Prima hanno scoperto di non aver diritto al bonus di 600 euro perché non risultavano iscritti alla gestione separata dell’Inps. Anche se pagavano regolarmente i contributi da anni, a volte decenni. Tre mesi dopo, sanata l’irregolarità con un’iscrizione retroattiva, erano convinti che le indennità previste per marzo e aprile fossero finalmente in arrivo. Ma a quel punto è spuntato un nuovo requisito: la regolarità contributiva, da verificare esaminando tutte le dichiarazioni dei redditi presentate dall’inizio dell’attività.
È lo strano caso di migliaia di partite Iva e lavoratori autonomi che sulla carta fanno parte a pieno titolo della platea di beneficiari dell’aiuto previsto dal decreto cura Italia e rinnovato con il decreto Rilancio. Per loro però l’istituto previdenziale ha fissato paletti più restrittivi rispetto a quelli stabiliti dal governo. Ora uno studio legale sta raccogliendo le adesioni per avviare una class action.
Prima domanda respinta perché “non iscritti” – Il primo scoglio è emerso quando hanno fatto domanda per la prima volta, durante il famigerato click day che ha visto il sito Inps collassare per eccesso di contatti oltre al concomitante attacco hacker denunciato dal presidente Pasquale Tridico. “Siamo stati respinti in blocco perché non risultavamo iscritti. Ma in realtà quasi tutti abbiamo fatto l’iscrizione diversi anni fa come cococo e cocopro“, racconta Gianmichele Lisai, editor e autore, tra i portavoce del gruppo facebook Gestioni strapazzate (un migliaio di iscritti) nato per raccogliere le storie degli esclusi dal bonus e cercare soluzioni. “Semplicemente, è successo che quando abbiamo aperto la partita Iva il commercialista non ha comunicato il passaggio di categoria”. Ci sono poi molti casi di “iscritti nel 2019 che per forza di cose non hanno ancora versato nulla e si sono visti rifiutare la richiesta”.
L’iscrizione retroattiva e il nuovo ostacolo – Deflagrato il problema, a due mesi dal giorno della prima domanda l’istituto ha proposto quella che sembrava una via d’uscita. “All’inizio di giugno ha diffuso una circolare in cui spiegava che avrebbe accettato l’iscrizione retroattiva“, ricorda Gabriele Oricchio, consulente di marketing e comunicazione “con tutti i versamenti in regola dal 2011”. “Io l’ho fatta il 20 maggio e ho inviato richiesta di riesame alla mail della mia sede provinciale, come ci era stato detto. Ma non ho ancora ricevuto risposte”. Questo perché, riprende Lisai, “il 5 giugno Inps ha fatto sapere che per l’accoglimento dell’istanza di riesame c’era un ulteriore requisito: la regolare compilazione dei “quadri RR” della dichiarazione dei redditi, quelli dove vanno indicati i contributi alla gestione separata, “da quando si è aperta la partita Iva ad oggi. E contestano anche eventuali RR a zero, quelli degli anni in cui non hai fatturato nulla perché magari, come è successo a me nel 2018, hai avuto un incarico pagato con il diritto d’autore e non hai fatto altro”.
“Quel requisito nella norma non c’è” – L’Inps nel messaggio del 5 giugno ha spiegato la richiesta con la condivisibile necessità di “evitare comportamenti fraudolenti“. Ma nei fatti il risultato è che migliaia di persone – in regola – sono in attesa dell’aiuto da mesi, durante i quali non hanno incassato quasi nulla causa di lockdown. Secondo Nicolò Vella, avvocato dello studio Leone-Fell che sta raccogliendo adesioni per presentare il ricorso per una class action, “dal punto di vista giuridico la questione è semplice: il decreto prevede che per accedere al bonus servano solo due requisiti, essere autonomi o professionisti con partita Iva ed essere iscritti alla gestione separata alla data del 23 febbraio. L’Inps avrebbe dovuto verificare solo questo ed erogare l’indennità. Invece, una volta che le posizioni anomale sono state regolarizzate con effetto retroattivo, si è spinto a fare ulteriori controlli che vanno al di là dello spirito della norma”.
“Mi hanno scritto che ora ho i requisiti, ma i soldi non arrivano” – Non mancano poi i casi in cui le sedi provinciali si sono mosse in ordine sparso, sbloccando il bonus in autotutela – per evitare successivi ricorsi – o comunicando che tutto era risolto ma senza che alle parole seguisse il versamento. E’ quello che è successo a Damiana Fiorini, guida ambientale iscritta dal 1996 ma passata alla partita Iva solo l’anno scorso: “Dopo l’iscrizione retroattiva, il 27 maggio hanno risposto a una mia Pec dicendomi che a quel punto avevo i requisiti e che avrebbero provveduto alla lavorazione della pratica. Ma sulla mia pagina personale la domanda c’è ancora la stessa parola: reiezione“. I 1.200 euro che le spettano per marzo e aprile, quindi, per ora non si sono visti. “A questo punto mi sento presa in giro“, commenta Fiorini. Che di quei soldi ha bisogno visto che “a febbraio ho guidato solo due escursioni e quelle di marzo, aprile e maggio sono tutte saltate a causa del lockdown”.