Il capo della Farnesina lamenta "la mancanza di collaborazione da parte delle autorità giudiziarie egiziane alle richieste della Procura italiana". E questo, continua, "rappresenta un grave impedimento al raggiungimento della verità"
Nel pieno delle polemiche legate alla vendita di armamenti all’Egitto nell’ambito della maxi-commessa approvata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che in giornata riferirà davanti alla commissione d’inchiesta parlamentare sulla morte di Giulio Regeni, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, scrive al suo omologo al Cairo per chiedere maggiore collaborazione nelle indagini per la ricerca della verità sull’omicidio del ricercatore di Fiumicello. In particolare sul “domicilio legale dei cinque indagati dalla procura di Roma”, richiesta contenuta nella rogatoria inviata nel maggio 2019.
“L’Italia non ha mai smesso – si legge nella missiva – di chiedere all’Egitto, a tutti i livelli, che i responsabili della morte di Giulio Regeni siano assicurati alla giustizia. I rapporti bilaterali tra i nostri Paesi, per tornare ai livelli di grande amicizia che da sempre li caratterizza, non possono infatti prescindere dal fare giustizia su questa tragica vicenda, come ribadito da ultimo lo scorso 7 giugno dal presidente del Consiglio Conte in una conversazione telefonica con il presidente al-Sisi“.
Una posizione, quella del capo della diplomazia italiana, che ricalca le parole del premier e le risposte fornite dal capo della Farnesina durante l’ultimo question time alla Camera sulla maxi-commessa da 9-11 miliardi di euro. In sostanza, alla collaborazione economica deve affiancarsi anche quella giudiziaria nelle indagini sulla morte del ricercatore italiano, il cui corpo è stato ritrovato a febbraio 2016 lungo l’autostrada del deserto che collega la capitale egiziana ad Alessandria.
Di Maio lamenta “la mancanza di collaborazione da parte delle autorità giudiziarie egiziane alle richieste della Procura italiana”. E questo, continua, “rappresenta un grave impedimento al raggiungimento della verità”, auspicando “che una reale cooperazione possa finalmente instaurarsi” a partire dalla teleconferenza che vedrà la partecipazione dei due nuovi procuratori.
Il ministro chiede infine che “un rapido riscontro alla rogatoria inviata già nel maggio 2019, in particolare per quanto riguarda la notifica del domicilio legale dei cinque indagati dalla Procura di Roma, potrebbe rappresentare un significativo passo avanti nel senso fortemente auspicato dall’Italia”.