Sul superbonus al 110% sono ancora diversi gli aspetti da chiarire. Le perplessità non riguardano solo la sua efficacia in termini ambientali, ma anche i rischi per i cittadini. Già da giorni Federcontribuenti ha infatti segnalato diversi tentativi di truffa in tutta Italia. Da quella dei 5mila euro, richiesti da presunti consulenti che propongono l’avvio di fantomatiche pratiche ecobonus a quel prezzo, fino ai falsi attestati di classe energetica, con molte società che in queste settimane ne promettono il rilascio in 48 ore al costo di 50 euro. Che questo stia avvenendo ancora prima della conversione in legge del Decreto Rilancio non meraviglia affatto Giovanni Pivetta, green manager e responsabile di Habitami Energy & Building Advisor, team che si occupa proprio di fornire una consulenza tecnica, economica e fiscale per realizzare interventi di efficienza energetica e che a ilfattoquotidiano.it spiega qual è la strada per evitare una serie di distorsioni e di problemi per i cittadini.
Il superbonus è un’occasione che si aspettava da tempo. Saremo in grado di coglierla?
“Sicuramente il Decreto Rilancio disegna un processo virtuoso, ma ci sono una serie di passaggi che bisogna compiere per evitare che una grande occasione di trasformi in una transizione energetica mancata. I cittadini non esperti devono essere messi nelle condizioni di poter effettuare una scelta in modo consapevole, dato che in questo momento è possibile fare interventi complessivi a dei costi impensabili fino a poco tempo fa attraverso lo sconto in fattura (anticipato dal fornitore e da quest’ultimo recuperato sotto forma di credito d’imposta, da poter poi cedere a terzi, inclusi banche e altri intermediari finanziari o direttamente attraverso il credito d’imposta, ndr). Oggi se vogliamo comprare un bene qualsiasi andiamo in rete e abbiamo una serie di portali aggregatori di informazioni, che confrontano la qualità e la tipologia del prodotto che acquistiamo. La tendenza, quindi, è quella di un’informazione trasparente. Che credo sia necessaria anche per quanto riguarda gli edifici dove viviamo”.
A che tipo di informazioni si riferisce?
Se devo affrontare una riqualificazione (a maggior ragione se ci sono in gioco bonus e superbonus) per prima cosa occorre un monitoraggio dei consumi, è importante sapere qual è lo stato di fatto dell’edificio e che qualcuno mi dica cosa posso fare sul fronte dell’efficientamento energetico. Non è detto, per esempio, che il cappotto termico convenga sempre. È vero, poi, che bisogna rispettare i criteri ambientali minimi, ma lo è altrettanto che i magazzini sono pieni di materiali che vanno in direzione opposta a quella dell’economia circolare. Il rischio è che, senza una serie di dati, i proprietari scelgano tecnologie e materiali suggeriti per i loro costi, magari senza neppure sapere le performance di ciò che si sta acquistando. E, vorrei ricordarlo, il riscaldamento gli edifici contribuisce per il 64% alle emissioni di CO2 nell’aria, contro il 10% del traffico veicolare e il 26% derivante dall’attività industriale. Lo Stato non può permettersi di affrontare un investimento così importante senza che ci sia un risultato dal punto di vista ambientale e dei consumi”.
Come evitare che ciò avvenga?
“Il primo passo è quello di una campagna di comunicazione trasparente in cui entrino in gioco tutti i soggetti interessati, dagli Ege (esperti in gestione dell’energia) agli architetti, dai geometri agli ingegneri, fino ai termotecnici e alle multiutility, che sono ormai entrate nel mercato dell’efficienza energetica anche senza sponsorizzarla fino in fondo. Occorre una campagna nella quale il governo coinvolga anche gli enti locali, per la sottoscrizione di linee guide semplici sugli investimenti nella sostenibilità degli edifici. I vari passaggi che precedono i lavori, dovrebbero essere affidati a soggetti indipendenti: monitoraggio su consumi energetici e involucro edilizio, diagnosi energetica e progettazione con protocolli energetico-ambientali. Un altro punto importante sono i contratti di rendimento energetico (Epc), ossia l’accordo tra il beneficiario e il fornitore di una misura di miglioramento dell’efficienza energetica, verificata durante l’intera durata del contratto. In pratica forniture e lavori realizzati sono pagati in funzione del livello di miglioramento dell’efficienza energetica o di altri criteri, come i risparmi economici. In Europa esistono da vent’anni, in Italia da circa un decennio e obbligano il fornitore a fare attività certificata. E questo significa emersione del nero e delle irregolarità. I cittadini, prima di firmare qualsiasi contratto, devo essere sicuri che il progetto sarà coperto dal superbonus che, va ribadito, si applica solo a interventi complessi.
La cessione del credito è spesso stata al centro di dubbi e polemiche, per eventuali distorsioni del mercato e perché richiede di appoggiarsi alle multiutility. Saranno loro a guadagnare di più dal superbonus?
“Saranno i cittadini se si seguiranno linee guida chiare e condivise. È chiaro che oggi solo un’impresa che fattura tanto può fare i lavori e acquistare un credito, mentre la stragrande maggioranza delle aziende edili non ha più di 50 operai. Ecco, dunque, che arriva la multiutility a cui cedere il credito d’imposta. E la possibilità di acquisire la cessione del credito al 110 per cento è un grossa opportunità. A lavorare è l’impresa, a cui resta anche la responsabilità di garantire il risultato. In questo contesto, ad oggi manca una borsa della cessione del credito che ci dica quali sono gli oneri finanziari dei soggetti intermediari, traducendo il valore di uno sconto”.
Chiariamo una cosa: 110% significa che gli interventi non costeranno nulla?
“Non significa che i lavori si possono fare a zero. Con la cessione del credito, è probabile che si pagheranno tra il 20 e il 30% dei costi reali (al netto del costo dell’intermediazione, ndr), a patto che a monte non siano stati raddoppiati i costi da parte delle imprese. In questi giorni si è molto discusso anche del rischio di un aumento dei prezzi. Con l’obiettivo della trasparenza, il decreto indica nei progettisti i responsabili del controllo su questo fronte ed esistono i prezzari delle Camere di Commercio. In qualche misura all’interno del decreto dovranno essere inseriti dei paletti”.