Era il 20 settembre di tre anni fa quando una operatrice culturale, in una cascina adibita a centro di accoglienza, fu aggredita a Fontanella (Bergamo) da un giovane migrante che fu fermato da altri due cittadini stranieri. Da questo episodio di violenza sono partite le indagini sulla gestione di alcuni centri per migranti e rifugiati che ieri hanno portato i carabinieri a eseguire tre misure cautelari su ordine del giudice per le indagini preliminari, Lucia Graziosi. E così sono finiti agli arresti domiciliari, come riporta il Corriere della Sera, padre Antonio Zanotti, 73 anni, fondatore e guida della cooperativa Rinnovamento, la presidente Anna Maria Preceruti, 58 anni, e l’economo Giovanni Trezzi, 49 anni.
Trentotto gli indagati che, a vario titolo, rispondono di associazione a delinquere finalizzata alla truffa allo Stato. Il giudice ha disposto il sequestro preventivo ai fini della confisca di 120mila euro, la cifra che corrisponde, secondo le indagini del pm Davide Palmieri che era titolare anche dell’indagine sulla violenza e che ha lasciato l’indagine al collega Fabrizio Gaverini, ai contributi pubblici che avrebbero ottenuto senza rispettare i requisiti previsti per legge. Come è noto per ogni ospite lo Stato versava 35 euro al giorno: denaro che sarebbe stato incassato anche quando il profugo di turno lasciava la struttura, ma non solo: stando alle indagini dei militari dell’Arma agli ospiti dei centri sarebbe stato dato cibo scaduto.
Un modus operandi utilizzato anche dall’associazione Diakonia, della Caritas di Bergamo, e dalla Ruah. Tra gli indagati c’è anche don Claudio Visconti, 56 anni, ex responsabile Caritas di Bergamo. Per il giudice, come riporta il Corriere, si sarebbe servito delle due associazioni per intascare soldi pubblici “non spettanti”, controllare “le dinamiche dell’accoglienza migratoria e la successiva gestione, riuscendo a condizionare le istituzioni interessate al fine di ottenere vantaggi indebiti“. Agli atti ci sono ci sono intercettazioni telefoniche e filmati in cui le fatture vengono falsificate. Senza dimenticare, stando alle indagini, che l’uscita dai centri di accoglienza veniva comunicata più tardi , oppure venivano dati per ospitati migranti che erano a lavorare altrove e dunque non potevano usufruire di nessuno dei servizi. Inoltre il personale impiegato non sarebbe stato sufficiente in proporzione al numero delle persona accolte né gli sarebbero stati forniti altri servizi.
C’è poi una contestazione, per tre indagati, riguardante lo sfruttamento del lavoro degli stranieri. E infine anche una presunta turbativa d’asta legata all’assegnazione dei posti del servizio Sprar al Comune di Bergamo. Tra gli indagati, ma per abuso d’ufficio e con un ruolo considerato non centrale, anche tre vice prefetti tra Bergamo e Cremona.