologie (e dell’età) suddetta per ottenere dal ‘ministero’ una norma di legge che favorisse la detenzione domiciliare dei detenuti esclusi dall’articolo 123 del decreto 17 marzo, appena entrato in vigore. Nella mail Romano non spiega a Starnini chi fosse l’interlocutore del ‘ministero‘ a cui doveva spiegare l’utilità della scarcerazione dei detenuti per reati gravi. Il dottor Starnini ha spiegato a Morra che non si era permesso di chiederlo al direttore generale. Il presidente della Commissione ha annunciato l’intenzione di porre quella domanda a Romano quando sarà audito a San Macuto. Una cosa è certa: a chiunque fosse riferita l’interlocuzione con il ‘ministero’, il direttore Romano non ottenne la norma che voleva. Mentre quell’elenco di patologie stilato da Starnini finirà citato in apertura della circolare inviata dal Dap ai penitenziari. Anzi, forse proprio per lo stop del ministero a una nuova norma Romano scrisse la nota-circolare del 21 marzo. Non quindi per realizzare un neutro ‘monitoraggio’ dei detenuti a rischio ma proprio per realizzare lo scopo iniziale cioè la detenzione domiciliare, preclusa per via normativa e per questo perseguita per la via amministrativa. Ora, sempre grazie alle audizioni della Commissione Antimafia, si scopre che Romano non celava agli uffici questo suo intendimento.
L’accusa della dirigente: “Quella circolare era pericolosa” – Già a marzo Caterina Malagoli, ex procuratrice antimafia prima a Palermo e poi in Dna, dal 2018 al ministero e da febbraio 2019 dirigente dell’Ufficio V Alta Sicurezza del Dap, aveva avvertito i suoi superiori del rischio rappresentato da quella circolare (che però tecnicamente è una nota). I suoi superiori sono il direttore generale Romano e l’ex capo del Dap, Francesco Basentini, che si è dimesso l’1 maggio scorso proprio a causa delle polemiche provocate dalle scarcerazioni. “Io non ho condiviso, ne ho avuto conoscenza casualmente dopo la sua emanazione, sono rimasta stupita e ho comunicato le mie perplessità: il proposito era buono ma per me bisognava fare dei distinguo sui detenuti in alta sicurezza, dissi che rischiavano di uscire persone pericolose per questa cosa. Ma Romano riteneva non sarebbe accaduto perché c’è un magistrato di sorveglianza che valuta la pericolosità del soggetto. Lui riteneva che non ci fosse il pericolo, per me invece sì. Romano disse che l’avevano valutata. Ne parlava in senso positivo per deflazionare il carcere, per il problema di affollamento e i rischi del contagio. A Basentini ho mostrato la stessa critica: gli dissi che la circolare era pericolosa“, è l’atto d’accusa di Malagoli. Insomma la direttrice dell’ufficio Alta sicurezza, cioè l’ufficio che ha competenza su 10mila detenuti per reati gravi, in testa gli ex detenuti all’isolamento del 41 bis e poi la criminalità organizzata e i terroristi nonché i collaboratori di giustizia, racconta di aver avvertito per tempo i suoi superiori, prima che venisse concesso di lasciare il carcere a boss del livello di Francesco Bonura, Vincenzo Iannazzo e Pasquale Zagaria.
L’ex pm di Palermo sostiene di essersi lamentata più volte col dg Romano: “Io ho chiesto anche di revocarla perché poi ci fu quella che io chiamo la tragedia, ossia l’uscita dal carcere di alcuni soggetti. Se l’avessero condivisa con me io avrei suggerito degli accorgimenti per evitare l’applicazione a detenuti pericolosi. Quando feci questo appunto, Romano disse che la vita e il diritto alla salute vale per tutti i detenuti, e secondo lui non si poteva distinguere tra detenuti di serie A e B. Io, però, dissi che in ogni caso questa circolare, secondo me, avrebbe creato grossi problemi, molte polemiche. Romano mi rispose che aveva documentato tutto ed era stata condivisa“. Condivisa con chi? “Mi disse – continua la dirigente del Dap – che c’era stata una videoconferenza il venerdì e si era deciso che la circolare andava bene”. Malagoli ignora i riferimenti con i quali Romano ha condiviso la stesura della nota, ma ne critica modi e tempi di diffusione. “Ho contestato l’urgenza di fare quella circolare in poco tempo e Romano mi ha detto che era da un po’ che ne discutevano, poi si sono convinti. Non conosco gli altri soggetti con cui ne parlava, sicuramente Basentini ma non conosco gli altri”. Sarà Giulio Romano in persona a riferire i nomi dei suoi interlocutori durante l’audizione a San Macuto prevista per la prossima settimana.
Il contesto, le rivolte, la denuncia dei Radicali – Il presidente della Commissione Nicola Morra sembra molto interessato a capire perché Giulio Romano si è mosso per ampliare la platea dei detenuti scarcerati ai domiciliari dopo il Decreto Cura-Italia. “Se il giorno prima è stata emanata una norma, io qui leggo il tentativo per altra via, forse amministrativa, di far ciò che il legislatore non aveva concesso”, ha commentato durante l’audizione di Malagoli il presidente di San Macuto. Il clima in quei giorni era rovente. Dopo le rivolte dell’7-9 marzo e dopo il decreto del 17 marzo che svuotava le carceri dei detenuti a fine pena, infatti, il 19 marzo i Radicali avevano presentato una denuncia in tutte le Procure italiane contro il ministro Bonafede e il direttore del Dap Basentini per procurata epidemia colposa mediante omissione. Forse il Dap in quella fase critica potrebbe avere temuto conseguenze, non solo giudiziarie ma anche di ordine pubblico, in caso di un aumento dei contagi e delle morti tra i detenuti.
Le dimissioni congelate di Romano – Durante la sua audizione Romano sarà probabilmente interpellato su un altro passaggio: il suo incarico al Dap. Il magistrato, infatti, si è dimesso il 23 maggio scorso e il Csm ha già approvato il suo rientro in ruolo. Al momento però è ancora al suo posto nell’ufficio di direttore generale detenuti al Dap. “Romano – ha spiegato Malagoli – è ancora in servizio, ha dato le dimissioni ma credo che sia autorizzato a restare fino a fine giugno. Io credo che il dottore Romano – ha chiosato Malagoli – non voglia lasciare l’ufficio abbandonato in questo momento drammatico e gli abbiano accordato di rimanere finché non verrà sostituito”.
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