Il fatto non sussiste. Con formula piena il giudice del tribunale di Torino ha assolto tutti i 15 imputati nel processo per il crac di Seat Pagine gialle, che erano accusati di bancarotta fraudolenta. Per per loro il pubblico ministero Valerio Longi aveva chiesto un totale di 75 anni di condanne. Il giudice, quindi, ha accolto la tesi della difesa, che il 27 gennaio scorso aveva sottolineato che il maxi-dividendo agli azionisti di Seat Pagine Gialle deliberato nel 2004 era “perfettamente giustificato perché la futura crisi di Seat Pagine Gialle non era prevedibile”. Questo era il senso dell’arringa dell’avvocato Giuseppe Iannaccone. La tesi del pm Valerio Longi, invece, era che il dividendo di tre miliardi e 578 milioni contribuì a generare una “situazione finanziaria insostenibile”. Per questo motivo aveva chiesto 15 condanne, 5 anni per ciascun imputato, senza fare distinzioni fra ruoli e cariche ricoperte nella società. I 15 imputati erano l’allora presidente Enrico Giliberti e l’allora ad Luca Majocchi, gli ex consiglieti Lino Benassi, Dario Cossutta, Guido Paolo Gamucci, Luigi Lanari, Michele Marini, Stefano Mazzotti, Marco Reboa, Alberto Tazartes, Nicola Volpi, Mclain Bruce Hardy e gli ex sindaci Enrico Cervellera, Vincenzo Ciruzzi e Andrea Vesapolli, erano accusati di bancarotta fraudolenta.
Il punto centrale del processo era una distribuzione agli azionisti – sancita dall’assemblea del 15 aprile 2004 – di un dividendo pari a tre miliardi e 578 milioni. L’operazione, secondo la tesi originaria dell’accusa, contribuì a generare una “esposizione finanziaria insostenibile”. La storica società torinese fu poi ammessa al concordato preventivo nel 2013. A gennaio Iannaccone, prendendo la parola in difesa di sei componenti del cda dell’epoca, ha spiegato che l’Ebitda (il margine operativo lordo) è stato in continua crescita fino al 2007, anno che fu “addirittura il migliore in assoluto di Seat“, e nel 2008 rimase stabile. Solo nei cinque anni successivi si ebbe un calo: “Una crisi – ha detto l’avvocato a gennaio – dovuta al fatto che i clienti cambiarono abitudini. E anche altri operatori nel mondo furono colpiti da problemi analoghi”. Oggi il pool difensivo ha commentato con evidente soddisfazione la sentenza del tribunale di Torino, parlando di “chiusura di un dibattimento approfondito e attento, che ci ha consentito di dimostrare l’infondatezza della tesi accusatoria nei confronti degli imputati”.
“Siamo molto soddisfatti dell’esito odierno che accoglie pienamente le richieste della difesa e sancisce l’assoluzione con formula piena per i nostri assistiti in quanto il fatto non sussiste”, ha commentato l’avvocato di Clifford Chance, Antonio Golino, il legale di Guido Paolo Gamucci e Nicola Volpi (ex soci del fondo di private equity Permira), in co-difesa con l’avvocato Iannaccone. Sulla stessa posizione anche l’ex ad Luca Majocchi: “Sono molto soddisfatto, per me, per l’intero cda e per tutti coloro che in quegli anni hanno lavorato e creduto in Seat Pagine Gialle”. “Va dato merito al Tribunale di Torino di aver voluto approfondire una questione con un portato numerico di 3,5 miliardi di euro e con forti ricadute sull’opinione pubblica“, ha aggiunt il suo legale, l’avvocato Giuseppe Fornari. Majocchi ha poi sottolineato che la causa del dissesto è stata di natura industriale e non finanziario: “Può sembrare che all’origine del crac ci sia stata l’operazione di leveraged buy out, pur essendo stata riconosciuta legale. Non è così. Nel 2003 il presupposto era che Seat rappresentava un’azienda molto forte nel panorama italiano grazie agli elenchi cartacei, ai servizi telefonici e a Internet. La storia poi è stata diversa dalle attese – ha aggiunto – Cinque anni dopo, nel 2008, nasce il mondo del mobile business e un intero modello di business viene spazzato via”. Il manager ha spiegato che non è stato un fenomeno solo italiano: “In tutto il mondo le società di Pagine Gialle hanno perso il fatturato a favore di Google”.