Er Cecato è tornato ma non potrà muoversi dal suo comune di residenza: Sacrofano, in provincia di Roma. E ovviamente non potrà espatriare. Lo ha deciso la procura generale della corte d’Appello ordinando l’obbligo di dimora per l’ex estremista nero scarcerato ieri per decorrenza dei termini della carcerazione preventiva. In pratica secondo i giudici il principale imputato del processo Mondo di Mezzo può darsi alla fuga, in attesa che venga ricalcolato l’esatto ammontare della pena che gli resta da scontare.
“Sussiste il concreto pericolo di fuga”, scrivono i giudici facendo riferimento in particolare ai “gravi reati di cui è chiamato a rispondere, i precedenti penali, e il tentativo già posto in essere in passato di fuggire all’estero per sottrarsi alla cattura, occasione nella quale venne gravemente ferito”. “Ritenuto anche che il giudizio di rinvio a carico di Carminati deve essere ancora celebrato”, aggiungono. Nel provvedimento si spiega inoltre che i Carabinieri dovranno “ritirare il passaporto e ogni documento valido per l’espatrio”. Il riferimento al “tentativo posto in essere in passato di fuggire all’estero” è al conflitto a fuoco nel quale Carminati rimase gravemente ferito ad un occhio. Il rocambolesco tentativo di fuga risale al 20 aprile 1981: Carminati fu catturato mentre tentava di passare il confine con la Svizzera. La Digos lo intercettò in provincia di Varese a bordo di un’auto: ne nacque una sparatoria, l’ex Nar fu gravemente ferito ad un occhio e catturato. Fu quello il primo arresto per Carminati. L’ultimo invece proprio in una stradina di campagna di Sacrofano immortalato in un video allegato agli atti di Mondo di mezzo.
La libertà assoluta, dunque, è durata solo una notte per l’imputato principale del processo Mondo di Mezza. Ieri il tribunale ne aveva ordinato la scarcerazione per decorrenza termini dopo 5 anni e 7 mesi di detenzione preventiva. L’ex Nar è atterrato ieri sera a Roma dopo avere lasciato il carcere di Oristano accolto da moglie e familiari. L’immediata scarcerazione è stata concessa “se non ristretto per altra causa”. Dopo 24 ore ecco l’obbligo di dimora. Nelle motivazion i giudici scrivono che “deve ritenersi che in relazione ai due capi di imputazione il termine complessivo massimo di custodia cautelare è scaduto, con la conseguenza che va disposta la scarcerazione dell’appellante”.
In pratica il tribunale certifica due concetti: dopo l’annullamento senza rinvio della Suprema corte la condanna di Carminati non è ancora definitiva e dunque si trova ancora in custodia cautelare; quest’ultima, però, è già scaduta visto che la Cassazione ha cancellato le condanne per mafia. E nel frattempo ci ha impiegato ben otto mesi per depositare le motivazioni: gli ermellini hanno emesso sentenza il 22 ottobre, mentre le motivazioni sono state depositate il 12 giugno. Nel frattempo, i termini di custodia cautelare di Carminati sono scaduti. E dire che in questo periodo le udienze erano bloccate a causa dell’emergenza coronavirus: i giudici avrebbero potuto sfruttare il lockdown per scrivere le motivazioni ed evitare la scarcerazione di Carminati. Uno che in passato si è salvato più volte beneficiando addirittura di ben tre indulti.
Come per il Cecato anche per altri condannati eccellenti si apre la partita della scadenza termini. Nel caso di Salvatore Buzzi, ras delle cooperative e finito in carcere nel dicembre del 2014 (prima tornata di arresti), i termini sarebbero già scaduti. Buzzi si trova agli arresti domiciliari dal dicembre scorso e fino ad ora la difesa non ha presentato istanza al tribunale della Libertà per chiederne la scarcerazione.
In autunno invece scadranno i termini per i soggetti raggiunti dal provvedimento di custodia cautelare nel giugno del 2015, tra cui l’ex consigliere regionale Luca Gramazio che potrebbe dunque essere scarcerato.
Sempre dopo l’estate è previsto il nuovo snodo processuale del procedimento, dopo la sentenza della Cassazione che ha fatto cadere l’accusa di associazione mafiosa riconoscendo l’esistenza di due organizzazioni criminali distinte dedite anche alla corruzione di pubblici funzionari e amministratori locali. Non prima di settembre, infatti, sarà fissata l’udienza davanti alla corte d’Appello di Roma per il processo bis di secondo grado che dovrà solo rideterminare la pena per una ventina dei 32 imputati e il calcolo delle condanne così come disposto dalla Cassazione. Tra loro anche Franco Panzironi, ex amministratore delegato di Ama.
Per quanto riguarda Carminati e Buzzi, condannati nel primo processo d’Appello rispettivamente a 14 anni e 6 mesi e 18 anni e 4 mesi di reclusione, la pena dovrebbe essere sensibilmente abbassata anche alla luce della detenzione preventiva già fatta. Dal punto di vista tecnico la Cassazione, che ha depositato il 12 giugno scorso le motivazioni della sentenza con cui ha fatto cadere l’associazione mafiosa, invierà gli atti alla corte d’Appello che dovrà fissare una data e dare, come da norma, un preavviso di venti giorni alle parti. Un iter che farà slittare a dopo la pausa estiva l’udienza. Questione che verrà, infine, valutata in futuro è quella legata alla possibile richiesta di risarcimento da parte dei difensori per chi ha dovuto affrontare, è il caso di Carminati e Buzzi, un detenzione al regime di 41 bis per le accuse poi cadute di associazione di stampo mafioso.