Lo scrittore non è imparentato con il Murakami Haruki autore di bestseller come 1Q84 o Norwegian Wood che chiunque abbia messo piede in una libreria ormai conosce. Nonostante non sia così conosciuto in Italia, Murakami Ryū è tra gli autori contemporanei giapponesi più importanti della sua generazione e oggetto di culto per gli appassionati della letteratura pulp e minimalista. Nato nel 1952 e figlio di due insegnanti, allo studio Ryū preferisce la letteratura americana e il rock (e i rimandi a Rolling Stones, Led Zeppelin e Doors sono costanti nei suoi libri fin da questo esordio). All’età di 24 Murakami scrive Blu quasi trasparente, romanzo che gli vale il premio Gunzō per scrittori esordienti e il prestigioso premio Akutagawa, massima onorificenza letteraria in Giappone.
Il romanzo, però, divide la critica dell’epoca e scatena polemiche. La giuria si divide tra chi esalta la novità del romanzo e chi ne denuncia la decadenza e il nichilismo. In effetti, si tratta di un libro choc per il lettore giapponese degli anni ‘70 ma anche per il lettore contemporaneo. Attraverso uno stile crudo – definito dal curatore per l’edizione italiana Bruno Forzan “chirurgico” – l’autore mette in scena un gruppo di personaggi ai margini della società, reietti che attraverso una routine di abuso di droghe e sesso estremo costituiscono un’anomalia all’allora rigida e opprimente società del Sol Levante.
Protagonista della vicenda è Ryū, alter ego dell’autore, che vive in prossimità di una base americana (siamo nel contesto storico del Giappone che subisce ancora le ripercussioni post belliche) e organizza quelli che per tutto il libro sono definiti “party”, feste per i militari americani a base di sesso, gang bang, droghe ed esperienze estreme. Il punto forte e dirompente dell’opera sono proprio queste scene, descritte attraverso uno stile freddo, oggettivo, senza nessun riferimento ai sentimenti. I personaggi entrano ed escono dalle scene in modo fulmineo e, nonostante non siano descritte le loro storie personali, Murakami è in grado di rendere la loro profonda sofferenza, il loro nichilismo e la loro volontà e incapacità di staccarsi dall’opprimente società che li circonda. Queste esperienze e il dolore, procurato da altri o autoinflitto, diventano l’unico modo per i personaggi per evadere dalle convenzioni, per non sentire più nulla e perdersi. E, citando la postfazione di Bruno Forzan, lo stesso Murakami “ci dice come il tema centrale sia il ‘senso di perdita’ del benessere nella società giapponese contemporanea”.
Quella rappresentata da Murakami è la generazione post ‘68, senza gli ideali che animarono i moti studenteschi e senza una direzione nella vita. Il romanzo ebbe un’eco incredibile per un esordiente. Tradotto in diverse lingue, il libro e l’autore diventano modello non solo in patria, ma anche in altri Paesi. Nel 1977 appare la prima traduzione in lingua inglese e la scrittura precisa e affilata come un bisturi di Murakami (confermata nei romanzi successivi come Coin Locker Babies e Tokyo Soup) sembra anticipare quella famosa stagione
letteraria minimalista e pulp che vede tra i suoi capifila Bret Easton Ellis o Chuck Palahniuk.
Ma Blu quasi trasparente non è solo un romanzo esagerato in cui si alternano senza soluzione di continuità sesso e sangue. Dalle crude rappresentazioni della realtà dei protagonisti emergono poesia e bellezza. Una bellezza degradata e che spesso fa male al lettore ma, come lo stesso Murakami Ryū fa dire al personaggio, anche nel degrado “ogni cosa irradia luce propria”.