Qualche giorno fa un componente togato in carica presso il Consiglio Superiore della Magistratura, già segretario generale dell’Anm per quattro anni, nel corso di una nota trasmissione televisiva, ha affermato di avere denunciato da anni il sistema delle correnti e di avere “intuito” che esso esistesse e, con riferimento, alla legge elettorale, ha attribuito la responsabilità della crisi dell’autogoverno al predominio di “centri di potere che organizzano il consenso per interessi”, o “che raccolgono voti”, che si sarebbero impadroniti del Csm, organo nato per garantire l’effettività dei principi di indipendenza, imparzialità e neutralità politica della giurisdizione.
E’ stato davvero coraggioso.
Sì, perché ci vuole coraggio a sostenere che la causa della attuale degenerazione sarebbe una mal elaborata legge elettorale, promulgata nel 2002 proprio per combattere lo strapotere di quelle associazioni private tra magistrati, denominate correnti.
Non è stato semplice per lui, infatti, spiegare per quale incredibile eterogenesi dei fini, nel corso di tutte le elezioni per il Csm successive al 2002, questi “centri di potere”, addirittura definiti “occulti”, abbiano condotto ad eleggere sempre e soltanto magistrati appartenenti alle famigerate correnti (ad una delle quali risulta iscritto da innumerevoli anni il consigliere).
E ci vuole coraggio a ritenere estranee queste ultime alle pericolosissime lobbies di cui sopra, visto che subito dopo l’elezione della componente togata, scelta tra gli appartenenti all’ordine giudiziario su un collegio unico nazionale e in una unica lista, inspiegabilmente, queste aggregazioni hanno sempre deciso di creare dei gruppi tra di essi, appellandosi con il nome delle correnti della magistratura associata e violando il dovere deontologico di operare senza vincolo di mandato.
E’ colpa di quei centri di potere se mai un magistrato sganciato da quelle logiche sia riuscito a raggiungere l’agognato scranno!
Ci vuole coraggio anche a sostenere di avere “intuito” che la degenerazione correntizia avesse consentito da decenni l’occupazione del Csm da parte di associazioni private.
Sì, perché già nel novembre del 2012 fu diffusa – per errore del suo mittente – la mail che un consigliere (casualmente appartenente allo stesso gruppo dell’intervistato nella trasmissione di Lucia Annunziata) aveva indirizzato ad altri componenti togati, nella quale si dava atto di pressioni e di interessi per “piazzare” colleghi amici in posizioni di vertice di uffici giudiziari sulla base di “opportunità politica” e sperando di non fare ingiustizie troppo grosse.
La stranezza di questa vicenda è che il caro amico dell’attuale consigliere, ex presidente dell’Associazione dei magistrati, poi divenuto componente del Csm ed oggi “capo espiatorio”, tale Luca Palamara, abbia invece descritto la storia del Csm di questi ultimi decenni come quella di un organo piegato dal “sistema delle correnti”, di un luogo deputato alla “mediazione” di contrapposti interessi, ovvero di “stanza di compensazione” dei bassi appetiti correntizi.
Mica ha parlato, come ha fatto coraggiosamente l’attuale intervistato, di “centri di potere che organizzano il consenso per interessi”, per di più “occulti”.
Secondo Palamara l’organo di garanzia della autonomia e della indipendenza dei magistrati, nel sistema dei gruppi, è divenuto uno degli strumenti per intaccare proprio l’indipendenza interna dei singoli magistrati, atteso che, invece di basarsi sul merito e su criteri oggettivi per la scelta dei “migliori dirigenti” e di preservare l’esercizio della giurisdizione da ogni forma di condizionamento indebito e/o di pressione, esso “penalizza chi non appartiene alle correnti e premia chi appartiene ad esse”.
Con l’ovvio carico di gratitudine e devozione che i prescelti mostreranno eternamente nei confronti dei loro mentori.
Dunque un organo costituzionale a garanzia di molti, ma non di tutti. A tutela degli appartenenti alle lobbies ma indifferente, se non ostile e “danneggiante”, nei confronti di chi non è intruppato.
Un ossimoro per un organo di rilevanza costituzionale, tecnico-amministrativo, come il Consiglio Superiore della Magistratura (al seguente link un saggio che descrive funzioni e principi che dovrebbero orientarne il funzionamento).
E’ stato coraggioso, dunque, il consigliere a smentire quanto ammesso serenamente da chi ha impersonato uno dei tanti gangli vitali del “sistema”.
E’ proprio vero quanto diceva Don Abbondio: “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”.