“In quell’intervista in occasione dell’anniversario della strage di Capaci io mi limitai a ricostruire tutta una serie di elementi consacrati in sentenze definitive o comunque ampiamente pubblici perché processualmente depositati a disposizione delle parti. Non ho rivelato assolutamente nulla di segreto non ho anticipato nessuna attività investigativa che avremmo potuto fare in futuro”. così Nino Di Matteo a Non è l’Arena su La7 racconta la sua “estromissione dal gruppo stragi“. “Ho poi verificato dagli atti dell’indagine di Perugia che il Dottor Palamara prima che avvenisse questa esclusione si era diciamo lamentato del fatto che io facessi parte di questo gruppo stragi. E nel momento in cui venne resa nota la mia estromissione accolse la notizia diciamo con molta soddisfazione“, continua il magistrato che sottolineando che è chiaro che la vicenda sia stata un’ulteriore amarezza. “È stata enorme perché io ho lavorato per decenni sulle stragi, la vita professionale di molti magistrati ancora più autorevoli ancora prima di me è stata costellata da continue amarezze continue, delegittimazioni e solitudini – aggiunge – Se penso a quello che hanno passato nella loro vita professionale Paolo Borsellino soprattutto Giovanni Falcone penso sempre lo dobbiamo ricordare”. Poco dopo la messa in onda dell’intervista, in studio da Massimo Giletti interviene con una telefonata il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho che sottolinea: “L’intervista (di Di Matteo ndr) non fu sulla trattativa ma sulla strage di Capaci e su quel tema si erano tenute ben due riunioni, con la presenza di vari procuratori distrettuali. Si parlava di indagini, di interpretazione di alcune dichiarazioni e le dichiarazioni Di Matteo finiscono per toccare proprio quei temi. Io avevo imposto per questi temi un rigore, una riservatezza…”. De Raho poi continua e specifica che, dopo aver fatto la nota, si è “rivolto alla commissione”. “Volevo reintrodurlo nel gruppo ma volevo la certezza che da quel momento in poi non vi sarebbero state delle fughe in avanti”, ha detto il procuratore, evidenziando che però “Di Matteo non ha voluto”.
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