Si chiede l'annullamento di una parte della sentenza di secondo grado per la maxi tangente algerina che sarebbe stata versata all’allora ministro dell’energia dell’Algeria Chekib Khelil e al suo entourage in cambio di appalti. Non è stata impugnata l’assoluzione, che ora diventerà definitiva, incassata in primo e in secondo grado da Eni, dal suo ex numero uno Paolo Scaroni e dall’ex responsabile per il Nord Africa Antonio Vella
La Procura Generale di Milano ha impugnato la sentenza di secondo grado per la maxi tangente algerina che sarebbe stata versata all’allora ministro dell’energia dell’Algeria Chekib Khelil e al suo entourage in cambio di appalti, solo per la parte che riguarda le assoluzioni di Saipem, dei suoi ex manager e di altri imputati tra cui l’intermediario Farid Bedjaoui. Non è stata impugnata l’assoluzione, che ora diventerà definitiva, incassata in primo e in secondo grado da Eni, dal suo ex numero uno e ora presidente del Milan Paolo Scaroni e dall’ex responsabile per il Nord Africa Antonio Vella, già prosciolti dal gup nel 2015.
Con il ricorso in Cassazione, depositato lo scorso 12 giugno, si chiede l’annullamento del verdetto con cui la seconda Corte d’Appello lo scorso 15 gennaio aveva assolto, in base all’articolo 530 secondo comma del codice di procedura penale, ossia l’insufficienza o la contraddittorietà delle prove, Pietro Tali e Pietro Varone, rispettivamente ex presidente e amministratore delegato della partecipata di Eni ed ex direttore operativo nel Paese africano, e l’ex direttore finanziario, sempre di Saipem, Alessandro Bernini. I primi due erano stati condannati dal Tribunale a 4 anni e 9 mesi e il terzo a 4 anni e 1 mese.
Il sostituto pg Massimo Gaballo ha chiesto, inoltre, di annullare il verdetto con cui i giudici, presieduti da Giuseppe Ondei, sei mesi fa hanno cancellato non solo la sanzione pecuniaria di 400mila euro disposta per Saipem e i 5 anni e 5 mesi per Farid Bedjaoui, segretario del ministro e ritenuto mediatore della tangente, ma anche i 4 anni e 1 mese inflitti sia al suo uomo di fiducia Samyr Ouraied sia Omar Habour, ritenuto il presunto riciclatore. E’ stato chiesta anche di annullare la revoca delle confische di 197 milioni di dollari, l’equivalente del prezzo del reato, a Saipem e di 165 milioni a Bedjaoui.