“Rosario Oristanio? Un animale”. Animale come Edmundo: forte, difficile da tenere. Sì, era un attaccante fortissimo, nato esterno e poi diventato centravanti: piedi sopraffini, gran tecnica, carattere forte, e non potrebbe essere altrimenti per uno che viene da Felitto nel Cilento, provincia di Salerno, zona aspra, ruvida ma che nasconde tesori, se sai cercarli. Oristanio quei tesori tra gli anni ’80 e ’90 li regalava ai tifosi e ai compagni accentrandosi e infilando il pallone nell’angolino, facendo ammattire gli avversari: ricordateveli, questi movimenti. “Ma ho iniziato tardi a giocare, a 18 anni, perché prima giocavo in paese, a Felitto, poi ho capito che ero bravino e ne ho fatto un lavoro”.
Senza perdere di vista però il futuro: “Intanto studiavo all’Isef, studiavo e giocavo: ho giocato in Promozione, Eccellenza arrivando pure in Serie C tra i professionisti, arrivando comunque a laurearmi”. Agropoli, Poseidon, Fasano, Martina Franca, due volte la palma di capocannoniere: e la fama di gran calciatore che l’accompagna “Ne ho fatto un lavoro, in attesa di cominciare a lavorare seriamente. Ho iniziato a insegnare in Sardegna, e giocavo anche lì, ma ormai più per divertirmi”. E non è uno che rimpiange i bei tempi, non è tra gli ex che parlano di abbassamento drastico dei valori, non è tipo da “ai miei tempi eravamo più forti” : “Mah non so come si faccia a dire una cosa del genere quando all’epoca in Eccellenza ci allenavamo due volte a settimana più la partita e oggi fanno cinque allenamenti con la partita. Magari si può dire che ai tempi nostri c’era più tecnica, ma con molta meno velocità: il calcio è sempre calcio, cambia sì, ma un giocatore forte è sempre un giocatore forte. Tanti ex colleghi si fanno prendere dalla nostalgia”.
E fortissimo è il figlio di Rosario, Gaetano Pio, classe 2002, baby fenomeno dell’Inter che con la palla fa cose da pazzi, e in particolare come il papà è uno spettacolo quando punta gli avversari, saltandoli regolarmente e poi si accentra e tira: “E’ molto più forte di me e ovviamente da padre mi fa piacere, non posso che augurargli il meglio con la responsabilità però di farlo crescere bene. Da allenatore, visto che l’ho allenato, dico che è molto, molto forte, ma me n’ero accorto già quando aveva quattro cinque anni. Era bravissimo ma timido: non voleva giocare con bimbi che non conosceva e dovevo presentarglieli uno per uno prima delle partite. Oggi chiaramente è diverso”.
A guardare i numeri di Gaetano si resta ammaliati, tocca palla con una leggiadria che tocca in dote a pochissimi, dribbla che è una bellezza, tira con precisione: “Ma deve migliorare. Nel calcio il segreto è sapere che bisogna sempre migliorare. Ha solo 17 anni, a settembre ne farà 18: ha già fatto tanti sacrifici ma lui sa perfettamente che fare il calciatore non è una cosa semplice come tutti dicono, anzi. Da piccolo era juventino, infatti quando firmammo il contratto con l’Inter glielo dissero: ‘Cambierai presto idea’. Ovviamente ora non lo è più”. E il modello del ragazzino, che sogna l’esordio in maglia nerazzurra, non è di quelli facilmente eguagliabili: “Lui è innamorato di Messi, si ispira a lui pur dicendo sempre ‘papà, Messi è inarrivabile’. E’ di Messi che guarda le movenze, i gesti, le giocate. Ma ovviamente con grande umiltà: è un ragazzo coi piedi per terra”. Le premesse, da quanto si vede in video e skills, sono ottime: “Magari sarà uno dei casi in cui sarà il papà a portare il peso del cognome del figlio, per me va benissimo”.