Sono tredici gli arrestati dai carabinieri di Trapani in quello che viene considerato il feudo del boss latitante Matteo Messina Denaro, primula rossa di Cosa nostra. In carcere anche Francesco Domingo, ritenuto dagli inquirenti boss di Castellammare del Golfo e secondo i magistrati vicinissimo al padrino di Castelvetrano. Domingo ha già subito diverse condanne, anche per associazione mafiosa. E, secondo quanto emerge dall’indagine, dopo ogni scarcerazione sarebbe tornato a guidare il mandamento mafioso di Castellammare del Golfo (Trapani). L’inchiesta è coordinata dalla Dda di Palermo. Nel registro degli indagati risulta indagato il sindaco di Castellammare del Golfo Nicola Rizzo, eletto nel 2018 con una lista civica di centrodestra. All’alba sono stati perquisiti il suo ufficio e la sua abitazione. Il primo cittadino risponde di concorso esterno in una inchiesta stralcio di quella che ha portato alle misure cautelari eseguite dai militari dell’Arma.
Agli arrestati sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, furto, favoreggiamento, violazione della sorveglianza speciale e altro, tutti reati aggravati dal metodo mafioso. Nell’ordinanza era inclusa una quattordicesima persona che è morta. Altre undici persone sono state denunciate a piede libero. Le indagini, coordinate dal procuratore capo Francesco Lo Voi, dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai pm Gianluca De Leo e Francesca Dessì, “hanno permesso di disarticolare la famiglia mafiosa di Castellamamre del Golfo, che nonostante i dissidi interni, vede saldamente al vertice il pregiudicato Francesco Domingo, soprannominato Tempesta, già condannato a 19 anni di carcere per associazione di tipo mafioso ed altro e ritornato in libertà nel marzo del 2015″, dicono gli investigatori.
La famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo, aggregata a quella di Alcamo dopo la prima guerra di mafia che vide la supremazia dei corleonesi, era stata ricostituita nel 1993 “e la reggenza fu affidata a Gioacchino Calabrò, successivamente, come accertato giudizialmente, proprio Domingo aveva ereditato la reggenza dal 1997 fino al 2004, continuando ad esercitare, per alcuni anni, il suo potere anche dall’interno del carcere”. “La stessa sentenza con la quale venne all’epoca condannato aveva altresì accertato che Domingo aveva svolto il ruolo di tramite fra Cosa nostra e un’organizzazione criminale operante in Sardegna e ciò in quanto Giovanni Brusca e Matteo Messina Denaro avevano programmato alcuni atti ritorsivi contro le guardie carcerarie”, dicono ancora gli investigatori.
Per gli inquirenti è stato “sigillato” un nuovo patto mafioso tra i boss del feudo del latitante Matteo Messina Denaro e gli affiliati residenti negli Stati Uniti. Francesco Domingo è ritenuto dagli investigatori “come autorità di vertice tra le articolazioni mafiose trapanesi”, e “riconosciuto anche negli Stati Uniti d’America ove come noto si sono da tempo insediate e sviluppate ‘‘cellule” di Cosa Nostra”.
“Numerose sono state infatti le visite, intercettate dalle microspie e telecamere dei Carabinieri, di esponenti mafiosi della famiglia italo-americana Bonanno di New York che aggiornavano il capo mafia castellammarese delle dinamiche e degli equilibri di Cosa Nostra oltreoceano”, dicono ancora gli inquirenti. Ma i mafiosi americani “chiedevano anche a Domingo l’autorizzazione per interloquire con altri esponenti del mandamento di Alcamo, peroravano le cause di conoscenti in patria, nonché veicolavano messaggi tra Domingo e i sodali in America”. “Proprio con riferimento ai rapporti con Cosa Nostra statunitense Domingo incontrava, riservatamente nell’estate del 2018, anche il boss di Sciacca (Agrigento) Accursio Dimino, poi arrestato nel novembre dello scorso anno, e successivamente i suoi emissari”, spiegano i Carabinieri del Nucleo investigativo guidati dal tenente colonnello Antonio Merola.
Mafie
Matteo Messina Denaro, blitz dei carabinieri nel “feudo” del boss: 13 arresti. Indagato sindaco di Castellammare del Golfo
Contestati, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, furto, favoreggiamento, violazione della sorveglianza speciale e altro, tutti reati aggravati dal metodo mafioso. Per gli inquirenti è stato "sigillato" un nuovo patto mafioso tra i boss del feudo del padrino latitante e gli affiliati residenti negli Stati Uniti
Sono tredici gli arrestati dai carabinieri di Trapani in quello che viene considerato il feudo del boss latitante Matteo Messina Denaro, primula rossa di Cosa nostra. In carcere anche Francesco Domingo, ritenuto dagli inquirenti boss di Castellammare del Golfo e secondo i magistrati vicinissimo al padrino di Castelvetrano. Domingo ha già subito diverse condanne, anche per associazione mafiosa. E, secondo quanto emerge dall’indagine, dopo ogni scarcerazione sarebbe tornato a guidare il mandamento mafioso di Castellammare del Golfo (Trapani). L’inchiesta è coordinata dalla Dda di Palermo. Nel registro degli indagati risulta indagato il sindaco di Castellammare del Golfo Nicola Rizzo, eletto nel 2018 con una lista civica di centrodestra. All’alba sono stati perquisiti il suo ufficio e la sua abitazione. Il primo cittadino risponde di concorso esterno in una inchiesta stralcio di quella che ha portato alle misure cautelari eseguite dai militari dell’Arma.
Agli arrestati sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, furto, favoreggiamento, violazione della sorveglianza speciale e altro, tutti reati aggravati dal metodo mafioso. Nell’ordinanza era inclusa una quattordicesima persona che è morta. Altre undici persone sono state denunciate a piede libero. Le indagini, coordinate dal procuratore capo Francesco Lo Voi, dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai pm Gianluca De Leo e Francesca Dessì, “hanno permesso di disarticolare la famiglia mafiosa di Castellamamre del Golfo, che nonostante i dissidi interni, vede saldamente al vertice il pregiudicato Francesco Domingo, soprannominato Tempesta, già condannato a 19 anni di carcere per associazione di tipo mafioso ed altro e ritornato in libertà nel marzo del 2015″, dicono gli investigatori.
La famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo, aggregata a quella di Alcamo dopo la prima guerra di mafia che vide la supremazia dei corleonesi, era stata ricostituita nel 1993 “e la reggenza fu affidata a Gioacchino Calabrò, successivamente, come accertato giudizialmente, proprio Domingo aveva ereditato la reggenza dal 1997 fino al 2004, continuando ad esercitare, per alcuni anni, il suo potere anche dall’interno del carcere”. “La stessa sentenza con la quale venne all’epoca condannato aveva altresì accertato che Domingo aveva svolto il ruolo di tramite fra Cosa nostra e un’organizzazione criminale operante in Sardegna e ciò in quanto Giovanni Brusca e Matteo Messina Denaro avevano programmato alcuni atti ritorsivi contro le guardie carcerarie”, dicono ancora gli investigatori.
Per gli inquirenti è stato “sigillato” un nuovo patto mafioso tra i boss del feudo del latitante Matteo Messina Denaro e gli affiliati residenti negli Stati Uniti. Francesco Domingo è ritenuto dagli investigatori “come autorità di vertice tra le articolazioni mafiose trapanesi”, e “riconosciuto anche negli Stati Uniti d’America ove come noto si sono da tempo insediate e sviluppate ‘‘cellule” di Cosa Nostra”.
“Numerose sono state infatti le visite, intercettate dalle microspie e telecamere dei Carabinieri, di esponenti mafiosi della famiglia italo-americana Bonanno di New York che aggiornavano il capo mafia castellammarese delle dinamiche e degli equilibri di Cosa Nostra oltreoceano”, dicono ancora gli inquirenti. Ma i mafiosi americani “chiedevano anche a Domingo l’autorizzazione per interloquire con altri esponenti del mandamento di Alcamo, peroravano le cause di conoscenti in patria, nonché veicolavano messaggi tra Domingo e i sodali in America”. “Proprio con riferimento ai rapporti con Cosa Nostra statunitense Domingo incontrava, riservatamente nell’estate del 2018, anche il boss di Sciacca (Agrigento) Accursio Dimino, poi arrestato nel novembre dello scorso anno, e successivamente i suoi emissari”, spiegano i Carabinieri del Nucleo investigativo guidati dal tenente colonnello Antonio Merola.
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(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.