Al Delle Alpi è come giocare sempre fuori casa”. Con questa frase l’avvocato Agnelli sentenziò la condanna a morte dello stadio Delle Alpi, il più grande errore di Italia ‘90, almeno sotto il profilo dell’impiantistica sportiva. 160 miliardi di lire, con il rincaro più alto di tutta la manifestazione (+214% sul preventivo), per uno stadio durato appena 16 anni: inaugurato nel ’90, fu chiuso nel 2006 e abbattuto nel 2009. Fra queste due date c’è la storia di uno stadio disgraziato, troppo grande per le reali esigenze della città (eccessivi 69mila posti), pure scomodo per l’enorme pista di atletica pretesa dal Coni e quasi mai utilizzata, sempre mezzo vuoto, costoso e poco redditizio. Un disastro, insomma. Ad averne segnato il destino non furono solo i suoi difetti, ma anche gli interessi economici dei club, Juventus e Torino, che speravano di avere qualcosa di meglio e per questo gli dichiararono guerra, arrivando anche a minacciare il Comune di lasciare la città. Ed è così che a inizio Anni Duemila ci fu la svolta, con lo zampino di un altro grande evento sportivo, i Giochi di Torino 2006: con l’occasione delle Olimpiadi, si arrivò all’accordo per cui il Delle Alpi, insieme alla famosa area della Continassa, fu assegnato per 99 anni alla Juventus al prezzo estremamente vantaggioso di 25 milioni di euro. Sulle ceneri del vecchio impianto sarebbe sorto lo Juventus Stadium, diventato uno dei segreti del successo bianconero. Col senno di poi, si può dire che in fondo il Delle Alpi è stata una benedizione, almeno per la Juve.

Twitter: @lVendemiale

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