Chiunque impedisce l’uso pubblico del mare e della spiaggia commette il reato di cui all’art. 1161 del Codice della navigazione e rischia una condanna all’arresto fino a sei mesi o all’ammenda fino a 516 euro.
Lo ha ribadito in questi giorni la Cassazione (sez. 3, n. 13925 del 7 maggio 2020) avallando il sequestro di un cancello che “precludeva in modo assoluto” ai cittadini l’accesso al mare e alla spiaggia della riserva naturale “Stornara” e alla “Torre Mattoni” nel comune di Ginosa (Taranto). Il cancello era stato installato, insieme ad una recinzione, dal proprietario dell’area limitrofa il quale, in tal modo, occupava “abusivamente un’area del demanio marittimo estesa su 14mila metri quadrati circa”, impedendone la “pubblica fruizione e quella dei Carabinieri forestali, corpo preposto alla tutela e alla gestione dell’area, trattandosi di fondo intercluso all’interno di proprietà e, pertanto, non raggiungibile altrimenti”.
E poi si difendeva, in giudizio, negando che nella sua proprietà passasse una strada pubblica utilizzata da sempre dalla popolazione per accedere al mare. Argomentazione che non veniva accolta dalla Suprema Corte in quanto dagli atti risultava con certezza “l’esistenza del percorso fino al mare da tempo risalente, superiore comunque a quello previsto dalla legge per l’usucapione, ritenuta indicativa di un uso continuato da parte della collettività, in assenza del quale il tracciato sarebbe stato inglobato dalla vegetazione circostante”.
Evidenziando altresì la particolare vocazione della zona alla balneazione e al turismo essendo caratterizzata da un litorale sabbioso, peraltro parte integrante di una riserva naturale “così da determinare l’utilizzazione della via di accesso da parte del personale del Corpo Forestale e ora dei Carabinieri per l’espletamento delle attività di sorveglianza e vigilanza dell’area, nonché per la manutenzione e cura del bosco”; tanto più grave per “l’assenza di altre vie di accesso limitrofe alla porzione di demanio marittimo confinante con la proprietà del ricorrente e al mare, essendo quella più vicina distante circa 2 chilometri”.
Con questa sentenza, quindi, la Cassazione ha confermato che il mare e la spiaggia sono di tutti e non possono essere privatizzati né direttamente né indirettamente precludendo un accesso al mare da sempre utilizzato dai cittadini di quella zona.
Princìpi che è bene ricordare all’inizio di questa stagione balneare dove si sta giustamente operando per evitare agli operatori balneari danni eccessivi, causati dalle limitazioni imposte dalla pandemia. Ma che tuttavia non possono mai permettere che a pagarne le conseguenze siano i cittadini e il loro sacrosanto diritto di fruire liberamente di beni pubblici e collettivi, quali il mare e le spiagge.