Mentre la Ue ci raccomanda ogni giorno di eliminare le discariche di rifiuti e favorire il riciclo e il riutilizzo, il nostro governo che fa? Propone, zitto zitto, di modificare la legge (europea ed italiana) per poter fare discariche ovunque. Ma andiamo con ordine.

Nel 2019 il Parlamento ha dato delega al governo (legge 117/2019) di modificare la legge italiana oggi vigente (D. Lgs 36/2003) per adeguarla alla nuova direttiva Ue sulle discariche. Ma il governo, nello schema di decreto per il recepimento trasmesso al Parlamento, propone modifiche che nulla hanno a che vedere con la nuova direttiva, anzi vanno proprio in direzione opposta. E, come nella migliore tradizione, non lo fa nel testo, ma negli allegati (che, di solito, non legge nessuno): non solo, peraltro, si sostituiscono i due allegati oggi vigenti ma se ne aggiungono altri sei che non trovano alcun riscontro né nella direttiva né nella legge delega.

Particolarmente significativa, in proposito, appare la vicenda relativa all’obbligo di una barriera geologica tale da garantire la protezione del suolo, delle acque superficiali e, soprattutto, di quelle sotterranee, imposto dalla normativa comunitaria, la quale precisa che qualora la barriera geologica non sia sufficiente “può essere completata artificialmente e rinforzata con modalità diverse che forniscano una protezione equivalente”.

Dizione trasposta in Italia dall’allegato 1, della legge oggi vigente, secondo cui “la barriera geologica, qualora non soddisfi naturalmente le condizioni di cui sopra, può essere completata artificialmente attraverso un sistema barriera di confinamento opportunamente realizzato che fornisca una protezione equivalente”. Appare, quindi, del tutto evidente che sia la legge europea che quella italiana impongono, per poter realizzare una discarica, il requisito essenziale della esistenza di una barriera geologica naturale che, al massimo può essere rafforzata e completata da una aggiunta artificiale.

Il governo, invece, riformulando di sua iniziativa l’allegato 1 della nostra legge, afferma che “la protezione del suolo, delle acque sotterranee e delle acque superficiali deve essere garantita dalla presenza di una barriera geologica naturale o artificiale”; dove, l’uso di “o” indica, con chiarezza, che si può tranquillamente fare a meno della barriera di contenimento geologica naturale e che basta una barriera tutta e solo artificiale.

E così si potrebbero fare discariche ovunque con rilevantissimi pericoli per l’ambiente e la salute, come, peraltro evidenziato a Roma quando, anni fa, una rottura del polder della discarica di Malagrotta provocò pericolo di inquinamento delle falde acquifere. Con buona pace del principio comunitario finalizzato, in aderenza alla gerarchia sui rifiuti, alla progressiva eliminazione delle discariche.

Ma non finisce qui. Perché nella stessa bozza di decreto, il governo, mentre da un lato si inventa, di sua iniziativa, questa assurda modifica, si dimentica di dare invece attuazione alla richiesta (sacrosanta) del Parlamento, contenuta nella stessa legge delega, di “adottare una nuova disciplina organica in materia di utilizzazione dei fanghi”, al fine, tra l’altro, di “garantire la gestione e l’utilizzo dei fanghi in condizioni di sicurezza per l’uomo e per l’ambiente; eliminando, quindi, la vergogna di quell’art. 41 del decreto Genova che consente l’utilizzazione in agricoltura di fanghi con sostanze tossiche.

Ci era stato detto che era solo in via transitoria, per evitare emergenze, ma, a distanza di un anno e mezzo, l’art. 41 sta ancora là e ancora fa danni. Economia circolare all’italiana.

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