Uno smentisce, l’altro conferma. Le dichiarazioni in Commissione Antimafia di Nino Di Matteo, secondo cui il Colle nel 2012 ha cercato un contatto con la Procura di Palermo per ‘distendere’ i rapporti durante le indagini sulla Trattativa Stato-mafia, hanno provocato una serie di reazioni. A parlare sono state innanzitutto le persone tirate in ballo da Di Matteo, ovvero l’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro e l’ex procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia. Il primo, secondo la ricostruzione del pm, era colui che il Quirinale aveva scelto per costruire un ponte con gli inquirenti del capoluogo siculo, legame che poi sarebbe stato curato dall’allora presidente dell’Anm Luca Palamara in qualità di mediatore; il secondo era invece il magistrato palermitano a cui si rivolse Ezio Mauro. Quest’ultimo ha smentito categoricamente la ricostruzione dei fatti, raccontando invece che era stato Ingroia a cercare un contatto con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. L’ex procuratore aggiunto del capoluogo siciliano, al contrario, ha confermato in tutto e per tutto le parole di Nino Di Matteo. Parole che vale la pena riportare nuovamente: “Ingroia disse a me e al procuratore Messineo che a Roma aveva incontrato Ezio Mauro, che gli aveva detto che dal Quirinale volevano sapere se c’era la possibilità di un qualche contatto con noi per risolvere questa situazione e che in quel caso il punto di collegamento poteva essere sperimentato dal dottor Palamara“.

Le parole di Ezio Mauro: “Ingroia voleva un canale di comunicazione col Quirinale”
Ezio Mauro ha parlato con l’AdnKronos e ha ricordato quanto avvenuto 8 anni fa. “Ricordo una vista di Ingroia quando ero direttore di Repubblica e un colloquio su varie vicende. Ricordo anche un interesse di Ingroia a trovare un canale di comunicazione con il Quirinale” ha detto Ezio Mauro, smentendo di fatto l’ex procuratore aggiunto di Palermo. Che invece ha confermato quanto detto in audizione dal consigliere del Csm Antonino Di Matteo davanti all’Antimafia: per l’ex pm ci fu un presunto interesse del Quirinale, guidato allora da Giorgio Napolitano, a trovare “una soluzione” sul conflitto di attribuzione tra la Procura di Palermo e il Quirinale nell’ambito del processo sulla trattativa tra Stato e mafia. Mauro, inoltre, ha smentito Ingroia anche sul nome di Palamara: “Nessuno mi ha mai fatto il nome di Palamara, un nome che ho scoperto più tardi leggendo le cronache dei giornali e che al momento non conoscevo“.

Nel 2012, tuttavia, Palamara stava per concludere il suo mandato quadriennale alla guida nell’Associazione nazionale magistrati, che in quel periodo si era contraddistinta per le critiche anche aspre al premier Silvio Berlusconi, stessa posizione allora assunta da Repubblica del direttore Ezio Mauro. Lo stesso Palamara, poi, aveva attaccato in prima persona il leader di Forza Italia, spesso e volentieri durante le frequenti ospitate nei programmi televisivi più in voga del momento. Il tutto senza dimenticare che sempre Palamara è stato tra i pubblici ministeri dell’inchiesta Calciopoli, una delle indagini più note degli ultimi decenni. Ciò nonostante Mauro, per 20 anni direttore di uno dei principali quotidiani italiani, sostiene oggi che nel 2012 non conosceva il nome di Palamara.

Le parole di Ingroia: “Il Colle mi mandò un’ambasciata tramite Ezio Mauro”
Diametralmente opposta, come detto, la ricostruzione fornita da Ingroia: “Anche in questo caso Nino Di Matteo dimostra di avere buona memoria al contrario del ministro Bonafede, ricordando un episodio da me, peraltro, raccontato. Fu per me stupefacente – ha detto – che in pieno scontro col Quirinale per il famoso conflitto di attribuzioni, il Capo dello Stato, presidente Napolitano, mi mandasse un’ambasciata attraverso il direttore di Repubblica Ezio Mauro, con la quale mi chiedeva se si poteva trovare un ‘accordo’ per evitare il conflitto davanti alla Corte Costituzionale”. Per Ingroia (che coordinava l’inchiesta sulla Trattativa Stato-mafia e che insieme ai colleghi interrogò Napolitano) “la cosa ancor più sorprendente per me fu che fra gli ‘ambasciatori’ indicati da Napolitano come suoi ‘portavoce’ per un ipotetico incontro ci fosse proprio il dottor Luca Palamara che – ha spiegato Ingroia – in quanto presidente dell’Associazione nazionale magistrati, avrebbe dovuto essere tutt’al più un ‘portavoce’ della magistratura, e quindi nostro, e non certo della politica, e cioè del Presidente Napolitano. Poi la cosa non ebbe ulteriori sviluppi probabilmente per la mia risposta“. Quale risposta? “Di fronte all’anomalia di tutta la vicenda fu molto chiara la mia posizione espressa al direttore di Repubblica quando gli dissi che noi alla Procura di Palermo rispettavamo sempre le regole, e su questo non poteva esserci alcun margine di ‘trattativa’ – ha raccontato Ingroia – e sarebbe stato bene che il Quirinale rinunciasse alle proprie posizioni insostenibili. Forse proprio per questo nessuno mi fece più proposte del genere“.

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