Solo due anni fa, il club del quartiere di 40mila abitanti a ovest di Roma era in mano alla famiglia di Franco Gambacurta, considerato dalla Dda uno dei boss più potenti della mala romana, e veniva utilizzato per coltivare popolarità e riciclare i proventi di droga, racket e usura. Dopo gli arresti, viene affidato all'Ipab Savoia e inizia la rinascita, tra progetti sociali e successi, fino alla vittoria "a tavolino" dell'Eccellenza. Ora la festa nel campo intitolato a Don Pino Puglisi
Un fax dalla Lega Nazionale Dilettanti e una bottiglia di spumante stappata in ufficio. Forse, una storia come quella del Montespaccato avrebbe meritato un finale più “epico”. Magari un gol in contropiede a 10 minuti dalla termine, una parata decisiva durante il recupero, oppure un’invasione di campo a pochi secondi dal fischio finale. Ma di scherzi agli sportivi italiani il Covid ne ha fatti tanti, e questo non è nemmeno il peggiore. Nonostante le modalità, la promozione in Serie D della prima squadra della borgata di Roma ovest non perde di valore. Anzi. Solo due anni fa, la storica società capitolina – attiva dal 1968 – era in mano alla famiglia di Franco Gambacurta, considerato dai magistrati antimafia di Roma come uno dei boss meno celebri ma più potenti della mala romana. Secondo gli inquirenti, il clan utilizzava il Montespaccato Calcio sia per coltivare la propria popolarità nel quartiere, sia (soprattutto) per riciclare i proventi dalle attività malavitose: traffico di droga, racket e usura.
I primi arresti e il soccorso della Regione – Dopo la prima ondata di arresti, nel 2018, con il sequestro della società di calcio e del campo sportivo, ecco l’inversione di rotta. Il Tribunale di Roma contatta l’Osservatorio per la legalità e la sicurezza della Regione Lazio. Le due istituzioni avevano già collaborato in precedenza, trasformando l’associazione sportiva del clan Spada di Ostia nella “palestra della legalità”. Ma la sfida, stavolta, è ancora più complessa. “Dovevamo convertire una squadra di calcio strumento della malavita in un esempio di sport e legalità, senza perdere il carattere agonistico che caratterizza questa disciplina così popolare”, spiega a Ilfattoquotidiano.it il presidente dell’osservatorio regionale, Gianpiero Cioffredi. La Regione Lazio si rivolge così all’Ipab Asilo Savoia. Le Ipab sono degli istituti regionali – aziende, da qualche settimana – che gestiscono il patrimonio immobiliare dell’Ente e ne impiegano i proventi in progetti di beneficenza e a carattere sociale. In questo caso il progetto si chiama “Talento&Tenacia” e consiste nel dare una chance attraverso lo sport a ragazzi che vivono in un contesto socio-economico difficile. “Il Montespaccato aveva una doppia missione – spiega il presidente dell’Asilo Savoia, Massimiliano Monnanni – da una parte ricostruire una squadra fortemente infiltrata da Gambacurta poggiandosi su alcuni nostri atleti che già si allenavano nella palestra della legalità di Ostia. Dall’altra, dare una risposta ad almeno 500 ragazzi delle giovanili rimasti senza calcio in una borgata periferica di 40mila abitanti, un po’ isolata rispetto al tessuto urbano capitolino”.
La diffidenza iniziale – La prima stagione, quella 2018/2019, è complicata. Non tanto dal punto di vista sportivo, quanto da quello organizzativo. Il club era stato spazzato via dall’inchiesta. Basti pensare che l’ex capitano era il nipote di Gambacurta e il direttore generale era il figlio. “Abbiamo chiamato i nostri ragazzi e ne abbiamo selezionati altri – racconta Monnanni – attraverso criteri che rappresentavano un mix fra merito e disagio. Abbiamo affiancato progetti di volontariato di gruppo e abbattuto le rette per il settore giovanile del 25%”. Ma nel quartiere c’è tanta diffidenza, dettata dalla “campagna denigratoria” che i seguaci del clan, alcuni ancora a piede libero nel periodo a cavallo delle due ondate di arresti, muovono verso la nuova gestione. Che non si lascia intimorire. Il campo viene intitolato a Don Pino Puglisi e si avviano tutta una serie di progetti paralleli per l’inclusione sociale, il superamento degli stereotipi di genere, con la società e i giocatori che si schierano apertamente contro la criminalità.
La favola di Aimone – “Dicevano che non eravamo il vero Montespaccato, che eravamo dei truffatori, intimavano alle persone di non andare al campo – ricorda il patron dell’Asilo Savoia – Avevamo anche un gruppo di ‘ultras’, dei ragazzini di 15-16 anni che ora ci segue sempre ma che per diversi mesi non si sono avvicinati”. La gestione sportiva però è valida e funziona sin da subito, con la prima squadra che si attesta nelle posizioni di vertice del campionato di Eccellenza. Anche grazie ai gol di Aimone Calì, un bomber di 22 anni che a fine stagione compirà un salto inedito per un ragazzo della sua età: in estate verrà acquistato dall’Atalanta che poi lo girerà al Catanzaro. “Ovviamente con i nerazzurri non ha mai esordito – spiega Monnanni – ma ora è rientrato dal prestito e so che in questo momento si sta allenando con Gasperini. Speriamo abbia la sua occasione, se lo meriterebbe”. Un salto in “età avanzata” ancora più radicale di quello di un altro “romano”, Davide Moscardelli, promosso fra il 2002 e il 2003 dal Guidonia in Eccellenza laziale alla Triestina in Serie B, previo un anno di “purgatorio” in C2 con la Sangiovannese, per poi affermarsi in A con il Chievo.
La “liberazione” – A luglio 2019 arriva la seconda ondata di arresti: il clan Gambacurta “non esiste più”. Una liberazione per la borgata. E forse anche per il club. Calì viene sostituito al centro dell’attacco da Diego Gambale, che si dimostra all’altezza della situazione. In prima squadra vengono aggregati alcuni ragazzi di Montespaccato, arrivati dalla Juniores. E il “Savoia” comincia a vincere. “Abbiamo creato prima di tutto il gruppo, le prestazioni dei singoli sono una conseguenza”, racconta il capitano Bruno Sismondi, 28 anni, urugaiano, ora studente di ingegneria che all’ex Ipab ha trovato anche un lavoro. Il campo inizia a popolarsi, ai big-match assistono anche 1000 persone. Come quello contro la Tivoli 1919, vinto 1-0 proprio grazie a un gol di bomber Gambale. Alla fine del match gli ultras tiburtini lasceranno una scritta antisemita sul muro di cinta dello stadio, rivolta al presidente Monnanni: “Vile ebreo!”, con tanto di croce celtica. “È stato grave, gravissimo, ma non c’entra la criminalità. Hanno solo ‘rosicato’ per la sconfitta”, minimizza il patron.
La gioia a “tavolino” – Quando a marzo 2020 il Covid ferma lo sport italiano, il Montespaccato ha 3 punti di vantaggio sul Real Monterotondo Scalo e 6 sulla Tivoli, avversari contro cui ha vinto tutti gli scontri diretti giocati fino a quel momento. Di pochi giorni fa la notizia della promozione “a tavolino” in Serie D. Termine che però non piace a capitan Sismondi: “Ce la siamo meritata questa vittoria, anche se la tragedia che abbiamo vissuto negli ultimi mesi ci lascia con l’amaro in bocca”. Per il prossimo anno il club non fa proclami. “La Serie D è una categoria importante e il Montespaccato non ci andava da 40 anni – spiega Monnanni – Abbiamo tanti ragazzi forti anche in Juniores Regionale (altro campionato vinto, ndr), alcuni dei quali sono pronti a fare il salto. Vogliamo rafforzare l’identità con il quartiere, che è come una cittadina. Dobbiamo trovare qualche sponsor, necessario anche per portare avanti le iniziative extracalcistiche che per noi sono prioritarie”. Al momento, conclude, “assegniamo ai calciatori una borsa da massimo 5mila euro l’anno. Per ora ci godiamo il momento. E sabato 20 giugno sarà festa grande al Don Pino Puglisi”. Ospiti d’onore: Nicola Zingaretti e don Luigi Ciotti.