La caserma “Serena”, che si trova nel comune di Casier, alle porte di Treviso, è da tre giorni una specie di bomba umana innescata. A causa della positività al Covid accertata prima su un operatore pakistano rientrato da un periodo di permanenza in Asia, poi su uno dei 320 migranti ospitati in attesa di verifica dello status di rifugiato politico. Tutti sono stati messi in quarantena, ma hanno dato vita il primo giorno a una rumorosa manifestazione di protesta, temendo di perdere il posto di lavoro, visto che non possono uscire. Il secondo giorno le proteste sono sfociate in una rivolta, con un medico, alcuni sanitari e personale del Centro di accoglienza costretti a rifugiarsi nella guardiola, dove sono stati tenuti in assedio. La tensione rischia di diventare sempre più alta, anche perché il leader leghista Matteo Salvini ha chiesto l’intervento del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese.
Tutto è cominciato l’11 giugno, quando un 30enne pakistano, ex ospite, ma ora operatore assunto dalla cooperativa Nova Facility come addetto alle pulizie (vive e lavora nel centro), è risultato positivo al Covid-19, con febbre alta e ricovero nel reparto di malattie infettive. La notizia è stata comunicata ai 320 stranieri, con l’annuncio della quarantena e dei tamponi. Sono stati i nigeriani a inscenare la prima protesta, bloccando gli accessi. “Non vogliamo essere rinchiusi di nuovo, non vogliamo tornare in quarantena”, hanno cominciato a gridare. Solo dopo parecchie ore i sanitari hanno potuto cominciare la campagna di screening.
Venerdì 12, la rivolta. Un gruppetto di richiedenti asilo ha spintonato e minacciato due medici dell’Usl 2 e un’assistente sanitaria del Servizio Igiene e Sanità pubblica. Anche il responsabile del Centro e alcuni operatori sono stati circondati. Si sono rifugiati nella guardiola per evitare il peggio. L’uso di idranti da parte dei vigili del fuoco e l’intervento di carabinieri e poliziotti ha permesso di liberarli. In totale i tamponi effettuati sono stati 349, 321 agli stranieri e 28 agli operatori della cooperativa che gestisce il Centro. Uno dei tamponi, che riguarda un nigeriano di 34 anni, ha dato esito positivo. Per questo l’uomo è stato ricoverato in ospedale, anche se è asintomatico.
“Abbiamo avuto paura. Una ventina di richiedenti asilo, guidati da alcuni caporioni, ci hanno accerchiato impedendoci di uscire. Si sono schierati davanti ai cancelli. Nei tafferugli sono stata spinta a terra e sono caduta. Poi siamo rimasti asserragliati per mezz’ora. Abbiamo messo degli armadi davanti alla porta per evitare che qualcuno riuscisse a entrare. Continuavamo a sentire urla e botte. Poi, per fortuna, le forze dell’ordine sono venute a liberarci”. Questo il racconto di Anna Pupo, medico del dipartimento di Prevenzione dell’Usl trevigiana.
Il prefetto Maria Rosaria Laganà ha spiegato alla stampa i provvedimenti adottati: “Fino al 21 giugno nessuno potrà entrare o uscire. Manterremo un cordone di sicurezza in modo da evitare che qualcuno faccia il furbo. Fortunatamente il contagio è stato evitato. La stragrande maggioranza delle persone ospitate è tranquilla e si è comportata benissimo. Ma ci sono stati alcuni capi popolo che hanno provato ad approfittarne e provocato l’incidente”.
Intanto è scoppiata la polemica politica. Matteo Salvini, segretario della Lega, ha chiesto la chiusura della caserma e l’intervento del ministro Lamorgese. Gli ha risposto il sottosegretario Achille Variati: “Se in una comunità si riscontra anche un solo positivo, tutti i suoi membri vanno sottoposti a tampone e ad un periodo di isolamento. Non accetteremo né provocazioni né ribellioni. Questa struttura è nata nel 2015 e quando Salvini era vicepremier e ministro dell’Interno non ha ritenuto di chiuderla”.