Musica

Concerti e rimborsi, Pietro Fuccio (Dna Concerti) controcorrente: “Noi abbiamo restituito i soldi, l’imposizione del voucher è un cattivo modo”

Mentre il dibattito è infuocato sul tema del voucher, ossia il rimborso previsto dal Decreto Rilancio in caso di concerti cancellati, spendibile entro 18 mesi, c'è chi dice che il rimborso in denaro va considerato e previsto. Pietro Fuccio (DNA Concerti) a Ilfattoquotidiano.it: “Imporre il voucher è una decisione che la gente non ha capito, andava proposto in un altro modo, considerando anche l'ipotesi della restituzione dei soldi”

Paul McCartney la settimana scorsa ha scoperchiato il vaso di Pandora del delicatissimo tema dei voucher per i concerti cancellati. “È veramente scandaloso che coloro che hanno pagato un biglietto per uno show non possano riavere i loro soldi”, aveva tuonato l’ex Beatle dai social, riguardo ai due concerti annullati a Napoli (10 giugno) e Lucca (13 giugno). Il tema ruota attorno a un solo punto: il voucher, ossia il rimborso in veste di “buono”, previsto dal Decreto Rilancio per non mettere in ginocchio il settore della musica live. Chi ha visto annullare un concerto, potrà richiedere il voucher, spendibile per 18 mesi e di pari valore al biglietto già acquistato. Il “caso” voucher/Paul McCartney però ha fatto arrabbiare diversi fan per due motivi: ci sono stati quelli che hanno lamentato di avere bisogno di soldi subito, e quelli che hanno esplicitato di non voler barattare il concerto di McCartney con uno, ad esempio, di Celine Dion o Michael Bublé, della stessa agenzia.

È per questo che il ministro del Turismo e della Cultura Dario Franceschini si è affrettato a mettere subito le mani avanti: “È evidente – ha dichiarato il ministro – che la ratio della norma è che il voucher valga solo per un concerto dello stesso artista e che se questo non si terrà lo spettatore avrà diritto al rimborso. Il Parlamento credo potrà intervenire in conversione per togliere ogni dubbio interpretativo sulla norma”. Da qui l’emendamento proposto dal presidente della Commissione per le Politiche dell’Ue alla Camera, Sergio Battelli del Movimento 5 Stelle, che prevede l’estensione della validità del voucher a 24 mesi, rinnovabili per altri 12 (quindi per tre anni massimo), con la possibilità di essere rimborsati alla scadenza.

Ma c’è chi dice no. Agenzie live indipendenti come Hub Music Factory, Barley Arts e DNA Concerti hanno deciso di procedere in diverso modo. Barley Arts sta emettendo rimborsi in denaro per alcuni concerti, che sono stati annullati prima dell’ideazione dei voucher. Inoltre Barley Arts concede l’opportunità di richiedere i voucher anche agli acquirenti di alcune delle date rinviate, che non possono partecipare ai concerti riprogrammati. Infine l’agenzia capitanata da Claudio Trotta ha deciso di sospendere le vendite e dare la possibilità di richiedere il voucher, anche in caso di concerti sospesi, ma di cui non sia stato ancora possibile confermare e comunicare la riprogrammazione. Il voucher rimane valido anche quando il recupero della data avverrà per esigenze logistiche dell’artista oltre i 18 mesi previsti dalla legge. “Noi per primi non abbiamo aderito alla disposizione governativa – ha dichiarato Alex Fabbro, patron di Hub Music Factory – e diamo la possibilità di rimborso dei biglietti fin dal primo giorno. È una informazione importante che non è passata”. Abbiamo cercato di capirne di più con Pietro Fuccio, titolare e fondatore di DNA Concerti, che vede nel suo roster artisti come: Calcutta, Cosmo, I Cani e Myss Keta.

Come mai avete puntato sulla possibilità del rimborso in denaro?
È stata una decisione presa praticamente subito, a fine febbraio, quando si incominciava a capire che la pandemia avrebbe dilagato. Quindi ancora prima che uscisse il Decreto con la possibilità del voucher. Non potevamo rimandare la decisione per altre settimane o mesi, così abbiamo indicato la possibilità del rimborso in denaro a chi aveva acquistato il biglietto e si fosse trovato nella condizione di non poter assistere a un concerto.

Una scelta avventata forse…
Può anche essere, però non ci sembrava giusto riversare sugli spettatori le nostre difficoltà, che sono praticamente le difficoltà che accomunano molti degli acquirenti in questa fase di pandemia. Ritengo che l’imposizione del voucher sia stato un cattivo modo di risolvere il problema.

Perché?
Riporto quello che abbiamo fatto noi. Siamo rimasti colpiti dalle richieste di persone che, avendo acquistato il biglietto per un concerto annullato, ci hanno fatto sapere di non voler chiedere il rimborso, per poter sostenere un settore che rischia una gravissima crisi. Così noi abbiamo risposto ‘ok, grazie ma se deciderete di non chiedere il rimborso, noi devolveremo metà di quel biglietto alla Protezione Civile’. Così abbiamo fatto.

Come mai sostenete che è sbagliata la soluzione del voucher?
La soluzione va benissimo, non va bene imporlo al pubblico come unica soluzione. Il settore del Live si regge sulle proprie gambe, su quella degli organizzatori e degli artisti e dire al pubblico ‘per un concerto cancellato potete chiedere solo il voucher’ crea una situazione di sbilanciamento. Lo dissi anche ai miei colleghi di Assomusica: ‘attenzione che questa cosa ci si ritorcerà contro e la gente non capirà’. Noi proponevamo di dare il voucher come una misura facoltativa. Credo che alla fine qualcuno si pentirà e alla fine tutto salterà perché è uno strumento che è stato utilizzato male.

Chi si pentirà?
Senza andare troppo lontano, quando ho letto le parole del ministro Franceschini in risposta a Paul McCartney, sono rimasto un po’ di sasso. Quando ha detto ‘è evidente che la ratio della norma è che il voucher valga solo per un concerto dello stesso artista e che se questo non si terrà lo spettatore avrà diritto al rimborso’. Non è stato molto evidente quando è stato emesso il Decreto.

Però c’è in ballo l’emendamento Battelli…
Non sono sicuro di averlo capito bene. Qui il punto però non è dare alla gente un lasso di tempo più lungo per poi eventualmente avere il rimborso in denaro. Se i soldi servono subito non si devono aspettare 3 o 4 anni. Poi esistono Paesi, come l’America, che hanno ‘incoraggiato’ il pubblico a chiedere il voucher, ma aumentandolo di valore, fino a +150%. Dando quindi l’opportunità di acquistare più biglietti. Invece noi in Italia diciamo: è così e basta, ce lo dice la legge.

Voi non avete aderito al manifesto di Assomusica “Estate 2020 insieme ci fermiamo, Estate 2021 insieme ripartiamo”, perché?
Non eravamo d’accordo e soprattutto perché dovevano dirci otto agenzie come ci saremmo dovuti comportare? OTR Live sta organizzando i suoi concerti questa estate, io – come tutti i colleghi indipendenti – passo giornate al telefono cercando di capire cosa potremmo fare questa estate. Certo, senza grossi artisti è più complicato, ma non demordiamo.

Quali saranno gli scenari futuri?
Secondo me succederà che cominceremo a ragionare sul voucher in maniera diversa, non come una imposizione, ma come una possibilità. Cercheremo di proporre soluzioni di buonsenso al legislatore senza scatenare polemiche con la gente incazzata, gli articoli sui giornali e Paul McCartney contro il Governo.