Un infermiere è stato arrestato questa mattina all’alba dai carabinieri di Ascoli Piceno con l’accusa di aver ucciso otto anziani pazienti ospiti di una residenza sanitaria assistenziale della provincia e di aver tentato l’omicidio di altri quattro ospiti. Nei confronti dell’uomo, un 57enne, è stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare in carcere: da mesi, a seguito dei primi atti d’indagine, era già stato trasferito ad altro incarico non a contatto diretto con i pazienti. Nell’operazione sono stati impegnati diversi militari del nucleo investigativo di Ascoli Piceno, della Compagnia di San Benedetto del Tronto e della stazione di Offida.
L’infermiere, in servizio presso la Rsa di Offida, è indagato per otto omicidi volontari premeditati e 4 tentati omicidi degli anziani, avvenuti tra il gennaio 2017 e il febbraio 2019, nei periodi in cui l’uomo prestava servizio presso la struttura. L’ipotesi è che i decessi siano stati somministrati loro farmaci non previsti o in dosi eccessive.
Contestate, fa sapere il procuratore Umberto Monti, “le ulteriori aggravanti dell’aver commesso i fatti con mezzi insidiosi (ripetute somministrazioni indebite di farmaci, promazina, insulina, anticoagulanti, per dosi e/o tipologia non previsti e controindicati, al fine di causare i decessi), e con abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti la funzione di infermiere che espletava”. A fondamento della misura cautelare sono stati acquisiti “gravi indizi di colpevolezza e sono state ravvisate esigenze cautelari”.
L’indagine ha avuto inizio nel settembre 2018, quando la stazione dei carabinieri di Offida ha segnalato alla procura di Ascoli Piceno alcune informazioni raccolte su decessi sospetti, avvenuti nella struttura sanitaria che ospita anziani non autosufficienti e con necessità di assistenza di tipo sanitario. Dalle indagini sono emersi i primi riscontri quando dalle preliminari analisi sul sangue di alcuni pazienti deceduti nella struttura si sono scoperte concentrazioni di promazina (farmaco neurolettico), a livelli tossici ed assolutamente incompatibili con le terapie prescritte per quei pazienti.
All’inizio del 2019, dall’esame autoptico di due salme, di cui una riesumata, è emerso che uno dei pazienti era morto per una somministrazione di promazina in dosi letali e l’altro per somministrazione di insulina in un soggetto non diabetico. L’indagine, di spiccato livello tecnico-scientifico, si è sviluppata, oltre che con attività tecniche, con attente analisi di decine di cartelle cliniche acquisite per numerosi pazienti delle struttura e con l’escussione di un molte persone informate sui fatti (tra cui medici, infermieri ed operatori socio sanitari).