Dopo il fallimento dell'offensiva su Tripoli lanciata ormai un anno fa dal generale Khalifa Haftar, il Governo di Accordo Nazionale presieduto da Fayez al-Sarraj ha iniziato la riconquista dei territori fino ad arrivare alle porte di Sirte. La conquista della città aprirebbe all'esecutivo di Tripoli le porte della 'Mezzaluna petrolifera'
“Una minaccia grave” alla sicurezza della Libia, “una linea rossa da non superare, una dichiarazione di guerra“. Tripoli reagisce, ma non frena la sua avanzata dopo le dichiarazioni di sabato sera con cui il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, ha annunciato che il suo esercito è pronto a condurre missioni all’interno o anche all’esterno dei propri confini, riferendosi proprio alla Libia, per proteggere i propri interessi nazionali. Ipotesi, questa, che rischierebbe di trasformare quello libico da conflitto interno, anche se già caratterizzato dall’ingerenza esterna di numerosi attori internazionali, Russia, Egitto, Emirati Arabi e Turchia su tutti, in un campo di battaglia in cui si affrontano potenze mondiali.
Al-Sisi: “Jufra e Sirte la nostra linea rossa”
Dopo il fallimento dell’offensiva su Tripoli lanciata ormai un anno fa dal generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica sostenuto da Russia, Egitto ed Emirati Arabi, il Governo di Accordo Nazionale tripolino presieduto da Fayez al-Sarraj, sostenuto dall’Onu e dall’Italia, con l’apporto sul campo delle forze turche, ha iniziato la riconquista dei territori persi sotto le bombe dell’autoproclamato Esercito nazionale Libico (Lna) fedele ad Haftar: prima si è ripreso gran parte dei territori intorno alla capitale, dove è rimasto assediato per mesi, e poi ha cominciato la propria avanzata, rifiutando qualsiasi proposta di cessate il fuoco lanciata dai nemici in difficoltà, fino ad arrivare alle porte di Sirte.
Città, questa, dal grande valore simbolico, ma non solo. Oltre a dare i natali all’ex Rais Muammar Gheddafi ed essere stata il fronte simbolo della lotta allo Stato Islamico nel Paese, è soprattutto la porta d’accesso alla cosiddetta “Mezzaluna petrolifera” della Cirenaica. Ed è per questo che il presidente egiziano la indica come la linea rossa che Tripoli non deve superare. Ma gli uomini fedeli ad al-Sarraj da settimane promettono che la riconquista andrà avanti fino all’estremo est del Paese.
È questo il motivo che sta dietro alle parole pronunciate dal generale egiziano nel corso di una visita a una base aerea, vicino al confine con la Libia: “Siate pronti a condurre qualsiasi missione, qui, all’interno dei nostri confini, o, se necessario, all’esterno”, ha detto citato dai media nazionali. Poi il presidente ha rivendicato che l’esercito egiziano “è uno dei più forti nella regione, è un esercito razionale, un esercito che protegge e non minaccia. Questa è la nostra strategia, la nostra convinzione e i nostri principi, che non cambieranno mai”.
E ha poi definito legittimo un eventuale intervento delle truppe del Cairo in caso di ulteriore avanzata degli uomini di al-Sarraj: “Ogni intervento diretto da parte dell’Egitto in Libia è diventato legittimo in linea con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu – ha sostenuto – e sulla base della richiesta dell’autorità legittima in Libia”, che per il Cairo è Khalifa Haftar. L’intervento, ha poi aggiunto, “sarebbe guidato dalle tribù libiche” e ha sottolineato che “l’unica nostra aspirazione è la stabilità” del Paese vicino. L’Egitto, ha assicurato, non ha ambizioni in Libia, “non siamo invasori, vogliamo solo una Libia stabile, sicura e sviluppata”.
E dopo l’offensiva è tornato a chiedere un cessate il fuoco che dia il via a un nuovo processo di pace tra le parti. Criticando poi il ruolo svolto dalla Turchia al fianco di al-Sarraj: “Queste parti esterne – ha denunciato – lavorano per violare la sovranità dei Paesi arabi, non vogliono la stabilità nella regione e aiutano i movimenti terroristici”.
Tripoli: “Una minaccia alla sicurezza nazionale”
Un intervento diretto dell’Egitto, hanno risposto da Tripoli, minaccerebbe “gravememente” la sicurezza in Libia. “Le dichiarazioni del presidente egiziano al-Sisi, secondo il quale Sirte e Jufra rappresentano una linea rossa da non superare, sono un intervento flagrante negli affari interni libici e io la considero come una chiara dichiarazione di guerra contro la Libia”, ha detto il portavoce militare, generale di brigata Abdel Hady Drah, citato da Libya Al Ahrar. “Le forze armate – ha poi aggiunto – sono determinate a proseguire nel loro cammino e a liberare l’intera regione dalle milizie terroristiche di al-Karama, dai loro mercenari e sostenitori”.
Anche il Parlamento di Tobruk, in una nota, “condanna e denuncia nei termini più forti le dichiarazioni del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi che ha minacciato di intervenire militarmente in Libia, comportamento considerato una minaccia diretta all’uso della forza e una esplicita confessione dell’intenzione di attaccare la sicurezza e la sovranità della Libia. Il discorso del presidente egiziano, che pochi giorni fa si è presentato come mediatore di pace, è pieno di affermazioni false“.
Il ministro degli esteri egiziano frena: “Intervento è ultima opzione”
Dopo le dure reazioni da parte del Gna e dei suoi sostenitori, il ministro degli Esteri del Cairo, Sameh Shoukry, precisa che un eventuale intervento militare dell’Egitto in Libia sarebbe “l’ultima opzione per preservare la sua sicurezza”. In un’intervista alla tv al-Arabiya, Shoukry ha affermato che l’Egitto si sta coordinando con gli attori regionali e internazionali: “Noi respingiamo il tentativo della Turchia di espandersi in Libia”, ha affermato.