Per trovare un caso simile bisogna tornare indietro al 1989. Nel pomeriggio tensioni per il blitz fallito del leghista Calderoli per il rinvio. Il provvedimento proroga i termini per le elezioni suppletive, regionali, comunali, prevedendo anche l’election day con il referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari. E il weekend a cui guarda il governo, a cui spetterà l'ultima parola, è quello del 20/21 settembre
Tutto da rifare. Il voto di fiducia del Senato che aveva approvato il decreto Elezioni, in scadenza venerdì 19 luglio, è stato annullato perché a causa della mancanza del numero legale dei presenti in Aula. La nuova votazione si svolgerà domani mattina alle 9.30. Oggi erano presenti in Aula 149 parlamentari, ma l’asticella del numero legale sembra essere quella di 150 presenze. E su questo la presidenza di Palazzo Madama ha fatto le verifiche riscontrando un errore tecnico nel computo dei congedi. Un precedente simile risale ad una seduta del 1989.
L’annuncio della conferma della fiducia era arrivato nel tardo pomeriggio, dopo una giornata a tratti travagliata proprio a Palazzo Madama. Verso l’ora di pranzo infatti, era stato il leghista Roberto Calderoli a tentare il blitz per il rinvio, fallito però grazie a soli tre voti di scarto della maggioranza. Poi verso sera quello che sembrava il via libera definitivo. In ballo c’è l’accorpamento in un unico election day a settembre di amministrative, regionali e referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari. L’Aula del Senato aveva dato il via libera con 145 voti favorevoli e due contrari. Presenti in aula appunto in 149, votanti 147. Lega, FdI e Fi non hanno partecipato al voto. Il decreto, già approvato dalla Camera dopo un lungo ostruzionismo da parte di Fratelli d’Italia, scade nelle prossime ore. Poi toccherà al governo ufficializzare la data: il weekend a cui guarda il governo, a cui spetterà l’ultima parola, è quello del 20/21 settembre. Ma sono tante le perplessità dei presidenti di Regione che chiedono che la scuola non sia interrotta pochi giorni dopo l’avvio, anche alla luce delle difficoltà della pandemia.
Il primo intoppo della giornata era stato appunto in tarda mattinata, con il tentativo di sgambetto di Roberto Calderoli, esperto conoscitore dei regolamenti parlamentari e dei tiri mancini che le maglie normative consentono. Il leghista, data un’occhiata ai colleghi presenti in Aula (circa 200 su 315) ha fatto mettere ai voti la richiesta di non procedere all’esame degli articoli del decreto, mossa che avrebbe impedito al governo di mettere la fiducia facendo di fatto decadere il testo, in scadenza domani. Si è quindi votato per alzata di mano e la presidente Elisabetta Casellati ha giudicato in un primo momento approvata la proposta. A quel punto, la maggioranza ha iniziato a protestare e chiedere la controprova con voto elettronico. Sul tabellone compaiono: 102 i favorevoli e 105 i contrari. A questo punto sono state le opposizioni a manifestare in modo acceso il proprio dissenso, lamentando l’ingresso in Aula per il voto elettronico di altri senatori, assenti – a loro dire – al momento della votazioni per alzata di mano.
La presidente Casellati ha quindi sospeso la seduta per effettuare una verifica dei numeri e delle presenze attraverso l’esame delle registrazioni delle telecamere a circuito chiuso. Alla fine, tolto un voto contrario della senatrice Drago che ammette di aver votato per errore con il tablet, pur essendo rimasta fuori dalla porta della tribuna, il voto viene giudicato regolare: “Gli assistenti parlamentari hanno proceduto immediatamente alla chiusura delle porte, non solo dell’Emiciclo, ma anche di tutte le tribune”, assicura Casellati. Finisce 104 a 102, quindi. Ma le polemiche non sono finite. “C’è un regolamento, c’è una Carta costituzionale. Si rispettino le regole. Se la maggioranza non ha i numeri andrà sotto e forse gli italiani trarranno un sospiro di sollievo”, ha attaccato il capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo. Casellati si è difesa: “Ho fatto esattamente quello che prescrive il regolamento e non mi piace essere tirata da ogni parte”, replica non dimenticando però di puntare il dito contro l’atteggiamento del Governo che ha trasformato il Senato in “un’assemblea invisibile”. “Non mi sembra dignitoso – scandisce – che andiamo avanti a forza di decreti e non voti”.