L’inchiesta della compagnia dei carabinieri di Livorno, coordinata dalla Procura, ha portato mercoledì a dieci misure cautelari nei confronti di medici, avvocati e professionisti. Svelata "una ramificata organizzazione" con al vertice il medico legale Francesco Papini, colui che per l'accusa si occupava del "reclutamento dei vari clienti/pazienti" e della collaborazione di professionisti compiacenti. Indagato anche il cantante Nigiotti, che si difende: "Estraneo a qualsiasi fatto di natura illecita"
Simulavano lesioni che non esistevano, procuravano danni “ad hoc” alle auto per dimostrare la gravità degli incidenti e alcuni se li inventavano proprio. Il tutto per “gonfiare” i danni e quindi anche i risarcimenti dalle compagnie assicurative. Sempre con il solito “metodo”, quello della “Triade sicura”: come il nome della lesione al ginocchio che avrebbe fatto ottenere un risarcimento “certo” e come i vertici dell’organizzazione che, per ogni incidente, si serviva di un minimo di tre persone compiacenti. L’inchiesta della compagnia dei carabinieri di Livorno, coordinata dalla Procura, ha portato mercoledì a dieci misure cautelari nei confronti di medici, avvocati e professionisti: due in carcere, tre ai domiciliari mentre per altri cinque è scattata l’interdizione dalla professione. L’accusa per 18 degli 89 indagati è di associazione per delinquere – per due di loro anche di autoriciclaggio e reati fiscali – mentre le altre 71 persone sono accusate a piede libero del reato di “fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e mutilazione fraudolenta della propria persona”: la cosiddetta “truffa delle assicurazioni”.
Mercoledì mattina gli investigatori hanno svolto perquisizioni in molte città d’Italia – da Milano a Livorno, passando per Lucca, Firenze, Massa Carrara e Bologna – e all’ideatore dell’organizzazione, il medico legale livornese Francesco Papini, sono state sequestrate anche una villa in città, altri tre immobili e soprattutto 57 opere d’arte contemporanea – tra cui quadri di Fattori, Guttuso, De Pisis e Carrà – una scultura e un’anfora di epoca romana per un valore di 2 milioni di euro. Gli investigatori hanno ricostruito 35 casi di incidenti in cui sono stati ottenuti risarcimenti di danni, fisici e psicologici, sovrastimati per un totale di 650mila euro. Tre di questi anche durante il periodo del lockdown.
Tra gli indagati a piede libero c’è anche il noto cantante livornese Enrico Nigiotti, che ha partecipato ai talent “Amici” e “X Factor” e anche alle ultime due edizioni del Festival di Sanremo. Nigiotti è accusato di aver accettato di alterare, in concorso con Papini e altre persone, la documentazione sanitaria relativa a un incidente che lo stesso cantante aveva fatto dirigendosi proprio al Festival di Sanremo nel 2019. L’idea e il “promotore” dell’iniziativa è lo stesso Papini. Il cantante 33enne, è l’accusa dei pm livornesi, avrebbe ottenuto dalla compagnia assicurativa un risarcimento di 12mila euro, più alto del dovuto, di cui 1.100 finiti a Papini. Secondo l’accusa, il medico legale intercettato aveva detto ad altre due persone che il cantante “non s’è fatto nulla” ma poi, in un’altra conversazione, aveva ammesso di aver “costruito” una diagnosi di “doppia lesione alla cuffia dei rotatori destro e sinistra bilaterale” per aumentare il risarcimento. Tutto questo dopo aver istruito Nigiotti sul percorso medico con dottori a loro volta indagati: “Naturalmente Enrico, te hai fatto le visite dal dottor Luca Fabbri quel giorno… – si legge in una conversazione intercettata tra Papini e Nigiotti riportata nell’ordinanza – hai fatto fisioterapia da…in v.Marks a Stagno da Bientinesi…tanto è già avvertito e già pagato…sicché problemi non ce n’è con nessuno…”. In una replica su Facebook, Nigiotti si è difeso dicendosi “estraneo” alla vicenda e raccontando di essere rimasto coinvolto, un anno fa, in un “brutto incidente stradale nel quale ho rischiato la vita”. Nigiotti ha aggiunto che chiarirà “il prima possibile” la sua posizione.
L’associazione che “gonfiava” gli incidenti – L’inchiesta è nata nel maggio 2019 da un incidente sospetto in cui i risarcimenti pagati dalla compagnia assicurativa risultavano più alti rispetto all’entità del danno. E da quel momento – attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali – gli investigatori avrebbero scoperto un’associazione a delinquere composta da 18 persone al cui vertice c’era il medico legale Papini, portato in carcere insieme alla moglie Cinzia Allegranti. Agli arresti domiciliari invece sono finiti tre professionisti: il perito informatico Claudio Del Grosso, lo psichiatra Massimo Nencioni e l’operatrice socio sanitaria Serena Cioni. Interdizione dalla professione, invece, per un altro medico legale, un medico ortopedico e tre avvocati.
Il “metodo” Papini – Nelle 191 pagine di ordinanza di custodia cautelare, gli investigatori descrivono la “ramificata organizzazione” ideata dal medico legale Papini – che si occupa di redigere consulenze per quantificare i danni di incidenti dopo aver esaminato la documentazione clinica – operando “con metodi ben collaudati e di sicura efficacia sin dal reclutamento dei vari clienti/pazienti attraverso canali di conoscenza e presentazione diretta da persone ritenute di massima fiducia”. Secondo gli investigatori, infatti, Papini&co. non si sarebbero limitati a gonfiare i danni approfittando “delle singole occasioni che viva via si prospettavano” ma si sarebbero anche adoperati “allo scopo di creare nuove situazioni favorevoli per reiterare i reati e ottenere ulteriori indebiti risarcimenti da parte delle assicurazioni”. Il metodo, secondo i pm, era sempre lo stesso: far apparire “sensibilmente più gravi le lesioni riportate dai propri pazienti” fornendo loro “chiare indicazioni su come simulare”, falsificare “le risultanze degli esami radiodiagnostici”, produrre referti “falsi” acquisiti con la collaborazione di personali medico e infermieristico, avvicinare direttamente “i medici legali fiduciari” delle varie compagnie assicurative e far risultare “false terapie riabilitative e i connessi costi”. Poi, solitamente, Papini avrebbe incassato una parte – a volte anche il 50% – del ricavato.
Gli incidenti “gonfiati” e inventati – Gli inquirenti hanno individuato 35 casi di incidenti che sarebbero stati “gonfiati”, tre dei quali completamente inventati. Uno di questi riguarda un “sinistro” in cui le lesioni non sono mai “patite” e per cui due indagati in realtà sono stati risarciti con ben 9 punti di invalidità anche se, come dice Papini intercettato, “non hanno un cazzo”. In un altro caso, l’incidente sarebbe stato inventato dallo stesso medico legale che lo avrebbe denunciato alla propria compagnia assicurativa dopo aver ritirato la propria Maserati dall’officina. Dai dati del GPS però “erano state rilevate gravi incongruenze”: l’auto sarebbe uscita da un’officina di Livorno ben 45 minuti dopo l’orario dichiarato “per poi sostare 5 minuti nel luogo indicato come quello dove sarebbe avvenuto il sinistro” e rientrare 5 minuti dopo.