“Mi sono sentita molto sola e ho ricevuto un genere di atteggiamenti e pressioni che non mi è mai più capitato”. È un vero atto di accusa, in primis nei confronti dei propri colleghi magistrati, quello del sostituto procuratore di Firenze Ornella Galeotti, pm del processo sul caso del Forteto, la comunità di Vicchio del Mugello il cui fondatore Rodolfo Fiesoli è stato condannato in Cassazione a novembre a 14 anni e 10 mesi per abusi sessuali e maltrattamenti, anche su minori.
Ascoltata dalla Commissione d’inchiesta parlamentare, la pm Galeotti ha ricostruito gli anni dell’inchiesta riaperta nel 2011, dopo le condanne definitive a due anni a Fiesoli e all’altro fondatore Goffredi che risaliva al 1985 per maltrattamenti nei confronti di una sola ragazza. Il “profeta” Fiesoli era stato arrestato nel 2011 per violenze sessuali e maltrattamenti dopo sette denunce e la testimonianza di una ventina di persone che erano cresciute nella comunità di Vicchio. Nel processo istruito dal Tribunale di Firenze, il guru e fondatore del Forteto era stato condannato a 17 anni e mezzo, insieme ad altre 15 persone tra cui Goffredi e altri fedelissimi di Fiesoli, mentre in appello il fondatore era stato condannato a 15 anni e 10 mesi e le accuse nei confronti di Goffredi e altri imputati erano finite in prescrizione. A novembre, poi, dopo un ricalcolo della pena, la condanna nei confronti di Fiesoli è diventata definitiva a 14 anni e 10 mesi: il fondatore sta scontando la pena in carcere.
Nonostante questo, durante l’audizione a Palazzo San Macuto, la pm Galeotti ha spiegato che, oltre alle 14 persone che si erano costituite parte civile, “c’è un enorme numero di persone che non ha fatto denuncia o non ha voluto farlo perché era già tutto prescritto”. Quando inizia il processo, siamo a ottobre 2013, infatti, la vecchia legge sulla prescrizione non era ancora entrata in vigore: “Per molte condotte gravissime non si è potuto procedere – ha continuato Galeotti – così come moltissime condotte di abuso di ufficio condotte da pubblico ufficiale risultavano già prescritte”. Poi ha anche rivelato di aver passato l’estate 2012 – quando aveva preso in mano le indagini – a “piangere” leggendo “gli atti e le carte” che riguardavano “bambini mandati al Forteto”.
“Il clima di omertà sul Forteto” – Il sostituto procuratore ha anche parlato di un clima e di atteggiamenti di “omertà diffusa e collettiva, multiforme”: “La domanda è perché nessuno ha denunciato prima – ha continuato il sostituto procuratore – Nessuno delle istituzioni, nessuno dell’area sanitaria, ma neanche nessuno di coloro che erano usciti dal Forteto” ha spiegato. A proposito delle “pressioni ricevute” la pm ha deciso di non rivelare da chi siano arrivate: “Le pressioni non sono arrivate dalla politica – ha risposta alla domanda posta dal deputato e segretario di Forza Italia in Toscana, Stefano Mugnai – ma non mi sembra né utile né significativo dirlo qui a voi. Possiamo dire che erano modalità molto scivolose, un po’ lumacone, per arrivare a stipulare degli accordi con il collegio di difesa di Fiesoli. La Procura ovviamente non ha ceduto ed è tutto proseguito senza conseguenze”. In ogni caso, ha proseguito il sostituto procuratore fiorentino, “se fossero nomi significativi ve li direi, altrimenti si rischia di parlare di pettegolezzi”.
“Sono stata lasciata sola da molti colleghi” – Che però l’inchiesta e il processo non siano avvenuti in un clima favorevole lo ha confermato a più riprese: “Io ero considerata il soggetto deviante nell’ambiente fiorentino – ha detto Galeotti in Commissione d’inchiesta – Ho visto cose a questo processo che non ho visto neanche in Calabria”. Prima di accusare alcuni magistrati: “Molti colleghi con cui avevo relazioni cordiali mi hanno tolto il saluto – ha continuato – a Firenze è stata molto dura. Dal 2014 ho avuto l’appoggio del Procuratore Capo di Firenze (Giuseppe Creazzo, ndr) che ha dato segni di presenza nel processo e ci sono stati dei colleghi, pochi, che mi hanno sostenuto sul piano personale” ma “complessivamente c’era la sensazione, e mi è stato anche detto, che era tutta una sciocchezza”. Una delusione che si è ripetuta anche dopo le sentenze di condanna: “Nessuno si è mai domandato se avesse fatto un errore” ha concluso Galeotti.
“Il Forteto era protetto” – Nel merito delle indagini, la pm Galeotti ha raccontato un episodio emblematico per far capire di quali protezioni godesse la comunità del Forteto: “Ho un documento che testimonia come a un certo punto, per ragioni ignote, nel Cda della cooperativa agricola ‘il Forteto’ entra Giovanni Malpica, cioè il fratello del più noto Malpica direttore del Sisde, che in quel momento era sotto processo a Roma per la storia dei fondi neri del Sisde – ha aggiunto Galeotti rispondendo a una domanda del deputato Giovanni Donzelli (FdI) – Quella cosa mi ha molto suggestionato”. A quel punto, avviene una circostanza strana: “Proprio in questa fase abbiamo fatto una valutazione, con la polizia giudiziaria, sulla possibilità di svolgere intercettazioni telefoniche e ambientali – ha aggiunto Galeotti – e abbiamo scoperto che il Forteto aveva un livello di sicurezza delle intercettazioni altissimo. Avevamo pensato a un ‘trojan’ ante litteram ma non c’era proprio modo di intercettare. Allora scelsi di non intercettare le utenze ufficiali perché erano così armati, sicuri nella protezione del Forteto e prudenti che non c’era alcuna possibilità”. Poi ha concluso: “Quando abbiamo fatto una perquisizione non abbiamo trovato nulla, pur avendo informazioni confidenziali che ci avevano detto che i computer utilizzati stavano in un luogo preciso”.