L’avallo di Enrico Mentana alla fake news del quotidiano spagnolo di destra ABC sui presunti finanziamenti venezuelani ai Cinquestelle costituisce davvero un brutto infortunio per uno dei maggiori protagonisti del giornalismo radiotelevisivo italiano. Giornalista ben noto e che ritenevo che, nel poco incoraggiante panorama dell’informazione italiana, rappresentasse quantomeno un personaggio dignitoso e affidabile.
Il Fatto ha meritoriamente ricostruito criticamente, con dovizia di particolari, l’infausta vicenda. Al centro della stessa c’è una grossolana falsificazione di un documento che si vorrebbe proveniente dai servizi segreti venezuelani che proverebbe il versamento, avvenuto nel 2010, di 3 milioni e mezzo di euro dal governo di Caracas a Roberto Casaleggio. La falsificazione è talmente grossolana che è sbagliato il timbro e perfino il nome del Ministero che sarebbe coinvolto. Mentana ha invece ribadito la sua fiducia nei confronti di ABC sostenendo che essi sono in possesso anche di altre prove. Quali esse siano non lo dice e probabilmente neanche lo sa.
ABC, d’altronde, non è nuova alle montature che hanno per obiettivo settori politici italiani. Quando il governo Conte proclamò il lockdown, all’epoca avversato non solo da Trump ma anche da una parte consistente dell’establishment europeo, il quotidiano pubblicò una serie di allarmistiche corrispondenze dal nostro Paese, prontamente riprese dalla stampa di destra latinoamericana, secondo le quali l’Italia sarebbe stata in preda alla fame e scossa da rivolte, devastazioni e saccheggi.
Graves tensiones en el sur de Italia: primeros saqueos en supermercados y llamadas a la rebelión https://t.co/2G4alDkewT
— ABC.es (@abc_es) March 28, 2020
Ora come allora, nell’obiettivo della destra italiana e internazionale e dei suoi organi di stampa, di criticare il governo Conte e specialmente la sua componente pentastellata – meno sensibile di altri ai richiami all’ordine di Confindustria che avrebbe voluto mettere le proprie preoccupazioni produttivistiche al di sopra del diritto alla salute (riuscendoci peraltro quantomeno in parte) e ferma nel non riconoscere Guaidò come presidente. Posizione quest’ultima molto più lungimirante di quelle degli altri Paesi europei, data la miseranda conclusione della parabola politica del personaggio in questione, oggi isolato all’interno stesso dei settori più oltranzisti dell’opposizione venezolana e oggetto di pesanti critiche da parte dei suoi stessi sostenitori per il maneggio disinvolto degli ingenti fondi ricevuti da Trump e e da altri.
Nell’ottica della destabilizzazione di Conte, si spiegherebbe anche la pronta e imbarazzante ospitalità offerta da Mentana alla patacca di ABC così come la posizione da parte di altri organi informativi “moderati” come il Foglio, secondo il quale, patacca o meno, l’importante è che i Cinqustelle e Di Battista in particolare non fossero affatto neutrali ma inclinassero pericolosamente verso Maduro, come dimostrato da un convegno, peraltro molto ben riuscito, tenutosi in sede parlamentare il 13 marzo 2015. Partecipavano oltre a dei diplomatici dei Paesi appartenenti all’Alba, Gianni Minà, Luciano Vasapollo, nonché “maduristi hard” (qualunque cosa ciò significhi) come il compianto Giulietto Chiesa e il sottoscritto.
La posta in gioco dell’operazione è quindi chiara: indebolire i Cinquestelle per colpire Conte e contribuire a preparare il terreno con un personaggio più affidabile per lorsignori (da Trump alla Confindustria). Resta la tristezza per il fatto che si debbano adoperare a tale fine dei falsi grossolani specie se, come sottolinea Michela Arricale, a farlo è colui che in tempi recenti si autoproclamò il paladino della lotta contro le fake news.