La Corea del Nord aveva già minacciato di voler demolire l’ufficio come rappresaglia per l’incapacità di Seul di impedire agli attivisti di far volare volantini di propaganda oltre il confine
Era il simbolo del dialogo tra le due Coree che, ricorda la Bbc, “tecnicamente è ancora in guerra perché non è stato raggiunto un accordo di pace alla fine della guerra nel 1953″. Ma già nei giorni scorsi Kim Yo Jong, sorella del leader di Pyongyang e tra i suoi principali consiglieri, aveva pensato ad un piano per distruggere “l’inutile ufficio di collegamento tra Nord e Sud (nella città nordcoreana di Kaesong, vicino al confine), che presto potrebbe finire in macerie“. Un atto di rappresaglia per l’incapacità di Seul di impedire agli attivisti di far volare volantini di propaganda oltre il confine. E così è stato: il Ministero dell’Unificazione sudcoreano, ha dato notizia dell’esplosione da parte di Pyongyang della sede dell’ufficio di collegamento intercoreano a Kaesong, la più meridionale delle città nordcoreane. L’edificio è stato distrutto alle 14.49 locali e dalla sua apertura nel 2018 consentiva alle due Coree di comunicare.
L’esplosione dell’ufficio, che a gennaio era stato chiuso per l’emergenza Covid, è stata immediatamente percepita come il desiderio di rompere i rapporti diplomatici con Seul, dopo giorni di minacce di attacco militare da parte di Pyongyang. Kim Yo Jong aveva già annunciato l’intenzione di volere “rompere con le autorità sudcoreane”, spiegando che i militari avrebbero “compiuto azioni” contro la propaganda del Sud. “Esercitando il potere conferitomi dal leader supremo, dal partito e dallo Stato, ho detto al dipartimento responsabile dei rapporti con il nemico di portare avanti la prossima azione, con decisione – aveva detto la donna -. Il diritto di agire contro il nemico è stato dato allo stato maggiore del nostro esercito“.
E anche l’agenzia di Stato Kcna, citata dalla sudcoreana Yonhap, ha confermato la distruzione dell’edificio, “completamente ridotto in rovine”, precisando di avere “messo in pratica il provvedimento nel quadro dell’interruzione di tutte le linee di collegamento e comunicazione tra nord e sud”. Un gesto, ha aggiunto, che è in linea con “lo stato d’animo della gente infuriata decisa a costringere la feccia umana e quanti hanno dato protezione a tale feccia a pagare caro per i propri crimini”, alludendo agli attivisti e disertori che hanno diffuso lungo il confine volantini contenenti propaganda anti-Pyongyang.