La metà delle vittime del coronavirus in Italia sono state registrate in Lombardia. L’ultimo report diffuso dall’Istituto Superiore di Sanità sulle caratteristiche dei decessi causati dalla pandemia mostra i numeri della crisi ed evidenzia come la Regione abbia pagato molto più delle altre la diffusione del virus. Numeri che colpiscono di più se si considera che offrono un quadro molto attinente alla realtà, visto che si basano sull’analisi delle cartelle cliniche di ben 32.938 pazienti deceduti e positivi al SarsCov2 sui 34.371 registrati dall’inizio della pandemia (dati al 15 giugno).

La differenza tra la Lombardia e le altre regioni è evidente dai numeri: il 49,6% dei decessi si è registrato entro i confini lombardi. In seconda posizione troviamo l’Emilia-Romagna, con numeri che la avvicinano però alle altre zone d’Italia: qui si sono registrati il 12,7% delle morti, l’8,6% in Piemonte, il 6% in Veneto e il 4,7% in Liguria.

Confermata anche la forte influenza delle patologie pregresse, anche se in questo caso l’analisi si basa su un campione di 3.438 persone: il 59,7% dei morti ne presentava almeno tre, il 21,5% due, il 14,7% una e solo il 4,2% non aveva malattie pregresse. Tra quelle più letali in caso d’infezione spicca l’ipertensione arteriosa, presente nel 67% del campione analizzato. Dietro, al 30,3%, segue il diabete mellito-Tipo 2 e al 27,8% la cardiopatia ischemica.

Confermata anche la maggiore letalità nel caso di pazienti in età avanzata. Se l’età mediana di coloro che sono risultati positivi al coronavirus è di 62 anni, quella di coloro che non sono riusciti a guarire è di 82, 20 anni in più. Con le donne che muoiono in età più avanzata rispetto agli uomini, 85 anni contro 79, e in numero minore, visto che rappresentano il 41,6% delle vittime. Inoltre, all’11 giugno, sono solo 366 i pazienti deceduti a causa del Covid-19 con età inferiore ai 50 anni, che diventano 83 se si abbassa la soglia massima ai 40 anni.

I sintomi largamente più diffusi nei pazienti ricoverati e poi deceduti sono la febbre (76%) e le difficoltà respiratorie (74%), seguite dalla tosse (39%), dalla diarrea (6%) e dall’emottisi (1%). Le crisi respiratorie, come stabilito già agli inizi della diffusione del virus, sono anche la complicanza più diffusa tra coloro che hanno poi perso la vita (96,9%), seguita dal danno renale acuto (22,1%), sovrainfezione (13,0%) e dal danno miocardico acuto (11,0%).

Nel report si analizza anche la durata della malattia prima del decesso. Dall’insorgenza dei sintomi al decesso, ad esempio, passano in media 11 giorni, dal manifestarsi dei sintomi al ricovero in ospedale, invece, 5 giorni. Dopo essere stati ricoverati in ospedale sono passati in media 6 giorni prima del decesso. Su questo specifico dato, si sottolinea che coloro che sono stati trasferiti in rianimazione hanno vissuto in media quattro giorni in più di coloro che sono rimasti in altri reparti (9 giorni contro 5).

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