Nel giorno di un nuovo sit-in in piazza Sant'Apollinare, ultimo luogo dove la sorella fu vista il 22 giugno 1983, Pietro Orlandi chiede a Papa Benedetto, vicinissimo a Giovanni Paolo II, di parlare. "Ora che a 93 anni si avvicina al Padre, se sa qualcosa, abbia un rigurgito di coscienza e lo dica"
Non c’è pace per Emanuela Orlandi. A 37 anni dalla sua misteriosa scomparsa il fratello Pietro ha rivolto un nuovo appello alla Santa Sede perché faccia finalmente luce su questa triste vicenda. Ma questa volta Orlandi ha indirizzato la sua richiesta a Benedetto XVI, appena rientrato in Vaticano dopo il viaggio lampo nella sua Baviera dove ha salutato, forse per l’ultima volta, il fratello maggiore gravemente malato e ha rivisto i luoghi della sua vita. “Il mio appello a fare giustizia e a darci verità – ha affermato Pietro Orlandi – lo rivolgo non a Francesco, Papa che so essere chiuso nei confronti della vicenda di Emanuela, ma a Ratzinger, che ancora indossa la veste bianca, è ancora Papa Benedetto ed era vicinissimo a Giovanni Paolo II. Ora che a 93 anni si avvicina al Padre, se sa qualcosa, abbia un rigurgito di coscienza e lo dica, non si porti segreti nella tomba come Wojtyla”. Eppure Francesco aveva incontrato sia Pietro Orlandi che la mamma al termine della messa che celebrò nella parrocchia di Sant’Anna in Vaticano nella sua prima domenica da Papa, il 17 marzo 2013, appena quattro giorni dopo la sua elezione.
“Io mi auguro – ha aggiunto il fratello di Emanuela – che Ratzinger abbia una vita lunga, gli faccio ogni augurio. Negli anni del pontificato Benedetto è stato sempre molto tiepido con noi, ma ora qualcosa potrebbe cambiare. Io gli chiedo di dire quello che sa. Mi piacerebbe avere un contatto con lui, mi piacerebbe incontrarlo. So che è ancora più difficile che incontrare Papa Francesco, ma almeno, ripeto, se sa qualcosa che lo dica”. Orlandi ha anche promosso per oggi un sit-in in piazza Sant’Apollinare, nell’ultimo luogo di Roma dove Emanuela è stata vista il 22 giugno 1983.
L’appello del fratello della 15enne scomparsa arriva poche settimane dopo la decisione dei giudici d’Oltretevere di archiviare il procedimento relativo alla presunta sepoltura in Vaticano dei resti di Emanuela. Tutto era iniziato nel luglio 2019 con la richiesta della famiglia Orlandi, subito accettata dalla Santa Sede, di aprire due tombe all’interno del Cimitero Teutonico dove si ipotizzava fossero stati nascosti i resti della ragazza. Ma al momento dell’apertura le tombe furono trovate completamente vuote. Non solo non c’erano i resti di Emanuela, ma nemmeno quelli delle due principesse che, stando alle lapidi, erano state sepolte lì dentro. Il Vaticano decise allora di aprire anche gli ossari rinvenuti poco distanti dalle due tombe contenenti migliaia di reperti. Ma per il perito nominato dalla Santa Sede quelle “ossa non risalgono a epoca successiva alla fine del 1800”.
Una posizione che non ha trovato d’accordo la famiglia Orlandi che avanzò subito la richiesta di effettuare ulteriori accertamenti di laboratorio su circa settanta reperti ossei. In un primo momento il perito vaticano non avallò questa richiesta “perché le medesime strutture ossee hanno caratteri di datazione molto antichi”. Dopo l’archiviazione dell’indagine, però, le autorità d’Oltretevere hanno dato alla famiglia di Emanuela la possibilità di procedere privatamente a eventuali ulteriori accertamenti proprio su questi frammenti. Per la Santa Sede “le verifiche su tali reperti, effettuate dal professor Giovanni Arcudi, perito di ufficio, alla presenza dei consulenti della famiglia Orlandi, hanno portato a concludere che i frammenti rinvenuti sono databili ad epoca anteriore alla scomparsa della povera Emanuela. I più recenti risalgono ad almeno cento anni fa. Di qui la richiesta di archiviazione che chiude uno dei capitoli della triste vicenda, nella quale le autorità vaticane hanno offerto, sin dall’inizio, la più ampia collaborazione”. Ma è evidente che il caso non è ancora chiuso.
Twitter: @FrancescoGrana