“Da noi tutto bene a Riyadh, da ieri il lockdown completo è stato levato e ci sarà una riapertura lenta entro il 21 giugno. E il ritorno alla normalità”, a parlare è Diana Segantini, carismatica protagonista della cultura in Arabia Saudita. Ho conosciuto Diana in Engadina un attimo prima dell’esplosione del Covid. Sembra un’altra era. Dirottata da Malpensa via Zurigo-Ginevra-Riyadh alle sue spalle si chiudevano le frontiere del mondo. Ad oggi l’Arabia Saudita ( 112.914 casi e 819 morti) è scivolata al 16esimo posto nella classifica della piattaforma internazionale Worldometers.
Dopo tanto lockdown al solo pronunciare il nome Segantini vengono in mente paesaggi sublimi dell’Engadina, vacche all’abbeveratoio, contadine e pecore al pascolo. Diana Segantini non dipinge ma l’humus che l’ha nutrita è quello. Un curriculum kilometrico: laurea in Relazioni Internazionali e Storia dell’Arte a Ginevra, master a Londra, ancora un dottorato in Storia del Mondo Arabo all’Istituto Orientale di Napoli dove ha vissuto cinque anni (e basta questo per rendermela già simpatica). Parla perfettamente dieci lingue fra cui l’italiano e l’arabo. Con il Sud e dintorni Diana ha conservato un rapporto privilegiato e, vista l’incertezza generale, non avendo ancora pianificato le vacanze con la famiglia, non esclude un Grand Tour fra Napoli, Capri e le isole Eolie.
A Riad, capitale dell’Arabia Saudita, è in atto una rivoluzione culturale, lei è una delle artefici. E’ stata appena chiamata a “disegnare” una nuova Raid, da poco aperta al turismo, che punterà sulle donne nei posti chiavi. Il principe ereditario, Mohammad bin Salman, detto MbS, continua, a piccoli passi il suo piano di riforme, da Riad a Gedda si moltiplicano i locali “misti” dove uomini e donne possono sedersi e chiacchierare. E già la chiamano la “rivoluzione del caffè libero”. E’ da poco che le saudite possono anche guidare e andare allo stadio per seguire la loro squadra del cuore.
Diana farà progettare musei e altre istituzioni culturali che faranno di Riad la capitale d’arte contemporanea nel mondo arabo. Sceglierà lei gli archi/star che in tempo record abiteranno il futuro che vive sempre di più di contaminazione di generi. Chi meglio di lei può interpretare tutto questo. Dove ha fallito il leggendario Lawrence D’Arabia, sta seminando Diana D’Arabia. Si aspettano buoni raccolti di “democratizzazione” da parte di una delle più antiche monarchie assolute islamiche. Sono qui concentrate le più grandi riserve di petrolio del mondo. Anche se MbS vuole ridurre la dipendenza dal petrolio ( che ovviamente non è inesauribile e dopo l’emergenza Covid è sceso ai suoi minimi storici) e aumentare l’occupazione femminile ferma al 16%. Il suo piano economico si chiama “Visione 2030”.
Luce, luce dalla cupola dell’atelier di Giovanni Segantini, uno dei geni dell’arte del diciannovesimo secolo, sono sopraffatta da tanta luce. Eppure il maestro dentro il suo atelier non ci dipinse mai, prendeva la tela sotto braccio, pennelli e tavolozza di colori e la posizionava davanti a quelle vette mozzafiato.
Diana, pronipote di Giovanni ( era il suo bisnonno) e oggi responsabile della Fondazione “Segantini Unlimited”, mi accompagna a fare un tour tra i ricordi di famiglia (lettere, poesie, tele, testimonianze) nell’atelier collegato allo chalet di famiglia del Maloja dove il maestro trascorse gli ultimi anni della sua vita con la moglie Bice e i quattro figli.
Anche il nonno di Diana, Gottardo, era pittore, ha raccolto lui l’eredità artistica del padre che morì precocemente di peritonite acuta all’età di 41 anni lasciando incompiuto il trittico ( La Vita, La Natura, La Morte), forse la sua opera più significativa, che sarebbe dovuto andare all’ Expo Universale di Parigi del 1900. Scriveva Giovanni poco prima di morire: “Ho attraversato tutta l’eterna pianura della tristezza e del dolore, ho visto fiori nel fango e fango coprirsi di petali, ho visto fiori piangere e vermi sorridere… ne uscii nauseato, il cuore lacero… la vita non poteva avere valore che pel il godimento dei sensi intellettuali, ecco il perché mi isolai”.
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Grazie Guido Ciompi