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di Lorenzo Giannotti

Una volta, se mi avessero chiesto che lavoro avessi voluto fare da grande, avrei risposto il dentista, lo speleologo, il veterinario, il calciatore; per un periodo oniricamente felice ho pensato anche di fare l’allevatore di pangolini, poi per fortuna ho virato su altri obiettivi. Ma stavo sbagliando tutto: non mi ero ancora reso conto che il lavoro più bello del mondo, al giorno d’oggi, è il giornalista di destra.

Per fortuna, la mia giovane età mi consente ancora di invertire la rotta e dedicarmi a una professione francamente divertente, e lavorare divertendosi è un lusso che in pochi si possono permettere. Allora mi ispiro ai più celebri fra gli interpreti del mestiere che sto sognando.

Quanto vorrei fare il giornalista di destra, ed entrare in studio sfrecciando su di un monopattino a là Bart Simpson. Come vorrei giocare con le spade laser mentre svolgo il mio onesto lavoro. Ah, come mi piacerebbe essere pagato per travestirmi da assistente civico e fischiare davanti alla telecamere come un vigile all’ora di punta. Quanto darei per poter crivellare di mazzate delle zucche di Halloween ed essere osannato come una star dal pubblico gaudente.

Dai, chi di noi non vorrebbe essere Mario Giordano? Chi non vorrebbe vivere in un carnevale sempiterno che va avanti tutto l’anno? Ecco, per me è proprio un punto di riferimento, e dovrebbe esserlo per chiunque volesse intraprendere la strada del giornalista di destra.

Un altro interprete illustre di tal categoria è il caro Nicola Porro, che ci delizia con i suoi squisiti programmini televisivi appena un po’ più sobri di quelli del collega Giordano, ma che si distinguono sempre per assenza di domande quando in studio è presente un leader della destra nostrana, quindi sempre: praticamente si esibiscono in monologhi comodamente seduti sulla poltrona davanti all’adulante padrone di casa.

Ma il meglio di sé il rampollo del giornalismo Mediaset lo dà nelle sue quotidiane “zuppe di Porro” (persino più nauseanti di una zuppa di porro vera e propria), dove rivolto alla telecamera del computer e madido di sudore come un maratoneta mostra i canini e inveisce con zelo contro tutto il Governo urlando a casaccio cose di ogni genere (e qui il termine “zuppa” non è mai stato più appropriato), fin quando non trova un Bruno Murzi (ricorderete lo scambio di video-messaggi con il sindaco di Forte dei Marmi) che lo sculaccia (dialetticamente) a dovere e senza pietà.

Comunque, l’azione abituale e più importante per il giornalista di destra è quella di urlare: l’urlo lo erge a detentore della verità, lo valorizza nella propria professione. Possibilmente aggiungendo anche qualche offesa qua e là, come insegna il decano e padre nobile della categoria: Vittorio Feltri. Travestirsi come in un party a tema, strillare incessantemente, offendere tutti quelli mi stanno antipatici (forse non finirei nemmeno in sessant’anni) in diretta tv ed essere pagato con contratto regolare.

Sfido chiunque a trovare un lavoro migliore di questo. Io ho deciso: da grande voglio fare il giornalista di destra e divertirmi come un matto sul posto di lavoro. A voi i vostri sogni.

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