Il business del traffico di essere umani continua a essere remunerativo e la pandemia, oltre ad attrarre profughi dalla Libia, sta costringendo migliaia di persone che in Tunisia avevano trovato lavoro, anche in nero, a tentare la fortuna visto il crollo delle attività. Il mare ha riconsegnato altri corpi, portando a 60 il numero dei morti nel naufragio delle isole Kerkennah
Il viaggio via mare dalla Tunisia a Lampedusa costa pressappoco mille euro, ma non ci sono posti in prima classe. Il caos libico e la stagione estiva ormai nel vivo stanno spingendo migliaia di migranti, in larga maggioranza africani sub-sahariani, a trasferirsi lungo la costa tunisina, in particolare attorno al grande porto commerciale di Sfax. La tragedia di martedì scorso al largo delle isole Kerkennah potrebbe non essere un episodio isolato. Strage il cui bilancio va riaggiornato, giorno dopo giorno. Ieri il mare ha riconsegnato altri corpi, portando il conteggio a 60. “Si tratta di 30 uomini, 28 donne e 2 bambini” conferma Chamseddine Marzoug della Mezzaluna Rossa tunisina. “Eravamo arrivati a 55 venerdì, si sono aggiunti altri 5 cadaveri. Tra loro c’è anche quello del capitano dell’imbarcazione, un uomo di nazionalità tunisina. Temiamo che le vittime possano essere molte di più” aggiunge Marzoug. La notizia è stata confermata, al timone della barca (natanti fantasma, senza nome, senza documenti di registrazione, per non risalire al proprietario) c’era Rabban Tounsi, 48 anni, moglie e figli a carico, conosciuto ed esperto pescatore di Katatna, a pochi chilometri da Sfax, ma soprattutto da Sidi Mansour.
Questa località marinara alla periferia nord del capoluogo regionale (e seconda città della Tunisia per numero di abitanti) è ritenuta ideale dalle organizzazioni che si occupano del traffico di esseri umani come punto di lancio. Dal porticciolo peschereccio del villaggio, negli anni, è salpata la maggioranza di migranti diretti in Italia. Adesso, come in altri periodi della storia recente, a partire sono gli africani sub-sahariani, ma da questo tratto di mare generazioni di giovani tunisini hanno tentato la fortuna infilandosi dentro bagnarole con la prua diretta a nord-est, verso il nostro Paese. Specie nel periodo pre-rivoluzione dei gelsomini, all’inizio del 2011, ma anche negli anni successivi alla caduta dell’ex presidente Ben Ali, migliaia di tunisini delle regioni interne e retrograde, Sidi Bouzid, Gafsa, Kasserine, sono fuggiti via mare in Italia. Oggi la Tunisia viene premiata dall’Oms per la sua efficacia nella battaglia contro il Covid (numeri molto contenuti grazie ad una campagna di misure oculate), ma non riesce a limitare l’emorragia migratoria dalle sue coste.
Fino a qui i costi fissi d’impresa. Facendo una media, il trafficante tunisino per una imbarcazione di medie dimensioni spende, complessivamente, attorno ai 130mila dinari, poco più di 40mila euro. I ricavi, però sono molto ricchi: “Ogni migrante paga 3.500Tdn (poco più di mille euro, ndr) – prosegue nell’analisi Wael – . Prendiamo il caso della barca naufragata l’altro giorno, a bordo c’erano almeno 60 persone, forse di più, anche se al massimo ne avrebbe potute contenere la metà. All’imprenditore sono entrati oltre 200milaTdn (attorno ai 65mila euro, ndr), il guadagno c’è ed è piuttosto ricco. Il business si alimenta così”. Attorno a Sidi Mansour non si contano le barche in rimessaggio, altre costruite ex novo in cantieri di fortuna, in larga parte destinate non alla pesca, ma ad essere usate come scialuppe dove stivare i migranti in partenza verso l’Italia. Ciò a conferma del mercato tunisino tornato fiorente e destinato ad aumentare nei prossimi tre mesi, favorito dalle migliori condizioni climatiche e meteomarine. Il governo tunisino fa quello che può, poco a dire il vero, per arginare il traffico. Nei primi cinque mesi del 2020, secondo fonti del ministero dell’Interno, sono stati intercettati circa 2.200 migranti in mare, una porzione minima di quanti invece sono sfuggiti ai controlli. Ciò che sta accadendo in Tunisia a livello migratorio è confermato da Sana Bousbih, membro della Commissione Africana dei Diritti dell’Uomo, consulente ed esperta di migrazioni: “I drammi come quello a largo delle Kerkennah sono destinati ad aumentare – afferma Bousbih, a capo, inoltre, di una organizzazione, Migrants Solidarity, che collabora con la Mezzaluna Rossa tunisina -. Gruppi di sub-sahariani si stanno spostando in massa dalla Libia alla Tunisia. Il contagio da Covid-19 ha limitato le partenze, ora nel mio Paese è in corso un assalto ai passaggi su barconi di fortuna e le preoccupazioni per questi ‘invisibili’ sono concrete. La pandemia, oltre ad attrarre profughi dalla Libia, sta costringendo migliaia di africani che in Tunisia avevano trovato lavoro, anche in nero, a tentare la fortuna visto il crollo delle attività. La maggior parte era occupata nel turismo, nella ristorazione, i settori maggiormente in ginocchio oggi in Tunisia. Famiglie senza diritti che a causa della chiusura generale si sono ritrovati da un giorno all’altro nella precarietà totale, buttate fuori dalle case perché non più in grado di pagare l’affitto. L’accesso ai servizi sanitari di base per loro è diventato impossibile. Purtroppo mi aspetto un’estate molto difficile”.