Il riferimento è al titolo VII del Civil Rights Act del 1964 che, spiegano i giudici della Corte, non serve solo a proteggere i cittadini statunitensi dalle discriminazioni basate sulla razza o la religione ma anche da quelle basate sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere
Come avviene per motivi di razza o religione, una persona non può essere licenziata perché gay o transgender. A dirlo è la Corte Suprema americana stabilendo che la legge federale deve proteggere da ogni discriminazione sul lavoro, anche quella di genere o legata all’orientamento sessuale. La decisione è stata presa a maggioranza, 6 a 3, con il presidente della Corte, John Roberts, e il giudice conservatore, Neil Gorsuch, che hanno votato con i giudici di nomina democratica.
Il riferimento è al titolo VII del Civil Rights Act del 1964 che, spiegano i giudici della Corte, non serve solo a proteggere i cittadini statunitensi dalle discriminazioni basate sulla razza o la religione ma anche da quelle basate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere. Quindi, tra coloro che possono godere dei diritti previsti dalla legge ci sono anche tutti i lavoratori Lgbtq. Nello specifico, la Corte sottolinea che, lì dove si fa esplicito riferimento al “sesso”, non ci si riferisce solo alla potenziale discriminazione nei confronti delle donne.
Il candidato democratico per la corsa alla Casa Bianca, Joe Biden, ha dichiarato che “la decisione di oggi è un altro passo nella nostra marcia verso l’uguaglianza per tutti. La Corte suprema ha confermato l’idea semplice ma profondamente americana che ogni essere umano deve essere trattato con rispetto. Ma non abbiamo finito qui”.
Tra i primi a manifestare la propria soddisfazione per la decisione dei giudici c’è anche il Ceo di Apple, Tim Cook, che in un tweet ha dichiarato: “Gli Lgbtq meritano parità di trattamento sul posto di lavoro e nella società. La decisione mette ulteriormente in evidenza come la legge federale tuteli il loro diritto all’equità”.