Aveva parlato a più riprese di sconcerto, di riprovazione, di un coacervo di manovre che ha minato l’autorevolezza della magistratura, di “degenerazione del sistema correntizio” e di “inammissibile commistione fra politici e magistrati”. Oggi, dopo oltre un anno, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella torna sullo scandalo del Csm che ancora incrina l’immagine della magistratura. Il capo dello Stato sottolinea che ora le toghe sono chiamate a “recuperare la credibilità e la fiducia dei cittadini” e che hanno un dovere di fedeltà alla sola Costituzione. “E’ necessario – dice, rivolto ai partiti – che il tracciato della riforma sia volto a rimuovere prassi inaccettabili, frutto di una trama di schieramenti cementati dal desiderio di occupare ruoli di particolare importanza giudiziaria e amministrativa, un intreccio di contrapposte manovre, di scambi, talvolta con palese indifferenza al merito delle questioni e alle capacità individuali”.

Mattarella parla al Quirinale in una cerimonia per ricordare le uccisioni ad opera del terrorismo rosso e della mafia dei magistrati Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Giudo Galli, Mario Amato, Gaetano Costa e Rosario Livatino. L’appello del presidente rivolto ai componenti del Csm ma evidentemente estendibile a tutte le istituzioni in questa fase post-Covid: “A tutti e a ciascuno è richiesto il coraggio di abbandonare atteggiamenti fondati su prospettive limitate, di corto respiro, che, distorcendo la vita delle istituzioni, rischiano di delegittimarle. È un dovere istituzionale che grava su ciascuno. E che non può essere eluso”.

E’ un discorso che fa da compendio delle posizioni già espresse già da oltre un anno dal Quirinale sull’inchiesta Palamara. Sottolinea Mattarella che “la documentazione raccolta dalla Procura della Repubblica di Perugia – la cui rilevanza va valutata nelle sedi proprie previste dalla legge – sembra presentare l’immagine di una magistratura china su stessa, preoccupata di costruire consensi a uso interno, finalizzati all’attribuzione di incarichi. Questo fenomeno si era disvelato nel momento in cui il Csm è stato chiamato, un anno addietro, ad affrontare quanto già allora emerso. Quel che è apparso ulteriormente fornisce la percezione della vastità del fenomeno allora denunziato; e fa intravedere un’ampia diffusione della grave distorsione sviluppatasi intorno ai criteri e alle decisioni di vari adempimenti nel governo autonomo della Magistratura”. Il capo dello Stato si dice certo “che queste logiche non appartengono alla magistratura nel suo insieme, che rappresenta un ordine impegnato nella quotidiana elaborazione della risposta di giustizia rispetto a una domanda che diventa sempre più pressante e complessa”. Il capo dello Stato sottolinea che “la stragrande maggioranza dei magistrati è estranea alla ‘modestia etica‘ – di cui è stato scritto nei giorni scorsi – emersa da conversazioni pubblicate su alcuni giornali e oggetto di ampio dibattito nella pubblica opinione. E, anche per questo, non si può ignorare il rischio che alcuni attacchi alla magistratura nella sua interezza siano, in realtà, strumentalmente diretti a porne in discussione l’irrinunciabile indipendenza. Indipendenza che ho, per dovere costituzionale a me affidato, il compito di tutelare con determinazione”.

Il presidente è tornato di nuovo anche sui limiti dei poteri del capo dello Stato che da Costituzione guida anche il Consiglio superiore della magistratura. Se un mese fa ha ricordato che non può sciogliere a piacimento il plenum, ora Mattarella ribadisce – prendendo come interlocutori diversi leader e commentatori – la necessità di un “rispetto rigoroso delle regole della Costituzione“. “Si odono talvolta esortazioni, rivolte al Presidente della Repubblica, perché assuma questa o quell’altra iniziativa – dice – senza riflettere sui limiti dei poteri assegnati dalla Carta ai diversi organi costituzionali. In questo modo si incoraggia una lettura della figura e delle funzioni del Presidente difforme da quanto previsto e indicato, con chiarezza, dalla Costituzione”. Anzi, Mattarella sottolinea di ritenere “di avere il dovere di non pretendere di ampliare” la sfera dei poteri costituzionali del presidente. “Non esistono motivazioni contingenti che possano giustificare l’alterazione della attribuzione dei compiti operata dalla Costituzione: qualunque arbitrio compiuto in nome di presunte buone ragioni aprirebbe la strada ad altri arbitrii, per cattive ragioni”. Da qui si ricorda l’appello che Mattarella aveva già fatto alla politica e al Parlamento di procedere come da normali iter democratici per riformare il Csm: se si vuole modificare le regole di composizione del Consiglio, i partiti hanno tutto il potere di farlo alle Camere. Come noto, c’è un testo di partenza che dovrebbe essere discusso in Parlamento e che al momento è quello su cui si è accordata la maggioranza di governo.

Ma ora tocca ai magistrati, ribadisce Mattarella: “Questo è il momento di dimostrare, con coraggio, di voler superare ogni degenerazione del sistema delle correnti per perseguire autenticamente l’interesse generale ad avere una giustizia efficiente e credibile. E’ indispensabile porre attenzione critica sul ruolo e sull’utilità stessa delle correnti interne alla vita associativa dei magistrati”.

Un’ultima parte del discorso di Mattarella è dedicata al funzionamento della giustizia: “I nostri cittadini – fa appello il presidente della Repubblica – hanno diritto a poter contare sulla certezza del diritto e sulla prevedibilità della sua applicazione rispetto ai loro comportamenti. Questo vale – a partire naturalmente dalle scelte del legislatore – per la giustizia civile come per quella penale, per quella amministrativa come per quella contabile: non possono essere costruite ex post fattispecie e regole di comportamento”.

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