Il mondo universitario diviso sul ritorno in aula. Se da una parte aumentano le proteste per la previsione di didattica mista fino a febbraio 2021 per far fronte all’emergenza coronavirus, dall’altra c’è chi fa resistenza ricordando l’assenza di spazi adeguati per evitare gli assembranti in aula. A sollevare il tema sono stati nei giorni scorsi 850 docenti universitari che in queste ore hanno scritto un appello al ministro Gaetano Manfredi per chiedere lo stop della didattica online e il ritorno in aula. Una proposta che non ha trovato tutti d’accordo perché qualcuno come il professor Alessandro Ferretti di Torino, pur condividendo la speranza per il rientro in ateneo, ha sollevato il problema degli spazi.
In mezzo alla diatriba resta il ministro che su “Sette” del Corriere della Sera ha annunciato che si tornerà tutti in aula solo a febbraio: “Dall’autunno, in quella che chiamiamo fase tre che durerà fino al 31 gennaio, ci saranno formule di didattica mista con lezioni parzialmente in aula ma non per tutti. I fuorisede, chi ha difficoltà a raggiungere l’ateneo, gli stranieri potranno seguire le lezioni a distanza”.
Parole non gradite da Costanza Mariotta, docente universitaria a Padova e tra i promotori dell’appello: “Non comprendo perché a condizioni epidemiologiche non note ci debba essere una didattica mista. Quest’idea del ministro rischia di diventare strutturale e così non può essere. Se vi sarà la didattica mista i più privilegiati saranno quelli che abitano nelle città sedi degli atenei. Gli altri non pagheranno mai un affitto per venire all’università un paio di giorni a settimana. Possibile che si riaprano le discoteche, i bar, i barbieri e non gli atenei?”.
Nello stesso appello gli 850 professori scrivono: “Mentre si discute della riapertura parziale degli stadi a fine giugno per le partite di calcio, le Università si stanno attrezzando per svolgere anche nel prossimo anno accademico l’insegnamento in presenza per pochi eletti e a distanza per gran parte dei loro studenti, per evitare che la presenza in aula incrementi la diffusione del contagio. Temiamo che quando si dice che “conviene” proseguire l’insegnamento in modo prevalentemente telematico fino a gennaio 2021, si pensi che l’istruzione superiore italiana conti meno delle vacanze in spiaggia, dell’aperitivo al bar, del giro al centro commerciale o che le Università non siano in grado di elaborare strategie per consentire una vera esperienza educativa, contenendo i rischi di contagio”.
Riflessioni respinte dal professor Ferretti che è intervenuto sulla vicenda: “L’appello dei miei colleghi è privo di una soluzione, di una proposta concreta. Sono ovviamente d’accordissimo sul fatto che la didattica a distanza non è assolutamente all’altezza di sostituire quella in presenza e che bisogna ritornare quanto prima alle consuete modalità di lezione.. ma, proprio per questo, mi sono preso la briga di informarmi su quali siano le problematiche specifiche relative alla riapertura delle aule. Quello che ho scoperto è che effettivamente l’aula universitaria affollata è una delle situazioni più problematiche che si possano pensare perché costituisce un’occasione ideale per diffondere il contagio. Stiamo parlando di ambienti chiusi nei quali si ritrovano gomito a gomito anche 500 persone adulte con notevole attività sociale e provenienti da ogni dove, impacchettate per ore e ore di fila e per giorni e giorni di fila”. Pronta la risposta della Margiotta: “Abbiamo le capacità per tornare in aula in sicurezza. Raddoppiamo gli orari, troviamo altri spazi nei cinema, nei teatri oppure scegliamo di fare i corsi più numerosi nel secondo semestre. Se si vuole una soluzione la si trova”.
Ferretti resta comunque perplesso per i toni dell’appello: “Il ragionamento che si legge nell’appello è di questo tenore: dato che si riescono a riaprire i bar e i ristoranti, dato che si pensa di riaprire parzialmente gli stadi e le spiagge (tutte situazioni notevolmente e chiaramente differenti dal punto di vista epidemiologico), non è concepibile che non si possano riaprire le aule universitarie, anzi è proprio impossibile. Un sillogismo completamente fallace, che mi pare francamente indegno di docenti universitari”. Secondo il docente torinese tra l’altro è presto per decidere ora: “Bisogna aspettare a fine agosto e darsi la possibilità di rivedere la decisione presa in base a quello che accadrà nei prossimi mesi”.
A dire la loro sono anche gli studenti: “Noi – spiega Enrico Gulluni, coordinatore nazionale dell’Unione degli Universitari – vorremmo tornare in aula ma servono garanzie. Ci aspetteremmo dal ministero un ragionamento approfondito come quello che si è fatto per le attività economiche. Ad oggi gli atenei non hanno gli spazi per garantire il distanziamento, ma si potrebbero studiare altre soluzioni con l’Anci per usare dei luoghi comunali”.