Diritti

Omofobia, l’acquisizione di un diritto negato riduce i disturbi psicologici

di Paola Biondi*

Studiamo da decenni come leggi discriminatorie e contesti sociali omotransfobici e stigmatizzanti aumentino la prevalenza di disturbi psicologici nella popolazione lgbt con aumento di condotte suicidarie. Decisamente pesanti sono le conseguenze negative a lungo termine sulla qualità di vita in età adulta nel caso di eventi traumatici – come essere oggetto di bullismo omotransfobico – subiti in età evolutiva.

Per quanto sia piuttosto evidente il vantaggio, per l’intera popolazione, di avere leggi che garantiscano gli stessi diritti a tutte le persone, non tutti concordano con questa visione. Dimenticando completamente l’art. 32 della Costituzione Italiana che ricorda come il diritto alla salute (evidentemente anche psicologica) debba essere garantito a ogni persona, senza distinzione di sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere. Leggi e diritti per ogni persona portano ad un incremento della salute psicologica e del benessere di tutta la collettività.

Dal punto di vista psicologico è già ampiamente dimostrato come l’acquisizione di un diritto prima negato (es. matrimoni same-sex) riduca notevolmente i disturbi psicologici delle persone lgbt, anche se queste NON usufruiscono di questo diritto. Una tutela reale in caso di reati legati al proprio orientamento sessuale e identità di genere permette di ridurre la sofferenza dello stigma sessuale e permette una piena accettazione di sé e l’innalzamento della soglia di benessere e sicurezza percepiti.

I vescovi della Chiesa cattolica romana alzano per la prima volta gli scudi contro le proposte di legge alla Camera sul tema omotransfobia, utilizzando la stessa logica del passato per sminuire l’importanza di questo fenomeno e l’urgenza di avere norme a tutela delle persone discriminate per il loro orientamento sessuale o identità di genere.

Affermano che esistono già normative sufficienti a garantire questo tipo di vittime. Come dire che non esistono i femminicidi, ma gli omicidi di donne. Aggiungono che i dati delle denunce di discriminazione per questi motivi siano bassi e non sia necessaria una legge ad hoc (al contrario di quasi tutti i paesi dell’Unione Europea). La proposta estenderebbe alle persone LGBT la tutela già prevista nei casi di discriminazione razziale, etnica e religiosa (Art. 604-bis e 604-ter del Codice Penale). Un privilegio che persone credenti e i vescovi stessi possono usare se discriminati in quanto appartenenti a un gruppo religioso, ma che vogliono negare ad altre tipologie di persone.

Esiste veramente questo tipo di discriminazione? I dati ci sono e parlano chiaro, ma bisogna saperli leggere. A maggio la FRA (Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali) ha presentato i risultati del suo sondaggio sulla situazione europea dei diritti lgbti. In Italia il 30% dei partecipanti evita alcuni luoghi per paura di subire discriminazioni, il 41% afferma che pregiudizio e intolleranza sono aumentati e il 32% afferma di aver subito molestie o discriminazioni. Anche la Rainbow Europe Map di ILGA – International Lesbian and Gay Association – colloca l’Italia tra gli ultimi paesi nella tutela dei diritti delle persone lgbti. Otteniamo un indice del 23% mentre guidano la classifica Malta (89%), Belgio (73%) e Lussemburgo (73%). Basterebbe considerare la mappatura dell’odio sui social dell’Osservatorio italiano sui diritti per capire che è tra le prime ragioni e costantemente in aumento.

Quindi chi ha ragione? Senza una legge specifica le denunce inserite nel sistema SDI – Sistema di Indagine non contengono connotazioni del reato, ma vengono registrate solo come tipo di reato (es. diffamazione, lesioni, ecc). Le vittime possono segnalare successivamente all’OSCAD (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori) i reati subiti per orientamento sessuale e/o identità di genere, ma questo non può risalire autonomamente alle denunce dal SDI e gli stessi uffici giudiziari non possono ricercare le denunce perché il sistema SICP – Sistema Informativo della Cognizione Penale funziona solo inserendo il riferimento normativo specifico.

I reati specifici sono tanti, le denunce pure, ma non è possibile valutarne l’entità perché non esiste una legge che permetta di considerarli. Prevenire e ridurre questi reati prevedendo una strategia nazionale e l’istituzione di centri specializzati per l’assistenza legale, sanitaria, psicologica delle vittime, significa dare pari valore alla salute psicologica delle persone lgbt, facendo diventare il privilegio di pochi e poche un diritto di tutti e tutte.

*Psicologa e psicoterapeuta