Nei primi giorni di maggio Mario Ciancio Sanfilippo ha annunciato la messa in liquidazione della storica testata. Intanto c'e attesa per la sentenza del tribunale di Bari che dovrà decidere sulle istanze di fallimento. Molti lavoratori, comunque, sono pronti a costituire di una cooperativa per salvare il lavoro e il proprio futuro
Da mesi i giornalisti della Gazzetta del Mezzogiorno non percepiscono lo stipendio nonostante le imprese del gruppo dell’editore Mario Ciancio Sanfilippo, nel 2019, abbiano ottenuto ricavi per 52 milioni di euro. È quanto hanno reso noto in un comunicato stampa gli stessi lavoratori del quotidiano barese che da settimane ormai vede in a rischio il proprio futuro. Nei primi giorni di maggio, infatti, l’editore catanese aveva annunciato la messa in liquidazione della Gazzetta falciando le speranze dei lavoratori che dopo mesi di amministrazione giudiziaria, aveva accolto con fiducia il dissequestro delle quote societarie che il tribunale di Catania aveva bloccato in seguito al coinvolgimento dell’editore in un procedimento penale per concorso esterno in associazione mafiosa. Lo scorso 24 marzo la Corte d’appello di Catania però ha dissequestrato i beni “non ritenendo provato il consapevole contributo a Cosa nostra”. Dopo il periodo di amministrazione giudiziaria, quindi, Ciancio avrebbe dovuto tornare alla guida del quotidiano fondato 133 anni fa, ma a sorpresa ha palesato la volontà di chiudere la sua esperienza editoriale in Puglia e Basilicata. Un annuncio che ha gettato nuovamente nello sconforto e nella rabbia giornalisti, poligrafici e amministrativi della Gazzetta che confidavano invece in un ritorno alla normalità.
Ed è anche contro gli amministratori giudiziari che in queste ore si sono scagliati i lavoratori. Alla vigilia della sentenza del tribunale di Bari che dovrà decidere sulle istanze di fallimento della storica testata pugliese proposte dalla procura, il Comitato di redazione della Gazzetta ha pubblicato i numeri della gestione giudiziaria evidenziando come gli amministratori giudiziari siano costati per poco più di un anno di gestione ben 812mila euro. E in quei mesi senza stipendio, più volte i lavoratori avevano chiesto agli amministratori di trovare i fondi per gli stipendi nelle altre società del gruppo che erano finite sotto sequestro, ricevendo sempre il “no” secco da parte di Angelo Bonomo e Luciano “Dall’11 dicembre 2018 al 10 aprile 2020 (data in cui la Corte d’Appello di Catania ha restituito i beni all’editore siciliano) Bonomo e Modica – scrive il Cdr della Gazzetta – in particolare hanno fatturato 609mila euro, 304mila euro e dispari a testa (altri due amministratori giudiziari dei beni di Ciancio saranno liquidati con 101mila euro ciascuno). Una somma notevole (parliamo di soldi pubblici) a fronte dei sacrifici chiesti ai dipendenti della Gazzetta. La gestione Bonomo/Modica – si legge ancora – non solo ha prodotto il mancato pagamento di svariate mensilità e i mancati versamenti previdenziali e quote Tfr, ma ha anche introdotto un piano ‘lacrime e sangue’ di ridimensionamento dei costi di Edisud e Mediterranea”.
Nelle prossime ore, quindi, verrà deciso il futuro di un centinaio di lavoratori e di famiglie, ma anche di un’importante testata giornalistica che per oltre 100 anni ha raccontato la Puglia e Basilicata e continua a farlo nonostante le difficoltà: “Anche ora – scrivono chiaramente i membri del Cdr – stiamo lavorando senza retribuzione”. Ma oltre la rabbia e la paura, c’è nei giornalisti della Gazzetta la voglia di non lasciare che tutto finisca: in tanti sono pronti a costituire di una cooperativa per salvare il lavoro e il proprio futuro. E quella della Gazzetta Mezzogiorno.