Rifiutando l’invito del governo al workshop infelicemente denominato “Stati Generali”, indetto allo scopo di ragionare sulle possibili ripartenze post Covid-19 (ammesso che sia post), Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno dato prova di sagacia e grande intelligenza tattica: che ci andavano a fare in quella che dovrebbe essere una vetrina di idee originali, al limite della sfrontatezza creativa, loro che di idee non ne hanno nemmeno una, che non sia un’invettiva ululata da comizio? L’Italia intera se ne farà una ragione per l’occasione perduta di ascoltare il loro inconsulto vociare.
Semmai il vero problema per il Premier, ideatore e primo promotore dell’appuntamento, sarà quello di trovare le tanto attese “menti brillanti”, che dovrebbero illuminare con il sapere innovativo, soprattutto la loro genialità, quella chiamata a raccolta tra le mura di palazzo Doria Pamphili. Merce rara, per non dire estinta, nell’Italia che da decenni affonda nella mediocrità; come ha certificato il farsi da parte nel team di Vittorio Colao l’intelligenza prestigiosa di un intellettuale che ha trovato la propria consacrazione all’estero, quale Mariana Mazzucato.
Appunto, l’ineffabile Rapporto Colao, riprova evidente delle difficoltà incontrate da Giuseppe Conte nell’arruolare personale a misura della task force che dovrebbe innescare un svolta epocale – si potrebbe dire “l’avvio di un’epopea civile” di rinascita nazionale. L’uscita dall’interminabile “bonaccia del mar delle Antille” (copy Italo Calvino) in cui è immobilizzato il nostro Paese.
Infatti il dirigente d’azienda bocconiano Colao, già bancario Morgan Stanley e con passaggi nei settori della telefonia e della distribuzione, saprà tutto di bilanci e tagli di organici (ovviamente competitivi) ma non possiede alcun titolo per indirizzare un’operazione rifondativa in senso democratico/inclusivo dopo le catastrofi del mix reazionario neoliberismo e finanziarizzazione. Difatti il documento che reca la sua firma è un insipido polpettone di tutti i luoghi comuni destrorsi del mainstream manageriale.
Il fatto è che nelle ganasce della tenaglia, rappresentata dalla cultura dell’effimero e dalla fuga all’estero dei giovani più talentuosi, il nostro dibattito pubblico è rimasto appannaggio di personaggi minimi rispetto ai loro predecessori; sul piano morale prima che scientifico. Cito a caso: economisti come Paolo Sylos Labini, sociologi tipo Luciano Gallino, giuristi a livello di Stefano Rodotà dove sono finiti?
Di certo sappiamo dove sono finite le nostre facoltà universitarie e i loro luminari nei ranking internazionali. Valga per tutti – parlandone da vivo – l’esempio di Alberto Alesina, che nel 1998 ebbe il suo quarto d’ora di celebrità internazionale sostenendo la teoria de “l’austerità espansiva” (Tales of fiscal adjustements): l’idea che le politiche restrittive avevano favorito lo sviluppo economico; smascherate persino dai ricercatori del Fronte Monetario, rivelando che i dati forniti dal noto economista non avevano corrispondenze effettive.
La pietra tombale sulla non lusinghiera vicenda porta la firma del premio Nobel Paul Krugman: “priva di attendibilità”. Eppure il nostro eroe ha continuato a discettare nelle testate nazionali sull’ossimoro “liberismo di sinistra”; insieme al socio Francesco Giavazzi. Per la gioia dell’establishment; con relative chances di visibilità e vantaggi di carriera offerte ai certificatori degli interessi dominanti come verità indiscutibili.
E che dire dei pensosi frequentatori dei talk show, che appena prendono la parola capisci subito a quali datori di lavoro o a quali clientele di lettori “stanno lisciando il pelo”. Effetto di una lunga opera diseducativa, che partendo dalla politica ha infettato l’intera società diffondendo l’idea di monetizzarne ogni ambito.
Insieme alla astenia mentale, tendente alla paralisi, indotta da sedicenti format di comunicativi ridotti a un singulto. E infine ci sono le star, che spendono i lasciti di loro antiche stagioni fertili campando di rendita. Chi ne ha piacere riempia con nomi e cognomi le caselle vuote di questo mio post.