"L’obiettivo non è di tutela dell’ambiente", dice Ecoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente. Il contributo pubblico pari al 110% di tutte le spese è “sproporzionato” rispetto ai “piccoli risultati” che produce in termini di riduzione dei consumi. Vale anche per le caldaie a condensazione che usano fonti fossili. In più c'è il rischio della sovrafatturazione fino ai limiti di spesa, che potrebbe causare un esborso enorme per le casse pubbliche senza alcun vantaggio
Se il settore dell’edilizia messo in ginocchio dalla crisi dovuta all’emergenza Covid-19 nutre speranze nei nuovi superbonus al 110% previsti nel Decreto Rilancio 2020 per gli interventi di efficientamento energetico (Ecobonus) e antisismici (Sisma bonus), nonostante diversi punti critici tra ostacoli e procedure complesse, rischia invece di rimanere deluso chi vedeva in questo provvedimento una svolta epocale dal punto di vista ambientale. Soprattutto perché parliamo dell’incentivo più alto al mondo per questo tipo di interventi: isolamento (cappotto) termico per una spesa massima di 60mila euro a unità immobiliare, sostituzione delle vecchie caldaie e sistemi di riscaldamento (con un limite di spesa di 30mila euro a unità immobiliare), misure antisismiche. Tutto pagato dallo Stato. Che, quindi, avrebbe potuto mirare a obiettivi più ambizioni.
“Questo è un superbonus per l’edilizia, l’obiettivo non è di tutela dell’ambiente e saranno limitati gli effetti anche sul risparmio energetico delle famiglie italiane” spiega a ilfattoquotidiano.it Edoardo Zanchini, vice presidente di Legambiente. Per queste ragioni, insieme a Fillea-Cgil, l’associazione aveva lanciato una proposta di riforma degli incentivi per ristrutturazioni, risparmio energetico e anti-sismico, con tre obiettivi chiari: sostenere un’edilizia verde legata alla rigenerazione, assicurare una riduzione del fabbisogno energetico del 50% e vincolare gli incentivi pubblici alla presentazione di un certificato di regolarità lavorativa. Secondo Legambiente, invece, anche le modifiche all’articolo 119 su cui è stato trovato un accordo (incentivi fino al 2022 e platea di beneficiari estesa) “sembrano premiare la logica degli interventi a pioggia non vincolati a chiari obiettivi di risparmio energetico delle famiglie e di messa in sicurezza del patrimonio edilizio”.
DETRAZIONE DA RECORD PER RISULTATI MINIMI – Il primo punto riguarda proprio il contributo pubblico pari al 110% di tutte le spese, considerato “sproporzionato” rispetto ai “piccoli risultati” che produce in termini di riduzione dei consumi energetici a vantaggio delle famiglie e dell’ambiente. La legge, infatti, aumenta gli incentivi confermando l’obiettivo minimo già in vigore per l’Ecobonus condomini (che aveva una detrazione al 75%), ossia di un salto minimo di due classi energetiche. Considerando che in Italia la classe energetica più diffusa è la G, la riduzione dei fabbisogni energetici sarebbe davvero limitata per le famiglie, perché si resta comunque a una classe E. “Abbiamo proposto di arrivare almeno al 50% o alla classe B – racconta il vice presidente di Legambiente – obiettivo facilmente realizzabile con interventi integrati di coibentazione delle pareti e di sostituzione di caldaie a condensazione, tutti per altro completamente finanziati dallo Stato”. Il solo cambio della caldaia, tanto per fare un esempio, non porterà mai a un risparmio energetico notevole. Tra l’altro, rifare solo il cappotto termico di un edificio non garantisce sempre il salto di due classi energetiche (e quindi la detrazione). Per Zanchini meglio sarebbe prevedere entrambi gli interventi “anche perché se fai il cappotto termico, avrai bisogno di meno riscaldamento e, quindi, di una caldaia più piccola”.
Ma c’è un altro limite: l’Ecobonus copre tutte le spese per gli interventi di isolamento termico delle pareti verticali e orizzontali. Il meccanismo, però, prevede che qualora si intervenga su almeno il 25% della superficie disperdente lorda, tutti gli altri interventi beneficiano di un rimborso completo delle spese. “Il paradosso – sottolinea Legambiente – è che si potrebbe intervenire solo su una parte delle superfici o del tetto con interventi di isolamento, mentre sulle altre pareti ci si potrebbe limitare a un semplice tinteggiatura”, mentre l’obiettivo è quello di spingere sugli interventi di efficienza energetica.
IL RISCHIO DI SOVRAFATTURAZIONE – Ma c’è un rischio ancora più grande, che potrebbero poi pagare i contribuenti, ossia quello di situazioni fraudolente legate alle sovrafatturazioni. In alcuni edifici di diversi piani lo Stato può arrivare a sborsare un milione di euro solo per l’isolamento termico. “Il rischio – commenta Zanchini – è che ci si affidi a imprese che operano in modo poco onesto e che offrano interventi a titolo gratuito ai condomini, chiedendo in cambio di chiudere un occhio su alcune irregolarità. E magari installino pannelli di 3 centimetri dichiarando di aver installato (e pagato) quelli da 10”. Un altro scenario potrebbe essere quello della sovrafatturazione fino ai limiti di spesa, con l’inserimento di interventi non incentivati o incentivati ma non allo 110%.
Solo un sistema di controlli efficace potrà evitare, a quel punto, una perdita ingente per le casse dello Stato e, quindi, per i contribuenti. In questo contesto anche il fattore tempo ha un ruolo importante. Tant’è che la proroga è uno dei due punti su cui è stato trovato un accordo di modifica. La fruizione del Superbonus fino al 2021, infatti, e un iter burocratico che coinvolge una lunga serie di soggetti tra enti e aziende, rischiano di trasformarsi in un alibi per aziende pronte ad accaparrarsi i lavori e installare macchinari scadenti o fuorilegge, magari approfittando della mancanza ad oggi di un sistema di controlli collaudato. Tutto questo a danno dell’ambiente e, anche in questo caso, del risparmio energetico.
SULLA SICUREZZA UN’OCCASIONE PERSA – E poi c’è il capitolo ‘interventi antisismici’. “Di fronte a una detrazione così consistente – spiega Zanchini – lo Stato avrebbe dovuto anche pretendere la messa in sicurezza degli edifici. E contestualmente al cappotto termico, chiedere che si prevedessero anche gli interventi antisismici”. L’attuale proposta prevede invece che gli interventi energetici e quelli sismici possano essere fatti separatamente, ma beneficiando entrambi dell’incentivo al 110%. “È un errore – aggiunge – perché, così come per gli altri lavori, se si interviene sul patrimonio edilizio occorre sempre realizzare un miglioramento di entrambi i fattori”. Il rischio è che si perda un’occasione ghiotta: se migliaia di condomini o proprietari di appartamenti decideranno di approfittare della detrazione, non cogliendo però la possibilità di mettere in sicurezza le loro case, è prevedibile che passino anni prima di decidere di ristrutturare nuovamente e, questa volta, arrivare fino in fondo.
INCENTIVI ALLE FONTI FOSSILI – Altro punto critico dal punto di vista della tutela ambientale è quello strettamente legato all’inquinamento nelle città e riguarda l’incentivo al 110% per l’installazione di caldaie a condensazione. La proposta era quella di lasciare gli incentivi al 50-75%, già tra i più generosi al mondo. “Il riscaldamento delle abitazioni è una delle cause principali non solo delle emissioni di gas serra ma anche dell’inquinamento delle città – spiega Zanchini – per cui è un errore grave fornire incentivi della stessa quantità per caldaie che utilizzano fonti fossili e sistemi a pompe di calore che permettono di avere emissioni e inquinamento zero, in particolare in ambito urbano. In molti condomini, purtroppo, a queste condizioni si sceglierà di utilizzare ancora le caldaie”.